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Polemiche, ma anche spunti di riflessione, per il duro giudizio di Gabriele Muccino su Pasolini regista, postato ieri su Facebook in occasione del quarantennale della tragica morte dell’autore di Ragazzi di Vita. Muccino senior è infatti uscito clamorosamente dal coro delle unanimi celebrazioni verso l’opera pasoliniana, ammettendo di aver sempre considerato Pier Paolo Pasolini un mediocre regista cinematografico, pur amandolo come pensatore, giornalista e scrittore.
‘So che quello che sto per dire suonerà impopolare e forse chissà, sacrilego‘, ha esordito Gabriele Muccino nel suo lungo post contro Pasolini regista, non nascondendo un certo timore per le reazioni che avrebbero scatenato le sue parole, ‘Ma per quanto io ami Pasolini pensatore, giornalista e scrittore, ho sempre pensato che Pasolini regista fosse fuori posto, anzi, semplicemente un ‘non’ regista che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente cinematografico sulle cose che raccontava‘.
Un giudizio negativo molto netto sulle qualità cinematografiche di Pier Paolo Pasolini, che Muccino amplifica addossandogli addirittura gravi responsabilità per il declino del cinema italiano dopo il periodo d’oro vissuto tra il secondo dopoguerra e gli anni ’70: ‘In anni in cui il cinema italiano era cosa altissima e faceva da scuola di poetica e racconto ‘cinematico’ e cinematografico in tutto il mondo, Pasolini regista aprì involontariamente le porte a quella illusione che il regista fosse una figura e un ruolo accessibile a chiunque, intercambiabile o addirittura improvvisabile‘. Muccino poi chiarisce meglio questo concetto: ‘La dissoluzione dell’eleganza che il cinema italiano aveva costruito, accumulato, elaborato a partire da Rossellini e Vittorio De Sica per arrivare a Fellini, Visconti, Sergio Leone, Petri, Bertolucci e tanti, davvero tanti altri Maestri, rese il cinema un prodotto avvicinabile da coloro che il cinema non sapevano di fatto farlo. Non basta essere scrittori per trasformarsi in registi. Così come vale anche il contrario‘.
Bisogna dire che le riflessioni di Gabriele Muccino possono sembrare impopolari, come lui stesso ha ammesso, ma non sono totalmente prive di fondamento, e inoltre hanno avuto il merito di innescare un vivace dibattito tra pasoliniani e anti-pasoliniani (basta leggere su Facebook i commenti sotto il post per trovare interessantissimi punti di vista, in un senso o nell’altro).
D’altra parte è innegabile il contributo che Pier Paolo Pasolini ha dato al cinema italiano, come del resto è stato riconosciuto con l’inserimento di suoi tre film (Accattone, Comizi d’Amore e Uccellacci e Uccellini) nella prestigiosa lista dei ‘100 film italiani da salvare‘, creata nel 2008 con lo scopo di segnalare le pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del nostro paese tra il 1942 e il 1978 e stilata da importanti critici cinematografici.
Detto questo, Muccino ha infine chiuso il suo lungo post elencando nel dettaglio le ‘colpe’ del Pasolini regista e lanciando anche una severa stoccata a un altro film-maker che va per la maggiore: ‘Il cinema pasoliniano aprì le porte a quello che era di fatto l’anti cinema in senso estetico e di racconto. Il cinema italiano morì da lì a pochissimi anni con una lunga serie di registi improvvisati che scambiarono il cinema per qualcos’altro, si misero in conflitto (come fece Nanni Moretti) con i Maestri che il cinema lo avevano nutrito per decenni. Di fatto distrussero, con tutti quelli che seguirono, quella scia di arroganza intellettuale, rifiutando anzi demolendo la necessità da parte del Cinema di essere un’arte popolare e lo privarono, di fatto, di un’eredità importante che ci portò dall’essere la seconda industria cinematografica più grande al mondo a una delle più invisibili. Con legittimo e immenso rispetto per Pier Paolo Pasolini poeta e narratore della nostra società quando ancora in pochi riuscivano a interrogarla, provocarla e analizzarla, il cinema è però altra cosa‘.
Siete d’accordo con l’analisi di Gabriele Muccino su Pasolini regista?
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