Condannati a un anno e otto mesi per aver costretto il figlio adottato a portare in giro il cartello con sopra scritto “Sono un bambino sporco”. Il minore proveniva dall’Ucraina e, nella nuova famiglia di Torino, invece di trovare affetto ha trovato abusi e maltrattamenti. Tanto da cercare continuamente di scappare da papà e mamma. Punizioni praticamente giornaliere dal 2008 al 2014, fin da quando il piccolo Ivan aveva solo otto anni. Fino alla punizione – umiliazione del cartello appeso al collo con la scritta: “Sono un bambino sporco”.
La coppia, assistita dall’avvocato Anna Ronfani, come giustificazione ha portato questa: “Scappava perché diceva di sentire delle voci”. Il legale ha già promesso di voler impugnare la sentenza: “Non la condividiamo. Non c’è prova dei connotati della situazione maltrattante. Leggeremo le motivazioni, e predisporremo le argomentazioni a contrasto con il giudizio del giudice”. Il pubblico ministero, Francesco Pelosi, aveva chiesto una condanna di tre anni e sei mesi.
Ivan era stato prelevato da un orfanotrofio in Ucraina e portato in Italia. A Torino, però, le cose erano state terribili fin dall’inizio. Una volta, per essersi fatto la pipì addosso, era stato costretto dai genitori adottivi a girare con il cartello umiliante appeso al collo. Le maestre avevano raccontato di averlo visto arrivare a scuola con lividi e vestiti malridotti e di taglie più grandi della sua. Non veniva mai mandato in gita o alle feste di compleanno dei compagni. I vicini hanno testimoniato di aver sentito più volte il padre che lo picchiava e lo insultava.
A insospettire gli assistenti sociali, che si sono presi in carico la situazione, sono state proprio le continue fughe da casa da parte di Ivan. Il giudice Antonio de Marchi ha liquidato una provvisionale di 20mila euro per il ragazzino, patrocinato dall’avvocato Emanuela Martini. Sperando che questo, per lui, sia davvero l’ultimo atto di un inferno che sembrava non poter mai avere fine.
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