La relazione sul Bilancio di Genere del Ministero dell’Economia ci dà un quadro in merito alla questione gender gap in Italia: in media, il reddito delle donne equivale al 59,5% di quello degli uomini. Un dato sconfortante, che fa capire come la disparità di genere nel mondo del lavoro sia un problema reale. I dati sono stati formulati basandosi su 128 indicatori diversi poi analizzati da Istat e Inps, ma anche da altri istituti italiani ed europei.
La sottosegretaria del ministro dell’Economia, Cecilia Guerra, ha presentato il report in audizione alle commissioni Bilancio di Senato e Camera, ha spiegato: “Queste evidenze sulle disuguaglianze di genere nei redditi, quando non derivanti da vere e proprie discriminazioni sul mercato del lavoro a scapito delle donne, sono in larga parte il riflesso della “specializzazione” di genere tra lavoro retribuito e non retribuito, in virtù della quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari“.
Già, perché esiste anche un problema legato alla maternità e alla gestione management familiare, ancora oggi quasi principalmente a carico delle donne, che sono quindi costrette a orari lavorativi ridotti per poter sbrigare tutte le incombenze extra lavorative. Guerra ha poi anche aggiunto che, con il recovery plan, saranno attuate politiche dedicate alle donne, in modo che possano scegliere di dedicarsi al lavoro senza rinunciare alla famiglia.
Per quanto il nostro paese abbia visto dei significativi miglioramenti tra il 2005 e il 2017, resta l’ultimo paese dell’Unione Europea per parità salariale e lavorativa.
I dati sul gender gap
Stando alla relazione del Mef, nel 2019 il tasso di disoccupazione femminile medio in Italia era al 50,1% contro il 32,2% di quello maschile; la differenza tra Nord e Sud è ancora molto accentuata, infatti se il 60,4% delle donne in Settentrione lavora, nel Mezzogiorno solo il 33,2%. Anche l’età è un fattore discriminante: la fascia d’età più coinvolta nel lavoro è quella che va dai 45 ai 54 anni (19,2% in media). Anche in questo caso grande differenza tra Nord e Sud: 41,5% al Sud (28,8% per gli uomini), 17,6% al Centro (12,3% per gli uomini) e al 12,7% al Nord (7,9% per gli uomini).
Allo scarso coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro, soprattutto se giovani, si aggiunge la rinuncia all’impiego per dedicarsi alla famiglia: il 73% delle donne italiane si dimette volontariamente, un dato tra l’altro in costante aumento dal 2011.
Il gender gap è problema sicuramente culturale ma anche legato alle infrastrutture inadeguate, che non permettano all’individuo di scegliere come gestire la propria vita in autonomia. Cecilia Guerra ha spiegato così questo dato: “Sono per lo più di donne giovani, con poca anzianità di lavoro, occupate prevalentemente nel terziario, con qualifiche basse. La motivazione più ricorrente, almeno un terzo dei casi, è l’impossibilità di conciliare l’occupazione con il lavoro di cura, soprattutto in assenza di reti familiari di supporto“.
Lavoratrici e madri: una scelta sempre più difficile
Le donne messe davanti alla scelta tra carriera e maternità sono sempre di più. I primi anni di vita di un bambino sono i più difficili da gestire se non si hanno nonni a disposizione o una base economica che possa permettere una baby sitter, poiché gli asili non sono abbastanza. Infatti, nel 2017, solo 12,5% dei bambini erano affidi ai nidi pubblici.