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Frida Sofia, la bambina intrappolata sotto le macerie del terremoto in Messico non esiste

Frida Sofia, la bambina sotto le macerie della scuola Enrique Rébsamen a Città del Messico crollata dopo il terremoto del 20 settembre, non esiste. È l’amara verità che ha scioccato un Paese già piegato dal sisma, che deve piangere 273 morti e fare i conti con la distruzione di una seconda scossa di magnitudo 5.1, registrata venerdì 22 settembre a San José del Cabo, in Baja California. Le fasi del salvataggio della piccola hanno tenuto incollati i messicani alle tv e ai social: intrappolata sotto le macerie, sarebbe stata trovata viva dai soccorritori, diventando il simbolo della speranza e della rinascita per l’intera nazione.

La rabbia in Messico si è fatta sentire sui social e per le strade, con tantissime persone che hanno espresso il loro scontento per quella che ritengono essere una presa in giro. Gli uomini della Marina, impegnati nei soccorsi alla scuola simbolo del terremoto, avevano detto di averla trovata viva, di averle parlato e di averle dato dell’acqua: visto l’alto numero di vittime tra gli studenti della scuola, la notizia di una bimba ancora viva sotto le macerie aveva riacceso le speranze.

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Invece, Frida Sofia semplicemente non esiste. I sospetti erano iniziati a circolare già nella giornata di giovedì dopo l’annuncio del ministro dell’Istruzione Aurelio Nuño che esortava i genitori della bambina a contattare le autorità, specificando che il nome poteva essere diverso, visto che non esisteva alcuna Frida Sofia nei registri della scuola.

La conferma è arrivata al termine di due giorni ininterrotti di scavi tra le macerie, quando Ángel Enrique Sarmiento, sottosegretario della Marina, ha dichiarato che Frida Sofia non esiste e che le informazioni divulgate alla stampa erano false. “Vogliamo puntualizzare che non abbiamo mai avuto notizia dell’esistenza della bambina e che ne siamo sicuri, anche perché è stato confermato in accordo con il ministero della Pubblica istruzione e la scuola”, ha dichiarato alla stampa.

In tutto il paese si sono registrate molte reazioni negative, a partire dagli stessi media che hanno seguito in diretta ogni fase dei presunti soccorsi. “Il governo federale ci ha sempre detto che c’era una bambina e che erano in procinto di estrarla viva. Ora cambiano versione. Pazzesco”, ha scritto su Twitter Carlos Loret de Mola, reporter e conduttore tv molto noto.

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Le polemiche hanno costretto la Marina a scusarsi. È stato lo stesso sottosegretario Sarmiento a fare le scuse alla cittadinanza, spiegando che i dettagli della storia sono stati inventati dai civili che erano impegnati nei soccorsi insieme ai militari. “Non volevamo generare false speranze”, ha aggiunto.

Il precedente: Monchito e il terremoto del 1985

La vicenda di Frida Sofia ricalca quanto avvenuto col terremoto del 1985 a Città del Messico e il piccolo Monchito che non esisteva. Anche in quella occasione, il Paese era stato sconvolto dal sisma e Luis Ramon “Monchito”, 9 anni, divenne il simbolo della speranza, senza mai essere esistito. El Universal ha ripercorso tutta la storia.

Il 19 settembre 1985 il Messico piomba in un vero incubo dopo un terremoto di magnitudo 8.1 che porta distruzione e morte in tutto il Paese e specialmente nella capitale. Il 4 ottobre, mentre ancora si scava, un volontario argentino, Carlos Marbran, dice di aver sentito dei suoni provenire da sotto le macerie di un edificio nel quartiere de La Merced: inizia a girare la notizia che si tratti di un bambino di nove anni, il nostro “Monchito”.

Il quotidiano spagnolo El Pais arriva a ricostruire tutta la sua storia: doveva partire con la famiglia per il paese d’origine ma quella notte si era fermato a dormire dal nonno nella capitale, venendo colto dal terremoto.

Sul luogo si precipitano soccorritori, autorità e persino celebrità, tutti a lavorare per salvare Monchito. Quando, sette giorni dopo, i lavori di scavo vengono terminati, non viene trovato alcun bambino. Alla fine esce la verità: la famiglia aveva bisogno di recuperare una cassaforte con del denaro conservata nell’appartamento del nonno e inventarono la storia del bambino per tentare di riaverla.

Lorena Cacace

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