La Premier da Facebook spiega ai follower che sua figlia al G20 di Bali è affare personale. Ma si loda su Twitter per i suoi prodigi in politica d’estera. Tutt’attorno è uno sfacelo che non indica nulla di buono sulla coalizione di maggioranza. Intanto la politica è sempre di più un contenuto per i social dei bot, persone che si privano della socialità quella vera, influencer e pseudo lobotomizzati dal like facile.
Come è cambiata la narrazione di governo da quando Giorgia Meloni si è insediata a Montecitorio. C’è un’impennata negli ultimi giorni. Si è di sicuro accentuata la voglia di emergere della maggioranza con i toni forti, provocando scandalo su scandalo voluto o non voluto. Diceria su diceria. Post su post per i social di tutti i tipi. Su Tiktok la politica i politici la fanno per buona parte nella fascia fra i 16 e i 24 anni. Vanno preparati bene quando sono giovani gli elettori d’altronde. È così che si affina un processo politico-didattico rodandosi alla perfezione, si modifica in maniera graduale per impartire influenza sulla società, cominciando dal giovane all’adulto, fino ad arrivare agli anziani.
Su The Verge in un articolo recente viene spiegato bene come le elezioni di Midterm abbiano trasfomato i politici in creatori di contenuti per i social. Perché? Quest’anno otto milioni di giovanissimi sono diventati nuovi elettori negli Stati Uniti. Va da sé che vanno raccolti come per la cascola dei cachi. I social, poi, i politici se li scelgono su misura e capiscono che non tutta la propaganda va bene su Facebook, bisogna differenziare il business della politica su più segmenti.
Con 774mila e cento follower Giorgia Meloni sul social cinese, trova il registro giusto per i ragazzini. E anche Salvini lo fa con altrettanti 774mila e trecento follower (dati di oggi). Il risultato patetico è quello di due politici che si comportano come farebbe il saggio puffo Quattrocchi (quello di ‘Che è meglio…’) o la dolcissima Minù Pepperpot. La zietta del cucchiaio è dotata di un trasformismo unico.
Meloni quando le fa comodo è la dolce piccola presidente che si accompagna con la figlia Ginevra nell’isola induista di Bali. Poi il pacifico approccio se lo scorda subito però. “Perché vi do una notizia: non lo è. Ho il diritto di fare la madre come ritengo e ho diritto di fare tutto quello che posso per questa Nazione senza per questo privare Ginevra di una madre. Spero che questa risposta basti per farvi occupare di materie più rilevanti e vagamente di vostra competenza”, così oggi scrive su Facebook Giorgia Meloni e tacetevi, voi tutti.
Unica donna premier Giorgia Meloni, come la Bali del G20 è l’unica isola non musulmana dell’arcipelago indonesiano. Le coincidenze cascano a fagiuolo. Fra gli stupa e le statue di Ganesh, Visnu porta a Meloni pochi musulmani ma solo del gran “gelo” con Macron. Presidente (della Repubblica) francese che si porta il fardello di una Francia vittima del terrorismo, della soppressione delle libertà imposta dal piano Vigipirate, della sospensione arbitraria di Schengen e, non ultima, della politica islamofobica di Marine Le Pen, la grande amica di Matteo Salvini. Così, soltanto per capire Paolo Conte che cantava: “I francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano”.
Ma Meloni quando posa il cucchiaino d’argento è anche l’acidità, o la grandezza del fervore politico e de “Le sembra che stia un passo dietro gli uomini?” Rivolgendosi a un’allibita Serrachiani che per capire avrà messo da parte, sicuramente, la malizia. Il passo remissivo, va da sé, non erano di certo “I cento passi” inscenati da Marco Tullio Giordana. Piuttosto forse le cadenze di una quadriglia celtica d’immota memoria, evocata da Meloni contro la Capogruppo del Pd.
