Desta sempre più preoccupazione il furto delle case popolari a Milano. San Siro, Giambellino, Corvetto, Lorenteggio, Molise sono i quartieri più colpiti dai tentativi di scassinamento delle porte degli appartamenti. Ad alcuni inquilini sono state anche incendiate le porte. Ormai i tentativi diventano sempre più frequenti e si stima che, rivolgendosi alla persona giusta, l’operazione possa essere fatta in men che non si dica: bastano tra i 500 e gli 800 euro, per ottenere un appartamento occupato abusivamente. Si vive nella costante paura che possa succedere ancora da un momento all’altro. Proprio per questo, nel frattempo, alcuni cittadini si sono organizzati, con delle vere prove ronde fai da te.
Ad esempio nel quartiere Molise è stato dato il via recentemente ad un comitato per la legalità e la sicurezza. Gli appartenenti a questo gruppo si preoccupano di controllare, specialmente durante la notte, che volta per volta sia tutto tranquillo. Nel caso dovessero notare qualcosa di strano, si impegnano a chiamare immediatamente le forze dell’ordine.
L’ennesimo episodio della guerra tra poveri intorno alle case popolari arriva proprio da Milano, dove domenica 26 ottobre è stato evitato furto in piena regola quando polizia e ispettori dell’Aler (l’azienda lombarda per l’Edilizia Residenziale) hanno fermato una donna rom con tre ragazze che avevano occupato un appartamento in via Ricciarelli, zona San Siro. La vicenda ha riportato sui media l’emergenza abitativa non solo a Milano ma in tutta Italia. Il caso milanese è emblematico: le donne erano entrate di notte nell’appartamento e hanno iniziato a portare via alcuni oggetti in grossi sacchi neri. La casa è però abitata regolarmente da un uomo affetto da problemi psichiatrici e per questo spesso ricoverato. Era il fratello dell’inquilino a occuparsi della casa in sua assenza, ma non è bastato a evitare la tentata occupazione abusiva.
La vicenda si è conclusa con l’allontanamento delle donne, anche se in presenza di minori, e un verbale di “violazione di domicilio”, ma è stata solo una delle tante situazioni che gli ispettori Aler si trovano a gestire a Milano. In molti quartieri della città, la tensione è già a livelli di guardia: gli abitanti degli stabili a rischio sanno che basta un’assenza più prolungata del solito per trovarsi l’appartamento occupato da abusivi. È successo, sempre in quel fine settimana in zona Lorenteggio, ma in questo caso erano stati gli inquilini ad opporsi, arrivando nel cortile comune con scope e ramazze. Qualche momento di tensione si è registrato dopo l’arrivo di alcuni antagonisti dei centri sociali, ma l’intervento della polizia ha ristabilito l’ordine e le case sono tornate libere.
Le segnalazioni si sono moltiplicate e sono arrivate anche da altre zone, in particolare nel quartiere Calvairate, dove gli ispettori Aler hanno trovato una coppia di origine georgiana con il loro bambino in un appartamento dismesso: la porta d’acciaio era stata divelta e la famiglia si era insediata nei locali. Alla fine, polizia e ispettori hanno deciso di lasciarli lì, consolidando una pratica che da anni è in aumento. L’emergenza abitativa in Italia si è acuita con la crisi: aumentano le famiglie in difficoltà e le risorse per il comparto sono insufficienti o ancora bloccate. Di fatto però si tratta di una guerra tra poveri che mina il benessere sociale.
I numeri della crisi
A delineare lo scenario nella sola Milano sono stati i dati resi noti da Aler a metà 2014. Dall’inizio dell’anno sono stati circa 500 le occupazioni abusive di alloggi popolari di cui solo il 40% è tornato libero per le graduatorie. Nel 2013 erano 53 i tentativi al mese di occupare una casa: un anno dopo il dato è di 80. La tensione per chi vive nei quartieri più a rischio è già alta, anche perché, sempre secondo i dati Aler, 7 tentativi su 10 hanno successo e, una volta occupate le abitazioni, è quasi impossibile allontanare gli inquilini.
