Più di 15 mila italiani sotto i 31 anni e molti dei quali laureati, si trovano in Australia con un visto temporaneo di “Vacanza Lavoro”. Finiscono per trovare impiego nelle aziende agricole del Paese, le “farm”, con orari di lavoro estenuanti e paghe inadeguate, sfruttati e in alcuni casi addirittura molestati dai datori di lavoro. Questo è quanto riportato da Corriere.it qualche giorno fa.
Dopo un primo momento di sgomento vista la orribile situazione riportata nella notizia, le repliche non sono tardate ad arrivare. Se ne parla ovunque, tanto che proprio ieri è stata pubblicata una ulteriore testimonianza da parte di Corriere.it, a favore di quanto scritto. Ogni Paese ha i suoi delinquenti, ma in questo come in molti altri casi non è la regola.
La reazione sui social
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Subito è scoppiata la polemica sui social da parte di chi, invece, ha vissuto una bella e consapevole esperienza nel paese dei canguri. Tantissimi i giovani, soprattutto quelli facenti parte del gruppo “Italiani a Sydney” che riportano la loro esperienza come positiva, alcuni raccontano di aver guadagnato “1000 dollari a week nei periodi buoni“, la sera? Feste con gli amici conosciuti al lavoro, un altro aspetto che in molti sottolineano dell’esperienza australiana. “In Australia si sta da Dio: 35 dollari all’ora nelle farm e 45/50 se sai usare il trattore”, commentano alcuni.
Non mancano le reazioni di chi non è d’accordo con i giovani dei quali sono state riportate le testimonianze: “Gli schiavi sono quelli incatenati e obbligati, questi ragazzi scelgono di lavorare e ne pagano il prezzo per raggiungere i propri obiettivi”. Altri commentano che se si vuole lavorare nei campi, bisogna sapersi adeguare agli orari della natura, si sa. Insomma, it’s up to you!
La testimonianza dall’Australia
Noi di NanoPress abbiamo raccolto anche la testimonianza di Giorgia Saldi, milanese di 27 anni, che di esperienze lavorative all’estero se ne intende da tempo: dopo la laurea alla Bocconi nel 2010, a soli 23 anni si è trasferita in Inghilterra per un breve periodo e quindi, rientrata in Italia, dopo aver passato 5 mesi da disoccupata in cerca di impiego, ha deciso di stabilirsi definitivamente lì fino a febbraio 2015, quando ha deciso che la sua meta sarebbe stata l’Australia.
«Cercando nel web e sfruttando Facebook sono riuscita a mettermi in contatto, prima della partenza, con persone che già stavano vivendo questa esperienza, per farmi un’idea di ciò che avrei dovuto preparare per l’espatrio», racconta Gee, come la chiamano i suoi amici anglofoni, «Una volta qui è stato tutto più semplice: conto corrente, Tax file Number, Medicare, Opal.. Sistemati i cavilli burocratici e trovato un appartamento a Sydney, ho iniziato la ricerca del lavoro. Sempre grazie a Facebook sono riuscita ad ottenere un contratto e dopo due colloqui ho iniziato a lavorare per un’impresa italo-australiana di import/export calzature e moda, come accounts assistant».
Giorgia ci racconta, essendosi anche lei informata al riguardo, che la maggior parte dei giovani che hanno ottenuto il visto di “Vacanza Lavoro” per un anno trovano impiego nel settore “Hospitality”, specialmente all’inizio, e lavorano come camerieri, baristi, aiuto cuoco o altro. Per poter estendere il visto ad un secondo “Vacanza Lavoro”, bisogna aver lavorato per almeno 88 giorni in determinati settori come agricoltura e allevamento, pesca, settore minerario ed edile, lavori forestali, volontariamente o a pagamento, anche se in questo caso sono richieste più ore di lavoro.
«Personalmente non ho ancora deciso se rinnovare il visto o meno, ma trovo che il fatto che il governo lo faccia sudare sia una cosa più che positiva: meritare per ottenere. Inoltre, la minima paga oraria per legge è di 17 dollari, quindi chi fa lavori rurali viene pagato anche bene e ricordiamoci che il tornaconto è sempre l’estensione del visto», spiega Giorgia, che ci tiene a sottolineare quanto si sia sentita accolta in Australia, un Paese multiculturale. «Ha tanto da offrire ma ciò non significa che siano tutti in grado di trovare fortuna, specialmente coloro che non hanno voglia di rimboccarsi le maniche», commenta.
Non solo australiani, ma anche tanti italiani l’hanno aiutata a sentirsi meno lontana da casa e hanno condiviso con lei questa esperienza. «Noi italiani in Australia, d’altro canto, siamo consapevoli e fieri delle nostre scelte!», dice Gee.
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