Dopo lo scandalo che ha scatenato “Dieselgate“, ovvero i danni economici e ambientali delle emissioni (nascosti per anni falsificando la misurazione degli scarichi di gas) delle autovetture prodotte in Germania e targate Volkswagen, che ha visto crollare vertiginosamente i relativi titoli in Borsa, il Paese della Merkel non vede la luce e anzi sembra iniziare a soffrire la recessione economica come tanti altri Paesi dell’Unione Europea. Secondo i dati diffusi da Destatis, si evince che gli ordini dell’industria in Germania ad agosto siano scesi a causa del calo della domanda interna ed estera.
Il PIL della Germania vale circa 2800 miliardi di euro e anche nel pieno della crisi ha continuato a crescere, nel 2014 dopo il rallentamento dell’anno prima del +0,1% è salito a +1,5% ma nel corso dell’estate sono cambiate le carte in tavola.
A quanto riportato dall’Ufficio Federale Statistica tedesco, gli ordini dell’industria sono scesi dell’1,8 per cento mese su mese ad agosto, rispetto alle aspettative degli economisti di un aumento dello 0,5 per cento. Nel luglio scorso erano diminuiti addirittura del 2,2 per cento mentre gli ordini domestici sono scesi del 2,6 per centro e quelli esteri dell’ 1,2.
La Deustche Bank va in perdita per quasi 5 miliardi
Anche il maggior istituto bancario del Paese, la Deutsche Bank ha annunciato che attuerà un profondo piano di ristrutturazione, che prevede un taglio di 9mila posti di lavoro bancari, entro il 2018. A questi vanno a sommarsi 6mila posti esterni e 19mila di Postbank, per un totale di 34mila esuberi.
I numeri dell’istituto tra gennaio e settembre hanno registrato una perdita spaventosa di 4,647 miliardi di euro, in netto contrasto con l’utile di 1’25 miliardi del medesimo periodo dello scorso anno.
E’ proprio nell’ambito di questo scenario che il co-ceo Jhon Cryan ha dichiarato suo malgrado: ‘Per riprendere la strada degli utili sostenibili, Deutsche Bank dovrà prendere decisioni dure sui posti di lavoro’.
Deutsche Bank ha annunciato che, oltre a tagliare 9mila posti fissi, ritirerà la sua presenza da ben dieci Paesi: Argentina, Cile, Messico, Perù, Uruguay, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Malta, Nuova Zelanda. L’obiettivo è quello di raggiungere un risparmio complessivo pari a 3’8 miliardi di euro, sempre entro la dead line del 2018.
Per la Germania, invece, punta a una riduzione di circa 200 filiali. Mentre l’Italia rimarrà un mercato chiave per la ripresa e lo sviluppo futuro di Deutsche Bank.
Infine, le previsioni sulla crescita sono al ribasso anche per gli altri principali istituti economici: stiamo parlando del +1,8% contro il +2,1% stimato la scorsa primavera. Secondo l’istituto IFO, il surplus dei conti pubblici previsto a 23 miliardi di euro nel 2015 sarà molto inferiore al target per le spese aggiuntive legate alla crisi dei rifugiati.
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