Con la crisi, l’aumento delle difficoltà per le famiglie e la perdita di posti di lavoro, la casa popolare è spesso il solo modo per avere un tetto sopra la testa: a Milano ci sono 20mila domande di alloggi popolari, ma ne vengono assegnate circa 700 all’anno. Da qui nasce il fenomeno delle occupazioni abusive dietro cui si nasconde anche un mercato nero, dove i più furbi sfruttano la situazione di difficoltà per guadagni illeciti.
Funzionari Aler hanno raccontano ai media di essersi trovati di fronte a inquilini, a loro volta abusivi, che gestivano lo “smistamento” degli alloggi. Il totale è di oltre 3.500 casi pubbliche occupate abusivamente negli ultimi 14 mesi solo a Milano, con una crescita del 20%, equivalente a oltre 600 alloggi portati via a chi è in lista d’attesa da anni.
Si potrebbe pensare che non ci siano abbastanza alloggi pubblici a Milano: invece sarebbero circa 7.800 gli immobili sfitti del patrimonio pubblico tra Aler e Comune, come fa notare Ermanno Ronda, segretario cittadino del sindacato degli inquilini Sicet Cisl. “Questo è inaccettabile, soprattutto perché il numero di quelli assegnati regolarmente è invece molto inferiore alla necessità. La sproporzione fra domanda e offerta è alla base delle occupazioni degli ultimi mesi”, ha dichiarato in un’intervista a Repubblica.
Il sindaco Giuliano Pisapia ha deciso di intervenire in prima persona e ha annunciato la cessione dell’Aler per il capoluogo milanese: dal 1° dicembre sarà la partecipata Metropolitana Milanese a gestire 28.791 case popolari che possiede. La decisione ha sollevato dubbi e proteste da parte della Regione. Il presidente Roberto Maroni ha chiesto di pensare a “un nuovo piano che coinvolga tutta l’area metropolitana, non solo Milano“, mentre i sindacati degli inquilini temono che “la scelta pregiudichi una gestione unitaria delle case popolari milanesi“.
Ad aggravare una situazione già delicata c’è la crisi che ha portato a un aumento degli sfratti per morosità anche incolpevole. Famiglie che non possono più pagare l’affitto perché hanno perso il lavoro, single, coppie giovani, immigrati, anziani: tutti soggetti deboli a cui non si riescono a dare risposte in tempi certi.
Il ministero dell’Interno ha fotografato la situazione degli sfratti nel 2013, confermando quanto i sindacati degli inquilini (Sunia, Sicet e Uniat), avevano già detto sull’aumento degli sfratti: negli ultimi 5 anni sono stati 332.169, di cui 288.934 per morosità, il che significa che più di un inquilino su dieci in affitto da privati ha subito uno sfratto per morosità.
Eppure, alcuni strumenti legislativi ci sarebbero già. È il caso del Fondo per la morosità incolpevole, introdotto nel 2013 e operativo dall’agosto 2014 con 20 milioni di euro da ripartire per il 30% tra le regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania e per il restante 70% tra tutte le altre Regioni e le Province autonome d’Italia.
Ci sono poi il Fondo per il sostegno all’affitto e il Fondo per il recupero degli alloggi di Comuni ed ex Iacp inutilizzati. Quest’ultimo, istituito dal D.L. 47/2014, stanzia risorse per finanziare gli interventi necessari a rendere abitabili appartamenti vuoti, in circa 20.000 unità. Una parte di questi necessita di interventi di “non rilevante entità”, come recita la legge, per essere immediatamente assegnabili agli aventi diritto.
Il problema dell’emergenza abitativa è ancora lì, sul piatto del governo che deve dare risposte a uno dei diritti fondamentali, quello a una casa dignitosa e sicura, senza dover scatenare l’ennesima guerra tra poveri.
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