Il 17 aprile ci sarà il referendum sulle trivellazioni che dovrà stabilire se si potrà estrarre petrolio a meno di 12 miglia dalle coste italiane e il 13 marzo il mare della Tunisia si è colorato di nero. Si è rotto un tubo del pozzo di estrazione Cercina 7. Colpite alcune spiagge delle isole Kerkennah a largo di Sfax, in Tunisia. Incidente che fa riflettere anche per la vicinanza delle isole colpita che si trova a soli 120 km da Lampedusa.
La Thyna Petroleum afferma che la rottura non si è verificata nella condotta sottomarina che trasporta il petrolio dal pozzo alla terraferma, ma in una tubazione di controllo sopra il livello del mare del pozzo di estrazione Cercina 7, che si trova a una distanza di 7 km dalle coste delle isole Kerkennah. La rottura – dice sempre la compagnia petrolifera – è avvenuta il 13 marzo e riguardava un tratto non superiore a un centimetro del tubo.
Le autorità tunisine, anche in seguito alle proteste degli abitanti delle isole di Kerkennah che vivono di turismo e pesca hanno ribadito che la situazione è sotto controllo e che l’area nera è stata neutralizzata.
Legambiente ha però espresso l’opinione secondo cui la responsabilità e il danno sono da chiarire, verificare gli impatti sulle coste di Lampedusa.
L’incidente avvenuto in Tunisia non passerà certo inosservato soprattutto in vista di un referendum, quello del 17 aprile che nei giorni scorsi ha infiammato il dibattito politico soprattutto per la presa di posizione del Pd che si schiera per l’astensione. “L’accaduto dimostra che non esistono progetti petroliferi che possano ritenersi al riparo dal rischio di incidenti rilevanti. Diventa sempre più urgente interessare della questione l’Unione europea e indire presto una conferenza dei Paesi del Mediterraneo affinché si discuta seriamente del problema“, ha spiegato Enzo di Salvatore, del Comitato NoTriv.