Il partito di Giorgia Meloni, primo gruppo nelle urne con il 26% di preferenze, ha saputo pescare dai vari schieramenti, avversi come alleati, ma sopra tutti dalla Lega di Salvini, il partito percentualmente più prosciugato dalla destra di Fratelli d’Italia.
A rivelare questi sommovimenti alle votazioni è l’Istituto Cattaneo di Bologna, il quale confronta il risultato di domenica con le preferenze del 2018 (elezioni nazionali) e del 2019 (elezioni europee); altresì, per comprendere il voto nelle grandi città sono state considerati i risultati di Torino, Genova, Brescia, Padova, Bologna, Salerno, Napoli, Catanzaro e Catania.
Guardati dal nemico, ma dall’amico guardati cento volte: chissà se questo noto aforisma sia risuonato nella testa di Matteo Salvini dopo aver letto risultati e flussi elettorali delle elezioni politiche del 25 settembre.
Le urne hanno annunciato un previsto ampio successo di Giorgia Meloni (26%), ma al contempo un non parimenti scontato tracollo della Lega di Matteo Salvini, poco al di sotto del 9% nazionale.
L’analisi del deludente risultato del Carroccio mostra come un buon numero di voti verso il Capitano si sia direzionato altrove: innanzitutto quasi la metà dell’ex elettorato leghista in uscita è andato a rimpolpare la tracimante vittoria meloniana, eppure anche l’astensionismo e Forza Italia, in special modo nel Sud, hanno beneficiato di tale tendenza.
Più modesto, seppur presente, l’afflusso di preferenze verso Azione di Carlo Calenda (soprattutto nei grandi centri produttivi del Nord) e verso il Partito Democratico.
I flussi elettorali hanno registrato un andamento diverso delle preferenze di voto tra il 2018 ed il 2019. Nel primo anno della scorsa legislatura si è assistito ad un importante travaso di voti da sinistra (in particolare dall’M5S che all’epoca però era un partito dal posizionamento più fluido rispetto l’attuale progressismo socialista) verso destra, a vantaggio innanzitutto della Lega.
Dopo le europee, con il 34% del Carroccio, e la fine del governo giallo-verde tra Salvini e Di Maio, dal 2019 si è così assistito ad un progressivo nuovo movimento di voti, stavolta non più tra gli schieramenti, bensì all’interno degli stessi.
È proprio da tale data che comincia il lento banchetto di voti che spolpa il progetto di Lega nazionale di Salvini ad opera soprattutto di FdI di Meloni. Il Capitano perde le storiche roccaforti del Nord, dove resiste in alcune sacche di radicamento profondo territorialmente, ma complessivamente viene espropriato del ruolo di partito delle regioni del Nord, elettoralmente ora appannaggio della Meloni.
È proprio quest’ultimo dato a preoccupare a via Bellerio: non solo il fallimento del progetto nazionale, anche la storica rappresentanza nel Nord Italia sembra ora a rischio.
L’agitazione nel Carroccio sale e alcuni prospettano il rinnovo del segretario: Salvini dovrebbe forse rammentare il proverbio suddetto, ma stavolta l’amico da cui guadarsi potrebbe essere il compagno di partito pronto a sostituirlo.
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