Oppure c’è la Meloni pre G20, la premier tatcheriana irreprensibile che butta il carico da novanta su Macron, provocando una crisi estera senza precedenti fino a scomodare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Il risultato online è un serpente che si mangia la coda: gli sciovinisti sono loro i francesi? O adesso siamo noi gli sciovinisti quelli della Nazione a fare gli sciovinisti sgraditi. Arrogarsi un difetto, però, non è gran cosa ed è poco dignitoso. Meglio tralasciare. E ricordiamoci tuttavia i pregi: “Sono una donna, sono una madre, sono cristiana” eccetera, espressi durante il discorso di Vox dalla premier in carica. Secegliete adesso una colonna sonora per riascoltarvi il discorso di Vox: ‘Sketch of Spain’ di Miles Davis. Oppure ‘Spanish Caravan’ di Jim Morrison che cantava soave: “Portami in Andalusia nei suoi campi pieni di grano”. Su Twitter Giorgia Meloni la questione grano la sente sua: “Il G20 di Bali si è svolto in una situazione complessa, eppure è stato un successo, con l’Italia in prima linea su tutti i tavoli. Importante il risultato sul negoziato sul grano: un punto che l’Italia ha sottolineato e che ha raccolto il sostegno di tutti i leader”.
L’arte diplomatica della scuola Meloni però la si intende meglio con questo tweet inserito nel thread del precedente di cui sopra: “Tanti incontri bilaterali che hanno mostrato un Governo solido, stabile, che dà una proiezione di lungo periodo e rende più facile immaginare l’Italia fondamentale per le relazioni internazionali. Avanti così, per affrontare a testa alta le grandi sfide globali che ci attendono.” Non si capisce come gli incontri bilaterali (che sa tanto di bile) possano aver “mostrato” un “governo solido” fondamentale per le relazioni internazionali. L’italiano posticcio torna come nella redazione della legge anti rave. Ma tornando al protagonismo nella politica estera, dobbiamo prendere ad esempio il confronto panpugilistico da dilettanti con l’Eliseo? Peggio di una testata di Zidan, o le sconfitte ai mondiali di calcio, anche quelli sì.
Nei partiti della Casa delle Libertà la retorica crescente sui social si trasforma alla bisogna in creazione del nemico, apologia di quasi-reati, turpiloquio verso persone/paesi, ed è un’abitudine conclamata e implementata a dovere dai social-guru, soprattutto quelli leghisti. La questione francese sui migranti, però ha fomentato tutto quell’odio che si riassume pietosamente in una indebita mancanza di bidet. Fa rabbia questa cosa che loro Oltralpe non ce l’hanno. Come dire: Ma tu hai il sedere e io no: inaccettabile.
Il rotocalco fraterno e patriottico della coalizione di maggioranza, insomma, s’impingua di titoli che suscitano vergogna in Italia e all’estero. Come reagiscono le agenzie di rating, quelle che manipolano lo spread come un lievito madre. Quanto giova il misleading comunicativo dell’Esecutivo all’economia italiana? Serve a qualcosa un bonus per l’edilizia per chi ha un Isee che a stento trova risorse per acquistare la carne? O servono di più cinquemila euro in contanti da spendere in nero come vuoi? Al legiferare malevolo della politica c’è rimedio. Ma la precipitata reputazione di un Paese, quella non si risolleva con facilità.
La gestione dei migranti è disumana e la diplomazia della destra che ne deriva è “disumana”. Non è l’Italia ad esserlo. Il razzismo insito nella logica-cavallo di battaglia della sicurezza è disumano. C’è adesso Roberto Saviano a processo per un “bastardi”, proferito al culmine della sensibilità di un intellettuale, che in una mutazione metafisica si trasforma in odio, come il ph passa dal basico all’acido. C’è Giuliano Castellino a processo per l’assalto alla Cgil che si presenta comunque alla Camera. C’è il sottosegratario Gemmato no-vax che “se serve faccio ammenda ma sui dati ho le mie fonti”. Poi, chissà dove, polverizzata c’è l’opposizone.
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