Neanche la morte di un cittadino italiano, ucciso in un attacco contro il terrorismo da droni USA dopo tre anni dal suo rapimento da parte di Al Qaeda, è riuscita a rovinare il weekend ai parlamentari. A 24 ore dall’annuncio della scomparsa di Giovanni Lo Porto, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha riferito alla Camera sulla vicenda in un’Aula vuota. Solo 39 si sono fermati ad ascoltare il ministro: 591 deputati hanno deciso che, siccome era venerdì e non c’era stato il giusto preavviso, era meglio partire da Roma per il fine settimana. Così a Montecitorio, oltre alla Presidente Laura Boldrini, il ministro Gentiloni e il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, erano presenti 16 deputati del PD, 3 di Pi, 7 di FI e M5S, gli altri di NCD e SEL. Nel giorno dell’annuncio della morte di Lo Porto, da tutte le forze politiche di opposizione era arrivata la richiesta urgente di chiarimenti, tanto da costringere il governo a organizzare tutto nel più breve tempo possibile. Tutto inutile: meglio correre a prendere l’aereo o il treno che rendere omaggio a un italiano morto perché aveva aiutato i più deboli.
“Giovanni Lo Porto ha dedicato la sua vita agli altri”. Così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ricorda il cooperante italiano ucciso in un attacco americano al confine tra Pakistan e Afghanistan lo scorso gennaio. Nell’informativa alla Camera, apertasi con il minuto di silenzio, il titolare della Farnesina ha specificato che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha informato Matteo Renzi nella giornata di mercoledì, e che ha deciso di dare la notizia di persona nella mattinata successiva (il pomeriggio italiano) per “chiedere scusa e assumersi tutta la responsabilità”.
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Nel suo intervento Gentiloni ha ricordato il cooperante palermitano, descritto come “coraggioso ed esperto”, che ha dedicato la sua vita agli altri con “convinzione e consapevolezza, con entusiasmo e determinazione”. Come lui, ricorda il ministro, ci sono migliaia di volontari italiani impegnati in tutto il mondo. “In questi tempi crescono i pericoli e deve crescere la prudenza e il sostegno nostro del governo e del Parlamento. Il loro lavoro fa onore all’Italia”.
Lo Porto era stato rapito il 19 gennaio 2012 con il collega tedesco Bernd Muehlenbeck, mentre si trovava a Multan, città nel Punjab, nord del Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Entrambi lavoravano per la Ong tedesca Wel Hunger Hilfe, ma i due ostaggi erano stati divisi. Il collega tedesco era stato liberato il 10 ottobre 2014 alla periferia di Kabul. Di Lo Porto invece non si avevano più notizie da allora, fino alla conferma arrivata dagli Stati Uniti. “Tale informazione è stata fornita appena finalizzate le verifiche USA che si sarebbero protratte per 3 mesi per la particolare natura del luogo in cui è avvenuta l’operazione anti-terrosimo, zona dove sono in corso ampi contrasti, anche per le difficoltà a identificare le persone colpite”, chiarisce Gentiloni.
“Il governo prende atto dell’impegno alla massima trasparenza assunto da Obama”, ha proseguito confermando che, appena avuta la notizia, l’Unità di crisi della Farnesina ha informato subito la famiglia e che in questi anni sono sempre stati in contatto con la madre e i fratelli di Giovanni.
“L’operazione era stata organizzata per colpire un importante esponente di Al Qaeda, l’americano Ahmed Farouq. Il governo USA ha confermato che non c’erano informazioni sul fatto che gli ostaggi fossero lì”, sottolinea.
“Sul fatto è stata già aperta un’inchiesta della magistratura. Posso assicurare che c’è sempre stato uno stretto coordinamento in questi 40 mesi con la nostra Unità di crisi. Era nostro dovere farlo: lo abbiamo fatto prima, lo facciamo ora per Padre Ignazio Dall’olio e Ignazio Scaravilli”. Gentiloni ha confermato continui contatti anche sul territorio. “L’ultima notizia su Giovanni era dell’autunno scorso. In seguito quella zona ha visto sempre più operazioni militari, cosa che ha reso più complessa l’attività di ricerca di informazioni in loco”.
“Assicuro che l’Italia troverà il mondo per onorare la memoria di Giovanni e che lavoreremo per avere il massimo delle informazioni possibili sulle circostante del tragico errore riconosciuto da Obama. I tragici errori e le colpe che si è preso il Presidente USA non incrinano la determinazione del governo nella lotta contro terrorismo. È una minaccia seria, e continueremo a collaborare con gli alleati e sostenendo l’azione delle forze in campo con l’unità del Parlamento”, conclude.
