Giorgio Montanini sarà il conduttore dell’ultima puntata di Stand Up comedy, in onda questa sera, lunedì 16 marzo 2015, su Comedy Central, canale 124 di Sky. Attore di teatro prestato alla televisione, Giorgio Montanini ha tutte le carte in regola per portare sul piccolo schermo una nuova comicità, diversa da quella a cui siamo abituati. Ci ha già provato con Nemico Pubblico – di nuovo in onda su Rai 3 a partire dal prossimo 3 maggio – la cui prima stagione ha ottenuto ottime critiche. Ma non è tutto. Giorgio Montanini, infatti, debutterà presto al cinema, nel nuovo film di John Turturro, ‘Tempo instabile con possibile schiarite’, in uscita il prossimo 3 aprile. Di seguito l’intervista integrale che abbiamo realizzato in occasione dell’ultimo appuntamento con Stand Up Comedy.
Questa sera andrà in onda la puntata finale di Stand Up Comedy. Cosa ci dobbiamo aspettare?
La presentazione è un po’ sui generis, divertente, da vedere. Non sarà una presentazione classica, ma di classico non c’è nulla in Stand Up Comedy, quindi anche la presentazione avrà il suo perché all’interno della trasmissione.
In che senso sarà sui generis?
Non voglio anticiparlo. Ti posso dire, però, che è come se facessimo un tuffo nel passato. E’ una sorta di ritorno al futuro, dove passato e futuro si incrociano. E’ come se avessimo usato il futuro per raccontare il passato, diciamo così. Vedendo la trasmissione lo capirete.
Che aria si respira a Stand Up Compedy?
Lo dico sempre, Stand Up Comedy rappresenta il fiore all’occhiello delle trasmissioni comiche in Italia. Non tanto perché ci partecipiamo noi, ma perché siamo gli unici a fare stand up comedy. E’ l’unica trasmissione dove davvero il copione non è controllato: non c’è censura, non c’è alcun limite da un punto di vista culturale, di termini, possiamo dire davvero tutto quello che ci pare. Il limite è il codice penale. E’ lo show comico più libero d’Italia, senza alcun dubbio.
L’atmosfera sembra positiva.
Assolutamente sì. Siamo un gruppo di lavoro, abbiamo un obiettivo comune: siamo contenti di portare questo genere di comicità in Italia, di esserne i pionieri, di scrivere un pezzettino di storia della comicità italiana.
Saverio Raimondo sostiene che in Italia manchi la sketch comedy. Cosa ne pensi?
Noi siamo un Paese che è indietro dal punto di vista musicale, cinematografico, comico, da tutti i punti di vista. Artisticamente è allo sbando. Siamo messi peggio a livello comico che politicamente! I comici che adesso sono considerati comici di punta, fondamentalmente sono comici banalotti, reazionari, con battute su luoghi comuni e barzellette da bar. Un comico che sale sul palco e ha davanti milioni di persone dovrebbe cercare di essere leggermente più avanti del pubblico che lo ascolta perché non avrebbe senso essere pagati per salire su un palco se si è allo stesso livello o peggio del pubblico che ti ascolta. Per quanto riguarda la sketch comedy, noi non abbiamo nessun tipo di comicità – al di là della stand up comedy che sta arrivando – tranne la comicità da cabaret, quella più becera, nazionalpopolare, che, per carità, deve esistere e ci sarà sempre, come i cinepenattoni dei Vanzina, ma il problema è che in Italia è l’unica forma di comicità. E’ come se esistesse solo la musica trash e non ci fossero la musica classica, la musica leggera, il rock, ma solo gli Squallor. C’è un problema.
La comicità a cui siamo abituati è un po’ stantia?
Se intendiamo stantio nel senso di vecchio, sì, è vecchia. Ma tutta la comicità nazionalpopolare non è mai innovativa, non propone mai qualcosa di nuovo. La comicità che deve far ridere tutti è basata sui luoghi comuni e i luoghi comuni sono basati sui proverbi, cioè, su vecchie storie, vecchie credenze e vecchie dicerie. Quindi è stantia per quello. Siani, il comico più famoso d’Italia, è andato sul palco di Sanremo e ha detto ‘Signora si sono rotte le acque, chiamate un idraulico!’, una battuta che negli anni ’60 sarebbe già stata considerata vecchia. Questo lo ha detto il comico più famoso d’Italia. Capisci che stiamo messi male!
Manca una comicità ragionata?
Non vorrei nobilitarla come se fosse la comicità degli intelligenti. Manca la comicità di persone che portano sul palco il loro punto di vista. Manca la comicità fatta col cuore. Il comico è un poveraccio, che porta le proprie miserie sul palco. E’ uno che vive un abisso e ne esce solo quando sale sul palco. Il pubblico che ride è fatto da quelle persone che in quell’abisso un po’ si riconoscono. Il comico non ha niente di bello da raccontare perché le cose belle non fanno ridere.
Dal 3 maggio tornerai a condurre ‘Nemico Pubblico’ su Rai 3. L’anno scorso hai ottenuto ottime critiche, cosa ti aspetti?
