Giancarlo Siani: il coraggio del giornalista morto per amore della verità

Era il 23 settembre del 1985 quando Giancarlo Siani, giornalista campano, venne ucciso su ordine del boss Angelo Nuvoletta, mentre stava rientrando a casa, nel quartiere Arenella a Napoli.

giancarlo siani
Giancarlo Siani – Nanopress.it

Nell’ultimo articolo, che gli costò la condanna a morte, il giovane giornalista scrisse che l’arresto del boss Valentino Gionta fu reso possibile grazie a una soffiata dei Nuvoletta ai carabinieri, che lo fecero arrestare per avere una tregua con il clan nascente dei Bardellino.

Giancarlo Siani: storia di un ‘giornalista giornalista’

Giancarlo Siani nasce a Napoli il 19 settembre 1959 nel quartiere Vomero. Si avvia agli studi classici e si diploma con 60/60esimi al Liceo Giovan Battista Vico di Napoli.

Si iscrive poi alla Facoltà di Sociologia della Federico II e in quegli anni inizia a dedicarsi all’attività giornalistica. Inizialmente si occupa dei quartieri più emarginati della città, svelando le numerose connessioni con la camorra, soprattutto per il reclutamento dei giovani nelle dinamiche criminali del traffico di stupefacenti.

Inizia quindi a collaborare con il periodico “Lavoro nel Sud”, finché non diventa corrispondente del ‘Mattino’ da Torre Annunziata, quartiere periferico del capoluogo. È da questo momento in poi che Giancarlo Siani inizia a seguire quello che sarà il suo percorso giornalistico negli anni successivi: inizia infatti ad occuparsi e a tracciare le connivenze tra la camorra e i vari appalti per la ricostruzione dopo il terremoto in Irpinia del 1980. I suoi articoli accendono l’attenzione del clan Gionta.

L’articolo che firmò la sua condanna a morte

A decretare la sua condanna a morte fu l’ultimo articolo pubblicato sul ‘Mattino’ di Napoli, a firma del giovane giornalista.

In quelle righe, scritte nero su bianco, Siani denuncia che l’arresto del boss Valentino Gionta fu reso possibile grazie a una soffiata dei Nuvoletta ai carabinieri, che lo fecero arrestare per avere  una tregua con il clan nascente dei Bardellino.

Quelle righe suscitarono l’ira dei Nuvoletta, che agli occhi della città diventarono dei ‘traditori’ per aver fatto accordi con le forze dell’ordine.

Fu allora che, dopo incontri e colloqui vari tra i Lorenzo e i Nuvoletta, nonostante le reticenze iniziali del boss Valentino Gionta – che in quegli anni si trovava in carcere – si decisero le sorti del giornalista.

Il 23 settembre del 1985, mentre rientrava a casa, nel quartiere Arenella di Napoli, Giancarlo Siani venne ucciso con 10 colpi di pistola alla testa, nella sua Méhari verde, diventata il simbolo del suo lavoro d’inchiesta.

Méhari Siani
Méhari di Giancarlo Siani – Nanopress.it

Per la sua uccisione, il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della corte d’assise di Napoli ha condannato all’ergastolo i mandanti del delitto, i fratelli Angelo e Lorenzo Nuvoletta, oltre a Luigi Baccante, e gli esecutori materiali del delitto (Ciro Cappuccio e Armando Del Core).

Per quanto riguarda il boss Valentino Gionta, il giudizio definitivo della Cassazione lo ha scagionato per non aver commesso il fatto.

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