Gianluca Salviato è stato liberato, il tecnico era stato rapito in Libia

Gianluca Salviato, il tecnico italiano rapito vicino a Tobruk, in Cirenaica, nell’est della Libia nel marzo 2014, è stato liberato ed è arrivato a Roma nella notte tra sabato e domenica 16 novembre. L’uomo, 48 anni, si trovava in Libia per l’azienda per cui lavora come tecnico, la Enrico Ravanelli di Venzone (Udine), società che opera nel settore delle costruzioni. Il 22 marzo scorso, Salviato era uscito di casa, si era fermato a fare colazione e poi era entrato in un bar. I colleghi, non vedendolo arrivare al lavoro, avevano dato l’allarme. L’uomo soffre di diabete e necessita di cure continue. Il problema è cha la sua scorta di insulina era stata trovata a bordo della sua auto, rimasta abbandonata nei pressi della città.

L’ingegnere lavora per una società di costruzioni ed è nato a Venezia nel 1966. Anche Salviato, così come Marco Vallisa, finalmente liberato, sarebbe stato rapito, secondo i media locali, con ogni probabilità per ottenere un riscatto.

Il rapimento potrebbe essere stato effettuato da qualche gruppo criminale locale per riuscire a estorcere del denaro con la richiesta di un riscatto. Gianluca Salviato è un tecnico della società di costruzione “Enrico Ravanelli”, che opera a Venzone (Friuli) vicino Udine. Tale società di costruzione risulta impegnata, fin dallo scorso ottobre 2012, nei lavori per la ricostruzione degli impianti idrici e fognari del territorio di Tobruk. E proprio in questa zona è stata recuperata l’automobile di Salviato, con all’interno ancora le chiavi attaccate al quadro di accensione.

Da quello che abbiamo saputo, Gianluca si era recato in città, a Tobruk, per alcuni collaudi – ha riferito una portavoce dell’azienda – e a mezzogiorno era atteso in cantiere come al solito. Ma nessuno lo ha visto rientrare. Per cui abbiamo avvisato le forze dell’ordine di Tobruk e tutte le autorità libiche“. Tecnici e operai della ditta Enrico Ravanelli erano dovuti fuggire da Tobruk per ragioni di sicurezza nel 2011 e si erano rifugiati in Egitto. A costringerli a lasciare la ditta erano stati i disordini esplosi nella regione. Soltanto nel 2012 i dipendenti hanno potuto riprendere i lavori a Tobruk.

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