La morte di Giovanni Lo Porto
Giovanni Lo Porto, cooperante italiano rapito nel gennaio 2012 in Pakistan, è morto nel corso di un raid USA effettuato lo scorso gennaio con droni della Cia in Afghanistan contro Al-Qaeda. A dare la conferma è la Casa Bianca: l’obiettivo dell’attacco era un compound del gruppo terrorista dove si trovava anche l’italiano. Nella stessa azione il Pentagono conferma la morte di un cooperante USA, l’esperto di sviluppo Warren Weinstein, e di un dirigente di Al-Qaeda, Ahmed Farouq. Lo Porto era stato rapito il 19 gennaio del 2012, insieme al collega tedesco Bernd Muehlenbeck, mentre si trovava a Multan, città nel Punjab, nord del Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Entrambi lavoravano per la Ong tedesca Wel Hunger Hilfe, nell’ambito di un progetto finanziato dall’UE per soccorrere la popolazione del Pakistan sconvolta da un violento terremoto e un’alluvione. Da allora non si erano avute più sue notizie.
Obama: ‘Mia responsabilità, chiedo scusa’
“Confermo che due ostaggi, il cittadino USA Warren Weinstein e l’italiano Giovanni Lo Porto sono morti, tragicamente uccisi in un operazione degli Stati Uniti contro il terrorismo“. Così Barack Obama ha dichiarato nella conferenza stampa organizzata per dare la notizia della morte del cooperante italiano . Il presidente USA ha chiesto scusa per il “tragico errore” che è costata la vita ai due uomini. “Erano prigionieri in Pakistan e cercavano di migliorare la vita della popolazione“, ha ricordato Obama parlando delle due vittime. “Abbiamo fatto di tutto per liberarlo. Abbiamo lavorato con gli alleati italiani per salvare Giovanni. L’obiettivo dell’operazione era bloccare i terroristi. Ho parlato con il premier Renzi e, come padre, non posso immaginare la rabbia e la tristezza delle famiglie coinvolte. Il nostro cuore è spezzato“.
“Come comandante in capo, mi prendo tutta la responsabilità di queste operazioni, compresa quella che ha portato alla morte di Giovanni e Warren e chiedo scusa alle famiglie“, prosegue, promettendo che saranno resi pubblici i dettagli dell’operazione “perché le famiglie meritano di sapere la verità. Non sapevamo che nello stesso compound Al-Qaeda stesse nascondendo Giovanni: la lotta al terrorismo comporta anche questi tragici errori“. Obama ha definito Lo Porto “un esempio di luce” per il suo impegno nei confronti dei più deboli. “Il lavoro di Giovanni l’ha portato in tutto il mondo, ad Haiti e in Pakistan. Era pieno di passione. Il suo lavoro riflette l’impegno dell’Italia, che è un alleato molto importante. Siamo legati all’Italia dagli stessi valori“, ha dichiarato, ricordando “l’esempio di questi due uomini brillerà a lungo, sarà una luce per chi è rimasto“.
Da Palazzo Chigi arriva una nota in cui si spiega che Renzi era stato informato direttamente da Obama della morte di Lo Porto da Obama già mercoledì. “L’Italia porge le più sentite condoglianze alla famiglia di Giovanni Lo Porto.“, si legge nella nota. “Esprimo profondo dolore – aggiunge il premier – per la morte di un italiano, che ha dedicato la sua vita al servizio degli altri. Le mie condoglianze vanno anche alla famiglia di Warren Weinstein“. Il governo conferma che, avuta la notizia, è stata subito allertata l’Unità di Crisi della Farnesina che si è messa subito in contatto con la famiglia.
Chi era Giovanni Lo Porto
Di Giovanni Lo Porto, cooperante palermitano di 39 anni, non si avevano più notizie da quando fu rapito in Pakistan, il 19 gennaio 2012. Fu sequestrato insieme ad un collega tedesco, Bernd Muehlenbeck, 59 anni, a Qasim Bela, nella provincia del Punjab, dove lavorava per la ong tedesca Welt Hunger Hilfe (Aiuto alla fame nel mondo). Il compito della Ong era portare aiuto nei lavori di ricostruzione dell’area colpita duramente dalle inondazioni del 2011.
Giovanni, Giancarlo per amici e familiari, si trovava a Multan, nella provincia del Punjab, a cavallo tra Pakistan e Afghanistan, dove stava lavorando come capo progetto. L’unica notizia trapelata fino a oggi è un video del dicembre del 2012 in cui il suo collega Bernd Muehlenbeck chiede aiuto al governo tedesco. “Ora siamo in difficoltà. Per favore accogliete le richieste dei mujahidin. Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o tra tre giorni“, dice Bernd nel video. Giovanni non compare, ma il suo collega parla al plurale, particolare che ha fatto ben sperare sulle condizioni del nostro cooperante. Da allora, però, non si è saputo più nulla.