Giornata mondiale contro il loro minorile. Fenomeno preoccupante anche in Italia con 336mila bambini interessati. Save the Children lancia l’allarme
Oggi, 12 giugno, si celebra la Giornata mondiale contro il lavoro minorile.
Il lavoro minorile lede il diritto di ogni minore “di essere protetto contro lo sfruttamento economico” così recita l’art. 32 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Sebbene la maggior parte dei Paesi abbia ratificato tale Convenzione, unitamente a quella dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il lavoro minorile è un fenomeno ancora dilagante.
Stando all’ultimo rapporto elaborato da Unicef (United Nations International Children’s Emergency Fund) congiuntamente a ILO (International Labour Organization) sono 160 milioni i bambini e gli adolescenti con età compresa tra i 5 e i 17 anni obbligati a lavorare in tutto il mondo.
Nell’ultima relazione si è registrato un incremento di 8,4 milioni di bambini negli ultimi 4 anni. Un dato, questo, preoccupante rappresentando un punto di arresto nel progresso ottenuto nell’ultimo ventennio nell’ambito della lotta allo sfruttamento del lavoro minorile. Si è infatti invertita la precedente tendenza che vedeva il lavoro minorile diminuire a 94 milioni nell’arco temporale compreso tra il 2000 ed il 2016.
Non solo. Circa 79 milioni di bambini sono impegnati in lavori altamente dannosi per la salute e lo sviluppo psico-fisico.
Il triste fenomeno non salva neanche il nostro paese. I dati non lasciano spazio ad alcuna interpretazione: sono 336 mila i minorenni, di età compresa tra i 7 e i 15 anni, coinvolti nel lavoro minorile. A lanciare l’allarme è Save the Children Italia.
Raffaela Milano, direttrice dei programmi italiani ed europei di Save the Children ha dichiarato: “L’ingresso troppo precoce nel mondo del lavoro può compromettere le aspirazioni future e il percorso di formazione e sviluppo verso l’età adulta”.
Così il fenomeno anche nel nostro Paese è ancora largamente diffuso, sebbene sia in gran parte sommerso e difficile da decifrare.
In Italia tra i ragazzi di 14-15 anni, 1 su 5 lavora e tra questi il 27,8%, ossia circa 58mila giovani, svolge lavori dannosi per la salute. Le attività più impattate dal fenomeno sono quelle della ristorazione (25,9%), della vendita al dettaglio di merci (16,2%). Ancora le attività agricole nelle campagne (9,1%), nei cantieri (7,8%) nonché le attività assistenza dei propri cari (7,3%). Ma anche le nuove forme di lavoro online (5,7%), come la creazione di contenuti per i social network e videogames o, ancora, la vendita di prodotti in edizione limitata.
Save the Children Italia invoca un’azione coordinata e congiunta, sui vari livelli, di tutte le istituzioni per tentare di prevenire e contrastare il fenomeno.
Nello specifico chiede che venga condotta un’indagine periodica da parte dell’ISTAT sul fenomeno e si auspica che le amministrazioni comunali si attivino per redigere un programma operativo di prevenzione e contrasto del lavoro minorile. Ancora invoca l’intervento dei servizi sociali affinché ci sia una presa in carico, a livello territoriale, dei minori lavoratori con un’età inferiore ai 16 anni, e dell’intero nucleo familiare, per bloccare lo sfruttamento e garantire un percorso di reinserimento sociale. L’organizzazione internazionale sostiene inoltre che sia fondamentale, a partire dalla scuola secondaria di primo grado, un’adeguata formazione degli studenti sui diritti e sulla disciplina che regolamenta l’attività lavorativa nel nostro paese, con una particolare attenzione a tutti quegli studenti che versano in gravi condizioni economiche.
In ultimo, che si faccia ricorso ai fondi messi a disposizione dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) per il potenziamento delle competenze trasversali, in particolare quelle connesse alla transizione digitale e green dei più giovani.
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