Nicola Fratoianni è, volente o nolente, uno degli altri personaggi finiti sotto accusa per l’inchiesta giudiziaria che ha travolto la moglie e la suocera del deputato Aboubakar Soumahoro. Chi per pure ragioni di legalità, politica o di semplice convenienza, quindi anche queste di politica. Oggi, il segretario di Sinistra Italiana, a Mezz’ora in più è tornato a parlare delle sue scelte di candidare proprio l’ex sindacalista dei braccianti nella sua lista per le elezioni del 25 settembre.
Proprio ieri, infatti, a lui era pervenuta una lettera in cui si raccontava di come l’alleato di Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, co portavoce di Europa Verde, sapesse tutto e avesse comunque deciso di ignorare i segnali d’allarme che gli avevano lanciato dal suo partito. A Lucia Annunziata, Fratoianni ha ribadito che lui non sapeva che c’era un “business Soumahoro“. Quindi sì, quel caso scoppiato, ora, è una questione di partito, più che sul deputato autosospeso. Sulla vicenda del deputato ha parlato anche il suo alleato, sempre a Raitre.
Fratoianni: “E chi lo sapeva che c’era un business Soumahoro?”
Nicola Fratoianni è a un passo da essere con le spalle al muro. Il segretario di Sinistra Italiana, alleato di Europa Verde sia prima delle elezioni, sia in Parlamento, stessa alleanza, tra l’altro, che si è divisa i posti sicuri con il Partito democratico il 25 settembre, c’è finito dentro con tutte le scarpe, le sue non sporche di fango – letteralmente, si intende -, nel caso che ha investito la moglie e la suocera di Aboubakar Soumahoro e poi lo stesso deputato, eletto proprio nelle liste di Angelo Bonelli, Eleonora Evi e lo stesso Fratoianni.
Sapeva, ha detto qualcuno del suo partito in una lunga lettera, che qualcosa di marcio intorno alla figura dell’ex sindacalista dei braccianti sarebbe venuta a galla. Il segretario, però, non sapeva dell’indagine in cui era coinvolte Maria Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete, sapeva piuttosto che in Puglia, vicino San Severo, qualche voce di dissenso per l’operato di Soumahoro c’era. Insomma, era a conoscenza che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con la sua scelta di appoggiarlo.
In un’intervista con Giovanna Vitale aveva già spiegato che sì, in campagna elettorale Elena Fattori, ex MoVimento 5 stelle ora passate tra le fila dei rossoverdi, gli aveva parlato di “un’ispezione in una coop di Latina in cui erano state riscontrate situazioni non positive. Mi disse che circolavano strane voci e io le chiesi se ci fossero elementi di certezza, che non arrivarono“. Quello di cui non era a conoscenza era il giro che ci fosse dietro, e quindi lo sfruttamento o il lavoro nero. Non interessando, in prima persona Soumahoro, poi, si era deciso di andare avanti. Anche perché le tematiche che lui portava avanti erano le stesse dei due partiti, per cui no, non si pentito di averlo candidato, ha detto, per loro “sono essenziali per una forza come la nostra“, quei temi.
Intervistato da Lucia Annunziata, ospite di Mezz’ora in più su Raitre, ha spiegato che il caso del deputato non è frode “ma sicuramente un corto circuito, questo sì, tra chi interpreta una battaglia e comportamenti e scelte che gettano ombre e questo pone un problema, che quelle lotte vengano messe in difficoltà“, ha detto.
Quanto al business che avrebbe messo in scena il deputato, invece, ha risposto così alla giornalista: “Ma chi lo sapeva? Ma io che ne sapevo?”. E la risposta a queste due domande se l’è dato da solo: “Se io ho una segnalazione, allora questo mette in discussione la candidatura di una persona che ha fatto grandi battaglie e che rafforzava il terreno del lavoro“, perché sui temi, ancora, dal suo partito hanno “sempre lavorato con rigore, coerenza e spesso in solitudine“. Loro, ha aggiunto, sono piccoli, ma dignitosi.
Un mea culpa, è vero, ma anche una scelta di cui non si pente. “Spero che l’evoluzione di questa vicenda porti a una soluzione e mi preoccuperò di tutelare chi su questo fronte continua a lavorare“, ha concluso Fratoianni.
Il segretario di Sinistra Italiana ha poi parlato su Twitter della vicenda di Report l’inchiesta sul colloquio tra Matteo Renzi e un dirigente dei Servizi Marco Mancini. “Trovo sconcertante e grave quello che sta accadendo alla redazione. Forse è davvero ora che si tuteli la libertà di stampa da parte di tutti i soggetti istituzionali, nessuno escluso“, ha scritto.
Bonelli: “Nessuno era a conoscenza dei fatti su Soumahoro prima della candidatura”
Tornando alla vicenda Soumahoro, in studio con Fratoianni c’era anche il suo alleato Bonelli. Il deputato, ha ricordato, “non è coinvolto in nessuna inchiesta, ma c’è una questione politica e noi dobbiamo essere rigorosi“. Un rigore, ha continuato, che sarebbe fallito “se fossimo stati a conoscenza dei fatti prima della presentazione della candidatura, ma non è così, e non ne erano a conoscenza tanti, prefetti, sindaci e presidenti del Consiglio“, ha ribadito il co portavoce di Europa Verde.
Quando è stata fatta la scelta di inserirlo nelle liste, lo hanno fatto “perché in quanto attivista pensavamo di fare un’operazione di apertura e dimostrare che i partiti non sono una cosa chiusa“, “se qualcuno aveva cose da dire così gravi, non lo ha fatto in 10 giorni. Nessuno ha posto la questione“. Insomma, ha concluso Bonelli, “chi sapeva doveva dirlo allora, non ex post“.
Parole che, tra l’altro, ricalcano in tutto e per tutto quello che aveva già detto nella sua intervista al Manifesto con Giansandro Merli uscita oggi. La candidatura di Soumahoro non è stata decisa da Europa Verde al congresso europeo di Riga del 3 giugno scorso, “assolutamente no. Non corrisponde al vero“.
Per lui, “avevamo avuto sentore solo di un conflitto tra sigle sindacali. Ma queste cose fanno parte della politica. Aboubakar è una persona molto impegnata e sta anche in luoghi di conflitto“, ha detto per giustificare la scelta di cui neanche lui si è detto pentito.
Quanto all’autosospensione dell’ex sindacalista dei braccianti, che secondo alcune ricostruzione di alcuni giornali pare sia stata causata dalle pressioni dell’alleanza, anzi che si tratti più che altro come uno scaricamento da parte sua e di Fratoianni, ha spiegato che nella riunione si sono confrontati con lui, dicendogli che deve chiarire tutto. “Sarebbe stato opportuno farci sapere prima che la sua famiglia ha un’area di influenza dal punto di vista lavorativo nell’ambito in cui lui fa politica. Ma non c’è uno scaricare Aboubakar, c’è la volontà di fare chiarezza“, e lo si deve fare soprattutto per rispettare chi lavora quotidianamente per la sensibilizzazione di quei temi, e per chi sporca le mani tra i braccianti, e con i migranti.
Per il reintegro, invece, non si sta pensando ad aspettare i tempi della giustizia, ma solo che Soumahoro faccia chiarezza su quello che ha fatto vicino a Foggia, ma anche come è che non ha mai saputo nulla di quello che succedesse nelle coop della suocera e della moglie.