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Giorgia parla della sua crisi di identità artistica e racconta la genesi di Blu

Giorgia di recente, parlando di Blu, il suo ultimo album pubblicato di recente, a sette anni di distanza dal precedente, ha ammesso di aver attraversato un momento molto complicato, che potremmo definire una “crisi di identità artistica”. Ecco cosa ha rivelato e cosa ha detto sul suo nuovo lavoro.

Giorgia – Nanopress.it

Anche un’artista come Giorgia può mettersi in discussione e rivedere tutto il suo operato, cercando di capire se è giusto che continui a essere com’è oppure sarebbe il caso di cambiare rotta. Lo ha raccontato in una recente intervista.

Giorgia racconta la sua “crisi di identità artistica”

Anche i più grandi possono cadere. Ebbene sì, solo che quando lo fanno loro, dall’alto dei loro “grattacieli”, fa ancora più male. Chi è abituato alle luci della ribalta, alle recensioni positive del proprio operato, ai complimenti, difficilmente si rassegna davanti all’ombra e chi ha avuto sempre una sua dimensione personale entro cui muoversi, può faticare a collocarsi in una nuova, aderente al mondo e ai gusti che cambiano. Sia chiaro: solo l’ultimo è il caso di Giorgia, perché nell’ombra di fatto non c’è mai stata, ma ha provato ad “auto-collocarcisi” lei stessa. Anche se non volutamente.

Ci spieghiamo meglio: Blu, il suo ultimo album, arrivato a ben sette anni di distanza dall’ultimo, Oronero, è proprio il primo punto di rinascita della cantante. Possiamo definirlo in pratica il suo trampolino di lancio verso una carriera “rinnovata”, oppure forse faremmo meglio a dire ritrovata. Dovremmo chiederlo a lei per capirci di più. Quello che possiamo affermare a gran voce, però, è che arriva dopo mesi di buio totale (quello che ha offuscato le succitate luci della ribalta in pratica).

Spiegare quello che è accaduto a Giorgia è tanto facile quanto complesso: non è un ossimoro, è la vita vera che funziona così. Sì, perché l’artista – una di quelle vere, che ha resistito al tempo, ai cambiamenti discografici, alle novità musicali, riuscendo sempre a tenere testa anche alle nuove proposte – alla veneranda età di 51 anni (ne compirà 52 ad aprile) aveva perso sé stessa. Forse sarà stato (anche) l’arrivo dei 50, visto un po’ come un giro di boa, oppure semplicemente è stata la vita che l’ha portata a entrare in questa “crisi di identità artistica”, che è scoppiata, ha portato – come tutte quelle che invadono le cantanti vere – alla creazione di un nuovo album, è passata sul palco di Sanremo ed è finita. E non è questo di certo un modo per minimizzare ciò che le è accaduto (internamente solo, sia chiaro), anzi.

In pratica, come ha affermato la diretta interessata stessa parlando con il Corriere della Sera: “Ho passato un periodaccio. Piangevo davanti al pianoforte e al computer, buttavo via tutto quello che scrivevo. Ho anche pensato di ritirarmi”. La domanda è una: perché? In pratica – sempre lungi da noi minimizzare ovviamente – la cantante si è persa nel mare magnum di talenti emergenti e di nuove leve. Si è sentita troppo classica per essere giovane, ma al contempo troppo giovane per essere classica. Non è riuscita a trovare prontamente una via di mezzo, perché forse facendolo nel modo sbagliato avrebbe perso poi la sua vera identità, la sua vera essenza, il suo vero io insomma.

La verità è questa (l’ha affermata lei stessa come sempre): “È cambiato tutto in questi anni e mi sono dovuta reinventare. Mi sono messa a studiare e ho capito che il mio posto è il passato, ma con uno sguardo contemporaneo”. In pratica Giorgia, dopo mesi trascorsi a chiedersi come cercare la sua (nuova) collocazione, ha capito che l’avrebbe trovata solo a metà strada tra passato e presente, nell’esatto punto di incontro tra quello che esisteva ieri e quello che esiste oggi, in quello cioè in cui innovazione e tradizione si incontrano, si scontrano, si fondono tra di loro.

