Come ogni 21 gennaio, oggi si celebra la Giornata mondiale degli abbracci, una ricorrenza che quest’anno assume tutto un altro significato.
Nata nel 1986 negli Stati Uniti da un’idea di Kevin Zaborny per contrastare la nostalgia data dalla fine delle festività natalizie e dal blue monday (il terzo lunedì di gennaio), ha l’intento di ricordate l’importanza del calore umano e dell’affetto, valori oggi ancora più importanti. Un gesto semplice quanto sempre più raro, oggi quasi fuorilegge.
A causa del Covid, abbiamo imparato a rinunciare quasi del tutto al contatto fisico con le altre persone: questo ha significato non poter più confortare ed essere confortati, dimostrare amore e affetto e anche sentirsi amati. Una situazione dolorosa soprattutto per chi è stato infettato dal virus ed è morto in solitudine, lontano dai propri cari che non hanno potuto salutarlo.
L’uomo, come gli animali, è geneticamente progettato per abbracciare, per cercare conforto fisico nei momenti di difficoltà. Stringere a sé qualcuno abbassa i livelli di ansia, ci tranquillizza e ci fa sentire più protetti.
A Milano addirittura esiste il Biancolatte Hugs, un bar pieno di peluche dove è possibile praticare la Hug Therapy: un ritorno alla serenità dell’infanzia per ridurre lo stress fisico e mentale.
Proprio in questo momento così difficile per tutti ma soprattutto per chi è isolato, in cui un abbraccio servirebbe più che mai, è purtroppo negato. La Giornata mondiale degli abbracci è un invito alla riflessione sul peso che diamo a questo gesto e quale gli daremo una volta finita la pandemia.
Chi ha un parente, magari un genitore, ricoverato in una RSA conosce bene il valore del tempo a disposizione da passare insieme e anche il ruolo che ha un abbraccio per sentirsi vicini.
In alcune strutture sono state create delle “stanze degli abbracci” dove tramite dei teloni trasparenti, ospiti e visitatori possono abbracciarsi in sicurezza. Nonostante il filtro, viene trasmesso l’affetto e la forza per resistere in questo momento storico.
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