Cinque bambini sotto i 12 anni sono morti giocando con un ordigno inesploso nel villaggio di Dasht e To, in Afghanistan.
Ci troviamo nella provincia di Maidan Wardak, zona centrale del Paese non solo dal punto di vista geografico ma anche una delle più bersagliate da decenni di guerre e conflitti, che ancora oggi rendono l’Afghanistan un territorio pericoloso e disseminato residui che causano incidenti analoghi come questo. Nel corso degli anni abbiamo assistito a centinaio di casi analoghi che coinvolgono indistintamente adulti e bambini, questi ultimi particolarmente esposti perché sono abituati a giocare fra le macerie e non riconoscono il pericolo del maneggiare una bomba inesplosa.
Cinque bambini stavano giocando nel villaggio afghano di Dasht e Top, con un oggetto che sembrava innocuo, invece è esploso fra le loro mani uccidendoli e ferendone altri due che sono stati trasportati d’urgenza nell’ospedale di Kabul.
Si trattava infatti di un ordigno esplosivo lasciato lì dai tanti anni di conflitto e ce ne sono molti altri simili in giro, basti pensare che il territorio è uno di quelli con la più alta concentrazione di mine terrestri, questo quanto stimato dalle Nazioni Unite.
La notizia odierna è stata riportata dall’agenzia di stampa Khaama e al momento i feriti si trovano in osservazione al Kabul Emergency.
Episodi di questo tipo purtroppo accadono spesso ed è difficile valutare il reale grado di pericolosità del territorio, di certo si tratta di un’immensa area cosparsa da armi dormienti che con piccoli gesti possono diventare causa di tragedie come quella di oggi.
Siamo abituati a sentir parlare delle vicende legate al conflitto in Ucraina ma non bisogna dimenticare che ci sono state tante altre guerre con cui abbiamo avuto a che fare, se pur in maniera relativamente indiretta. Una di queste è sicuramente quella in Afghanistan, la stessa che in anni di conflitto ha disseminato il terreno di ordigni inesplosi come quello che ha ucciso oggi i 5 bambini, e altri pericolosi residui.
Nel 2011 è iniziata la guerra in Afghanistan, con l’avvio delle ostilità data l’invasione del territorio controllato dai talebani, da parte dei gruppi afghani ostili dell’Alleanza del Nord. Usa e Nato hanno fornito supporto militare e logistico nella prima fase del conflitto cessato poi nel 2021.
Ufficialmente l’America ha giustificato la guerra come lotta al terrorismo, con lo scopo di distruggere Al-Qaida e Osama bin Laden, leader che verrà catturato 10 anni dopo e ucciso. In questo scenario di guerra c’era Bush alla Casa Bianca, forte sostenitore della causa ma dal 2003 la guerra perse priorità con l’invasione dell’Iraq, per poi riacquisirla con Obama nel 2009.
Nel maggio del 2021 le truppe americane cominciarono a ritirarsi e i talebani a riprendersi i territori, come Kabul, la capitale che era stata la prima ad essere conquistata nel 2001.
La guerra è durata complessivamente quasi 20 anni e ha ucciso 176mila persone, prima che i talebani riacquisissero il potere due anni fa.
La causa scatenante è da ricercare negli eventi dell’11 settembre del 2011, data tristemente nota per l’attentato alle Torri Gemelle per mano di Al-Qaida. Nonostante Osama bin Laden avesse negato il suo coinvolgimento, questo fatto inasprì i rapporti fra il governo americano e quello talebano, che ricevette un ultimatum dall’allora presidente Bush.
Le richieste erano la consegna dei leader di Al-Qaida, sia quelli presenti in Afghanistan che negli Stati Uniti, ma anche liberare i prigionieri statunitensi, proteggere i giornalisti e volontari nel Paese, chiudere i campi di addestramento terroristici e consegnare i presenti alle autorità, garantendo poi il libero accesso agli Usa a tali campi per verificarne l’effettiva chiusura.
I talebani respinsero queste condizioni perché non c’era alcuna prova che collegava Bin Laden agli attentati dell’11 settembre. Proposero però di processare loro stessi il leader in un tribunale islamico in Afghanistan e questa controproposta venne rifiutata, così scoppiò la guerra il 14 ottobre del 2001. I talebani ci provarono di nuovo, affermando che avrebbero consegnato l’uomo a un Paese terno per il processo ma anche questa opzione venne rifiutata.
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