Dobbiamo ammetterlo, questo è un po’ quello che è accaduto non solo alle sue coetanee, ma anche ad artiste navigate che hanno intrapreso il loro percorso nel mondo discografico in un’epoca molto precedente alla sua e che quindi appartengono a un’altra generazione. Possiamo citare Loredana Bertè (che è riuscita a preservare e conservare la sua verve rock, condendola con il pop, la dance rock), Ornella Vanoni (che ha mantenuto sempre intatta la sua capacità interpretativa che l’ha resa famosa, riuscendo a far confluire le sue influenze jazz e bossanova anche nei suoi singoli e nei suoi feat più attuali), ma anche Orietta Berti (che ha virato verso un pop contemporaneo senza troppe esitazioni e ha scelto di collaborare anche con artisti giovanissimi).

Giorgia – Nanopress.it

Sulla loro scia semplicemente si è collocata anche Giorgia. Punto. C’è poco da aggiungere. E del suo viaggio verso una nuova sé ha parlato sempre nella succitata intervista rilasciata al Corriere.

La genesi di Blu

Ad anticipare Blu ci ha pensato Parole dette male, l’inedito ormai edito che ha permesso a Giorgia di tornare a calcare il celebre palco dell’Ariston dopo circa vent’anni in pratica. Come la stessa artista ha dichiarato a questo proposito: “Il Festival è stato un viaggio sentimentale che sto ancora elaborando: rivedere luoghi, persone, Elisa. E poi c’è la performance: su quel palco non sai mai come finirà”. 

Su quello stesso palco poi Giorgia si è potuta anche togliere finalmente un sassolino dalla scarpa (che più che altro era un masso, dovremmo dire): negli anni c’è chi l’ha accusata di sembrare spesso fredda, quasi distaccata dal pubblico. La “colpa” forse era della sua troppa precisione paradossalmente: quando un artista sembra troppo perfetto a volte finisce per sembrare quasi imperturbabile. E invece quella era solo una facciata e Sanremo lo ha dimostrato ampiamente: bastava vedere la sua emozione durante la prima serata per capire quanto anche lei avesse delle fragilità talmente grandi da renderla “meno artista” e “più essere umano”. E così oggi la cantante può anche cancellare, grazie al Festival, la sofferenza dovuta a quelle accuse lunghe anni. “Sono felice di avere imparato a vivere l’emozione per quello che è”: così si è limitata a commentare il tutto, senza dare adito a polemiche, ma solo affermando sé stessa.

Ma da dove arriva esattamente Blu, il suo nuovo album? Dal mondo dell’r&b anni ’90, contaminato con sonorità contemporanee (questo è stato possibile soprattutto grazie al lavoro del produttore Big Fish). Come ha affermato Giorgia: “Negli anni ho sempre cercato di attingere a quel bacino. Allora sembravo matta, ora che la trap ha portato quei suoni nel mainstream, sembra meno strano”. Ecco che quindi paradossalmente quel mondo (musicale, si intende) che l’ha fatta sentire negli ultimi tempi esclusa, l’ha anche aiutata a rincorrere e raggiungere melodie che prima poteva solo sognare, mentre oggi può usare come basi su cui cantare davvero.

Sia chiaro: non è solo questo il genere che troverete nell’album. Vi sono influenze reggae, in brani come Sì o no, tocchi di soul in Tornerai, sonorità tendenti a una ritmica dark in Meccaniche celesti – che ricorda un po’ Franco Battiato e che, non a caso, è stata scritta proprio il giorno in cui si è diffusa la notizia della sua morte – e potrete sentire anche suonare la cassa dritta in Senza confine. E sia anche chiaro (pt.2): “questi 9 brani sono una selezione che lascia spazio a un seguito”. Quindi potrebbe esserci una sorta di volume due, oppure seconda edizione, oppure ancora parte seconda, chiamatela come volete.

