Finora il pesto veniva considerato al pari dell’esplosivo: guai a metterlo nel bagaglio a mano partendo dall’aeroporto di Genova. Era semplicemente vietato. Così come per il vino, le creme e le mozzarelle. Ma pure per i cannoli di Sicilia e per le altre eccellenze gastronomiche italiane. Chi doveva fare il check-in, era sempre preoccupato che quella leccornia potesse venire sequestrata. Adesso, però, il pesto artigianale (ma pure quello confezionato) genovese potrà essere portato sull’aereo: una vera e propria rivoluzione. E già immaginiamo turisti e gourmet riempire zaini e valigie del tipico ingrediente ligure.
E’ stata la direzione dello scalo di Genova – Sestri a chiedere all’Enac di trovare una soluzione che consentisse l’imbarco del pesto sull’aereo. Sia di quello acquistato in negozio, sia di quello fatto in casa. La richiesta è stata accolta: dal primo giugno 2017 il pesto potrà sorvolare anche gli oceani. Sarà sufficiente che sia in vasetti tra i 100 e i 500 millilitri e potrà venire imbarcato da chi parte dal ‘Cristoforo Colombo’. Certo, la procedura non è delle più semplici e potrebbe comunque scoraggiare qualche visitatore. Ma la bontà del pesto merita qualche inghippo burocratico, no?
I passeggeri dovranno richiedere nei negozi convenzionati o in aeroporto e biglietteria, se si tratta di pesto casalingo,
un bollino da apporre sul vasetto del costo di 50 centesimi, soldi che finiranno in beneficenza alla Fondazione ‘Flying Angels Onlus’. I vasetti senza bollino verranno esaminati – la procedura dura pochi secondi – con un apparecchio radiogeno prima di venire riconsegnati al possessore, questa volta però con il bollino. A quel punto, ci si potrà imbarcare sull’aereo senza problema alcuno. Pregustando il condimento per i primi (e non solo).
A proposito, sapete cosa verrà scritto sull’etichetta che dà il permesso di volare pure al pesto? “Il pesto è buono”. Frase dal duplice significato. E’ buono per volare, certo, ma ovviamente pure da mangiare. Altrimenti chi farebbe tutta la trafila burocratica? Da questo punto di vista, l’Italia – e Genova in particolare – fa un passo avanti rispetto ad altri Paesi. La Francia, per esempio, non fa passare i formaggi duri come il parmigiano, ma chiude un occhio su quelli molli come il camembert (sano nazionalismo, evidentemente). E negli aeroporti transalpini, non capita raramente di vedere grosse forme di parmigiano abbandonate (e portate a casa, si presume, da chi fa i controlli). Gli unici prodotti autorizzati a partire sono quelli che si comprano, ad altissimo prezzo, una volta passato il varco dei controlli di sicurezza.
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