[didascalia fornitore=”altro”]Daphne Caruana Galizia col figlio Matthew/Facebook[/didascalia]
“Mia madre è stata uccisa perché si era interposta tra lo stato di diritto e coloro che cercavano di violarlo, come molti giornalisti coraggiosi”. Inizia così il lungo post di Matthew Caruana Galizia, il figlio di Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa a Malta nell’esplosione della sua auto. È stato lui ad accorrere sul luogo dell’omicidio a Bidnija, mentre la macchina era ancora in fiamme e i pochi soccorritori gli dicevano che non c’era più nulla da fare: a lui è toccato lo strazio di vedere i resti del corpo della madre “sparsi intorno alla macchina”, mentre due poliziotti, arrivati con un solo estintore in mano, gli chiedevano chi c’era nell’auto. Il suo è un chiaro atto di accusa: la madre è morta per colpa di uno “Stato mafioso” e il premier Joseph Muscat, funzionari di Polizia e politici sono complici e responsabili di questo assassinio.
Le dinamiche dell’uccisione della giornalista sembrano portare l’orologio indietro all’epoca delle stragi di mafia in Italia, quando giudici, sindacalisti e giornalisti saltavano in aria per le bombe della malavita. Non a caso, tra le prime ipotesi c’è quella di una vendetta della malavita, ma le indagini sono solo all’inizio e potrebbero essere complicate dal clima di tensione e fastidio che si era creato contro la giornalista per via delle sue indagini sulla corruzione.
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A dimostrazione di quanto detto, il figlio ricorda che “mentre quel clown del Primo Ministro parlava al Parlamento di una giornalista contro cui ha speso più di decennio a calunniare e molestare”, uno dei sergenti di Polizia che dovrebbe indagare sul suo omicidio, Ramon Mifsud, pubblicava su Facebook questo post: “Ognuno ottiene quello che merita, letame di mucca. Mi sento felice”, con tanto di faccina sorridente.
Il post del figlio è un atto di accusa contro la mala politica e l’incompetenza delle più alte istituzioni che avrebbero permesso l’omicidio con la loro complicità.
“Mia madre è stata uccisa perché si era interposta tra lo stato di diritto e coloro che cercavano di violarlo, come molti giornalisti coraggiosi. Ma lei era stata presa di mira perché era l’unica a farlo. Questo è ciò che accade quando le istituzioni dello stato sono incapaci: l’ultima persona rimasta in piedi spesso è un giornalista. Il che la rende la prima persona che deve morire“, scrive Matthew Caruana Galizia.
I suoi ricordi di quegli attimi vengono affidati ai social, la corsa “nell’inferno del campo, cercando di capire come aprire la portiera, mentre l’auto era in fiamme”. Di fronte ai due poliziotti che erano lì e che, scrive, avevano “un solo estintore”, si è reso conto che non c’era più nulla da fare e ha chiarito che “l’incompetenza e la negligenza” della Polizia avevano provocato tutto questo, lasciandola sola e senza protezione.
Le parole del figlio sono durissime perché “questa è una guerra ed è necessario sapere”. La morte di Daphne Caruana Galizia non è stato “un omicidio ordinario e non è stata una tragedia” continua. “Tragico è quando qualcuno viene investito da un autobus. Quando c’è sangue e fuoco, si chiama la guerra. Siamo un popolo in guerra contro lo stato e la criminalità organizzata, che sono diventati indistinguibili“, è la sua accusa.
Per lui è ormai chiaro che Malta sia “uno Stato mafioso, dove puoi cambiare il tuo genere sulla carta d’identità (grazie a Dio per questo), ma dove puoi essere fatto a pezzi se eserciti le tue libertà fondamentali”.
Se sono arrivati a questo, scrive, è anche a causa di “una cultura dell’impunità” che ha toccato i vertici istituzionali. “È comodo per il Primo Ministro affermare di non fermarsi finché non troverà i responsabili, quando dirige un governo che incoraggia quella stessa impunità. Prima ha riempito il suo ufficio con truffatori, poi ha riempito la polizia con truffatori e imbecilli, poi ha riempito i tribunali con truffatori e incompetenti. Se le istituzioni avessero lavorato prima, non ci sarebbe stato nessun assassinio su cui indagare e io e i miei fratelli avremmo ancora una madre”, è il suo duro attacco.
Il premier maltese Muscat si difende dalle accuse e rilancia la promessa di indagini rigorose, anche con l’aiuto dell’Fbi. Lo ha fatto in un’intervista concessa a Rainews24: “Non voglio dire nulla a un figlio che ha trovato la madre a pezzi”, dice il premier all’inviato della tv italiana a proposito delle pesanti accuse del figlio della giornalista. “Il mio dovere è trovare il mandante di questo orribile delitto”, assicura il primo ministro. “Non avrò un attimo di riposo finché non verrà fatta giustizia”.
Muscat conferma la collaborazione dell’Fbi e di “altre autorità estere” per le indagini e si difende dalle accuse che gli aveva fatto la giornalista, a partire dall’aver fatto di Malta una sorta di “paradiso fiscale” europeo, nutrito dalla corruzione. “Se fosse vero mi dimetterei”, dice il premier.
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