In effetti saremmo tutti curiosi anche di sapere se poi anche nell’eventuale continuum ci sarebbe la stessa durezza che troviamo in testi come Atacama (che, tra l’altro, porta anche la firma di Sissi, una delle cantanti uscite lo scorso anno da Amici), in cui la cantante si lascia andare a paragoni come “dura un secondo come in un porno”. Niente di male, per carità, anzi: non siamo abituati a sentir uscire queste frasi dalla bocca di Giorgia e questa sua nuova veste ironica, quasi irriverente ci piace eccome.

Dobbiamo però precisare che i testi non seguono tutti questa linea: alcuni parlano anche di temi di attualità, temi caldissimi della nostra epoca. Tra questi non possiamo non citare Senza confine, scritta con Elisa, che tocca i temi dell’emergenza climatica e quello dei migranti. Del resto, pochissimo tempo fa Francesca Michielin – che tra l’altro per Giorgia ha scritto Tornerai insieme a Ghemon – aveva affermato a gran voce che gli artisti non devono necessariamente compiacere il pubblico, ma devono anche saper essere scomodi e pare che la sua collega la pensi esattamente come lui: “Gli artisti devono schierarsi e non pensare solo a follower e cuori”. 

A questo proposito, lasciando per un attimo in un angolo l’album, possiamo ricordare un episodio che potremmo definire tragicomico. Tempo fa, Giorgia ricondivise un meme che recitava così: “Anche io sono Giorgia ma non rompo i co***oni a nessuno”. Ebbene, ovviamente il tutto era in chiave ironica, eppure pare che la destinataria della fracciatina (Giorgia Meloni) non abbia preso affatto bene la faccenda. Come la cantante ha ricordato a distanza di tempo: “Era un meme che ho riportato, non l’ho fatto io. Pensavo che avremmo riso tutti, lei compresa, invece abbiamo riso in tre. Spero che quando mio figlio crescerà saprà che mamma credeva in qualcosa”. E la chiudiamo qui, perché non è di politica che vogliamo discutere adesso.

Tornando all’album, c’è poi da discutere anche sulla copertina, su cui lei stessa reinterpreta l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Un’immagine forte, d’impatto senza dubbio, memorabile. Ma perché questa scelta? A quanto pare l’idea non è stata sua, ma di Maria Grazia Chiuri, la direttrice creativa di Dior, che avrete sentito nominare spesso sicuramente durante il Festival essendo colei che ha vestito durante la prima e l’ultima serata Chiara Ferragni. L’idea di fondo comunque era “rappresentare la distanza fra materia e spirito, attitudine spirituale e vissuto razionale: il vestito blu a stelle rappresenta l’appartenere a qualcosa di più alto”.

C’è però un tema che dire controverso è dire poco: quello della scarsità di donne a Sanremo e soprattutto della loro totale assenza nella top five durante la finale. Giorgia si è limitata a commentare l’accaduto così: “Al Festival è andata così. Non credo ci sia volontà di non far emergere le donne. La presenza femminile nella musica riflette quello che accade nel Paese. Ma il clichè sta cambiando: sempre più donne sono anche musiciste, produttrici e autrici”. Secondo la cantante insomma non è assolutamente vero che le donne in musica sono troppo poche, perché oggi il loro numero è crescente. Non c’è bisogno quindi di fare polemica su questo, è stato un caso, stop. Non tutti la pensano come lei, ma è giusto che ognuno formuli una sua opinione e la esponga. Il caso è chiuso.

In ogni caso, è bello sapere che anche un cantante come Giorgia si sia messa in discussione, che abbia cercato di mettersi in gioco nel vero senso della parola, che abbia deciso di fermarsi e ricostruirsi da zero. Questa si chiama umiltà e solo i veri artisti ne sono in possesso.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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