Non tutti sanno che il 13 ottobre è la Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali, istituita dalle Nazioni Unite per ricordare il dramma di coloro che si trovano da un giorno all’altro senza più un tetto in cui vivere a causa di alluvioni, terremoti ed altre calamità, ed anche per celebrare le culture indigene che vivono con sempre maggiori difficoltà la loro condizione, e che spesso rappresentano l’ultimo baluardo a difesa della Natura. Nel solo 2014 sono stati 19,3 milioni gli sfollati a causa dei disastri naturali, la maggior parte appartenenti alle comunità rurali dei Paesi più poveri del pianeta.
‘Molte tradizioni, usi e costumi importanti sono custoditi in lingue che oggi rischiano di sparire. In contesti rurali e urbani, le persone indigene hanno vulnerabilità ed esigenze uniche nella riduzione del rischio e nel recupero post-catastrofe, e allo stesso tempo hanno capacità e conoscenze altrettanto uniche‘, ricorda l’Onu sottlineando l’importanza vitale di queste 370 milioni di persone che vivono in 90 Paesi, le quali in molti casi custodiscono il segreto per vivere in armonia con l’ambiente e porre così un argine ai disastri ecologici, un segreto che si tramanda di generazione in generazione. È quella che gli esperti chiamano resilienza alle calamità ambientali, e di cui ha parlato anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
Dai ripari contro i cicloni delle isole di Vanuatu, situate nel Pacifico meridionale, ai rimedi contro la siccità messi in campo dagli agricoltori del Camerun che immergono i semi di mais e fagioli prima della semina, ‘le conoscenze indigene sono indispensabili per molte società che cercano di vivere in armonia con la natura e di adattarsi ad eventi atmosferici distruttivi, all’innalzamento dei mari e a un Pianeta che si surriscalda‘, scrive il massimo esponente delle Nazioni Unite. Negli ultimi anni c’è stato un incremento dei disastri naturali dovuti ai cambiamenti climatici: dal 2008 al 2014 oltre 157 milioni di persone sono state costrette a spostarsi in ragione dell’aumento di tempeste, alluvioni, siccità e terremoti, e per il 2015 non si prevede un’inversione di tendenza, anzi si teme che il ciclone El Niño possa provocare gli stessi danni e le vittime del 1998, quando morirono almeno 23mila persone nei piccoli paesi insulari dell’area interessata. Se dovesse manifestarsi in tutta la sua furia, El Niño potrebbe lasciare 4 milioni di persone senza cibo e acqua potabile, secondo le stime degli esperti.
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