La cosa che mi ha disturbato l’anno scorso di Nemico Pubblico è che sia piaciuto a tutti. E’ un peccato, perché una trasmissione che piace a tutti, dietro ha un po’ quella mano paternalistica di chi scrive ‘è la novità, vogliamogli bene’. Non credo che uno possa piacere a tutti, quando succede è perché si è sbagliato qualcosa. Si vede che l’anno scorso ho pigiato troppo poco l’acceleratore su certe cose, quindi quest’anno spero di rompere le scatole a qualcuno, spero che qualcuno si arrabbi, perché un comico che piace a tutti non può essere un comico. Piacere a tutti è impossibile.
Però, al di là delle censure, degli angoli che hai dovuto smussare, forse sei stato apprezzato perché hai introdotto un linguaggio nuovo, una liturgia nuova, una scrittura nuova.
Sono felice che questo sia stato notato perché non avevo video wall in studio: penso che sia una cosa assurda dire ‘e adesso guardatevi la candid’, subito dopo aver finito un monologo. Cosa che in Italia si è fatta fino a ieri, ma ci sono delle tecniche nuove, dei montaggi che ti permettono di dare alla trasmissione un ritmo completamente diverso. Per questo ringrazio Filippo Giardina e Francesco De Carlo, che sono autori con me della trasmissione, con Paolo Lizza e Giovanni Filippetto, perché abbiamo tenuto duro su questo punto. Noi non volevamo fare il comico che va a casa della televisione, ma la televisione che va a casa del comico. E’ una stupidaggine fare il monologhetto e lanciare l’RVM. Solamente chi non ha mai fatto il comico può pensare che si possa fare così, perché il pubblico te lo perdi. Per quanto riguarda il linguaggio, invece, è nettamente nuovo perché è il primo programma di stand up comedy per la Rai e per la tv generalista pubblica. Sono onorato di essere stato il primo.
Giocando sul titolo del programma, chi è il Nemico Pubblico?
Questo titolo è stato scelto non a caso perché ha una duplice possibilità di interpretazione. Posso essere percepito come nemico pubblico perché sbuco all’improvviso nella candid camera e creo scompiglio. Un nemico pubblico perché chi fa satira non è mai accomodante, indulgente con il pubblico, ma anche perché non esita a portare il peggio di sé sul palco. Ma il pubblico si riconosce nei miei lati peggiori e si sente sotto accusa, quindi viene percepito come un nemico, perché nessuno ha voglia che uno salga sul palco e ti faccia sentire un ‘testa de ca**o come me’. Poi perché, rigirando la cosa, non solo nemico pubblico, ma anche pubblico nemico perché, molto spesso, il pubblico è il nemico di se stesso, cercando magari di ergersi a qualcosa che non è. Sono sempre convinto che il pubblico debba fare il pubblico: può applaudire o può andarsene, ma deve fare il pubblico.
Nasci attore teatrale. Quanto è difficile per un attore con un background come il tuo imparare a scrivere per la televisione?
Ho incontrato le prime difficoltà quando mi sono misurato con i primi locali, quando sono passato dal fare l’attore di teatro al comico. A teatro c’è la quarta parete, la parete invisibile che separa il pubblico dall’attore, mentre nella comicità lo stand up comedian deve fare al contrario, cioè, deve distruggere la quarta parete e creare quell’empatia, quel filo che lega il pubblico ad esso. Siamo tutti sulla stessa barca, pur mantenendo ognuno il proprio ruolo. C’è questa distruzione volontaria della quarta parete e l’ho sofferta molto il primo anno, ma questa sofferenza mi è servita perché ho affinato una tecnica, una naturalezza, che adesso è abbastanza soddisfacente. Sento quella scioltezza come se fossi dentro casa, anzi, mi sento meglio sul palco che quando esco per fatti miei.
Hai sostituito Crozza a Ballarò. Se ti dovessero proporre la copertina, accetteresti?
Dopo di me doveva esserci un comico a rotazione e, invece, hanno chiuso la copertina. Così, su due piedi, non saprei rispondere. Di certo, non farei una copertina alla Crozza perché sono due cose completamente diverse, però mi sono divertito. Avere dei politici davanti e vedere con quanta ferocia stavano scrivendo su internet per insultarmi, è il più grosso risultato che potessi ottenere come comico.
Sei nel cast del prossimo film di John Turturro. Strizzi l’occhio al cinema?
E’ una piccola produzione, ma di grandissimo spessore artistico. Uscirà il 3 aprile al cinema e sono l’unico personaggio negativo di tutta la storia. Non è detto che sia l’unica cosa che faccio al cinema. Il cinema è la mia vera passione, sono laureato in Scienze della Comunicazione – Pubbliche Relazioni e Marketing e ho fatto una tesi di laurea sul cinema anni ’60 e ’70 in Italia e i rapporti con il cinema di Tarantino perché amavo il cinema. Andavo persino da solo agli spettacoli pomeridiani, pure quattro volte a settimana.