Entrato a far parte della Lega fin dai suoi inizi secessionisti con Umberto Bossi, Giancarlo Giorgetti è considerato il tessitore di relazioni del partito, la mente pensante del quadro dirigente del Carroccio.
Dopo un percorso politico che dall’amministrazione locale lo ha portato a scalare le posizioni di vertice del partito e delle istituzioni fino ad oggi, al conferimento dell’incarico più importante, il ministro dell’Economia del governo Meloni.
Giancarlo Giorgetti: gli inizi
Giancarlo Giorgetti nasce nel 1966 in un piccolo comune lombardo, Cazzago Brabbia (Varese), da una famiglia di umili origini. Ottenuto il diploma di perito aziendale, Giorgetti frequenta la facoltà di economia aziendale presso l’Università Bocconi di Milano dove si laurea in qualità di dottore commercialista e revisore dei conti.
Inizia fin da giovane a frequentare gli ambienti della politica, prima all’interno del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, poi nella da poco nata Lega Lombarda di Umberto Bossi.
Tra il 1990 e il 1995 svolge varie mansioni nelle amministrazioni locali della sua zona per poi divenire, nel 1995, sindaco del suo comune natale, alla cui guida è riconfermato nelle votazioni del 1999.
Intanto nel 1996 entra anche in Parlamento, alla Camera dei Deputati, dove di fatto siede tuttora. È tuttavia nel secondo mandato elettorale, dal 2001, che comincia ad acquisire importanza la sua figura per le logiche parlamentari e di partito. Questi diviene infatti il presidente della Commissione Bilancio della Camera dal 2001 al 2006 (carica che ricoprirà una seconda volta nel 2008).
Il peso istituzionale si tramuta presto in potere partitico: nel 2002 Giorgetti è indicato come segretario della Lega Lombarda, carica che ricoprirà per un decennio, prima di cederla al suo attuale detentore, Matteo Salvini.
Durante la sua personale terza legislatura in Parlamento Giorgetti a modo di amplificare le sue conoscenze ed esperienze internazionali in quanto vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari nonché quale inviato nella delegazione italiana presso l’Assemblea Parlamentare della NATO.
L’uomo nell’ombra della Lega
La legislatura che si apre nel 2008 è foriera di conferme e di un sempre maggior centralismo dell’ex sindaco di Cazzago nelle dinamiche interne della Lega: questi è riconfermato rappresentante dello Stivale presso l’assemblea NATO, torna a svolgere il ruolo di presidente della Commissione Bilancio ed è membro della Commissione per il federalismo fiscale. Nello stesso quinquennio collabora alla stesura della legge per il pareggio di bilancio del governo tecnico di Mario Monti, succeduto a quello Berlusconi nel 2011.
Riconfermato deputato nel 2013, torna a far parte della Commissione per il federalismo fiscale e viene nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano membro del cosiddetto “gruppo dei dieci saggi”, un consesso ideato dal Quirinale per riunire politici ed esperti a cui affidare la stesura di un piano di riforme economico-istituzionali su cui aggregare una maggioranza di governo (in quell’anno il Movimento 5 Stelle entra fragorosamente in Parlamento impedendo il delinearsi netto di un maggioranza di destra o sinistra).
Nel 2016 è eletto da Matteo Salvini vicesegretario federale della Lega assieme a Lorenzo Fontana (attuale Presidente della Camera), carica che esercita tutt’ora, anche dopo la sostituzione della Lega Nord (indebitata con lo stato per 49 milioni) con il partito “Lega per Salvini premier”.
Nel 2018 partecipa a due differenti governi: il Conte I e l’esecutivo di Mario Draghi.
Nel “governo del cambiamento”, formato da Movimento 5 Stelle e Lega, Giorgetti è innanzitutto sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e raccoglie sulla sua persona diverse deleghe ministeriali, indice della sua importanza per le funzioni di governo leghiste.
Questi infatti ha la delega al Comitato Interministeriale Programmazione Economica (CIPE), allo Sport, all’Aerospazio e all’Ufficio per il programma di governo, organo di Palazzo Chigi dedito all’attuazione del programma di governo stilato dalle due forzi contraenti della maggioranza.
Dimessosi a causa dello strappo voluto dal segretario Salvini nel 2019, torna al governo nel 2021 quando viene indicato quale ministro dello Sviluppo Economico del governo di unità nazionale di Mario Draghi, dove è chiamato a risolvere le numerose crisi aziendali causate dalle forzose chiusure per via del Covid-19 nonché per portare avanti il P.N.R.R. (di cui raggiunge tutti gli obiettivi per lo stesso 2021).
Dopo soluzioni alternativi e girandola di nomi, è stato eletto in questa legislatura ministro dell’Economia del governo Giorgia Meloni.