La storia di abusi, soprusi, violenza psicologica che ha coinvolto le farfalle di ginnastica ritmica sta diventando ormai tutto un botta e riposta tra le protagoniste e le antagoniste. Da un lato, abbiamo Emanuela Maccarani, indagata per essere stata la carnefice di tutto e dall’altra ci sono le ex atlete che per anni hanno sopportato in silenzio vessazioni e che sono pochi mesi fa hanno trovato la forza e il coraggio di parlare, nella speranza di cambiare un sistema basato su umiliazioni e angherie che hanno condotto in molti casi a seri problemi alimentari.
Come si fa a spiegare a chi non ci è mai passato cosa significhi sentirsi umiliate, soprattutto quando si è bambine oppure adolescenti, per il proprio fisico, sentirsi sminuite, sbagliate. Come si fa a far comprendere a chi ormai è adulto e da giovane non ha mai vissuto tutto questo il senso di umiliazione, di sconfitta interiore, di malessere. Ma, soprattutto, come si fa a spiegare a chi tutto questo lo ha causato e non subito quanto queste ferite possano continuare a fare male per anni, perché sono talmente profonde da minare la propria autostima, che resterà sempre almeno un pochino traballante. E basterà solo una parola per riportare alla mente i soprusi subiti, anche decenni dopo. Questo è più o meno quello che è accaduto alle farfalle di ginnastica ritmica per tempo immemore, almeno fino a quando tre ex atlete, Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Galtarossa, hanno deciso di dire basta e di ribellarsi a un sistema che non le ha mai tutelate, ma le ha sempre trattate come corpi che dovevano rincorrere ideali impossibili da raggiungere e che non potevano assolutamente mostrarsi imperfetti per canoni rigidissimi prestabiliti, perché anche solo un etto in più dello “standard” era sinonimo di umiliazione.
La vicenda delle atlete di ginnastica ritmica
Che il mondo dello sport fosse fatto di luci e ombre, chiunque abbia praticato una qualsiasi disciplina a livello agonistico lo sa benissimo. Ma che potesse arrivare un’intera Federazione a coprire soprusi, abusi, violenze psicologiche, forse nessuno poteva aspettarselo. Ovviamente parliamo della ginnastica ritmica, le cui farfalle hanno deciso di uscire fuori dal loro guscio, per poter finalmente urlare al mondo tutto quello che hanno dovuto sopportare per anni.
Le prime a parlare sono state Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Galtarossa, ma alle loro voci ben presto si sono aggiunte quelle di altre atlete ed ex atlete, che hanno formato un coro così forte da riuscire a buttare giù il muro dell’indifferenza dietro cui per tempo immemore si erano trincerati dirigenti, allenatori, atleti.
E sia chiaro, questo non riguarda affatto solo questo sport, perché piano piano anche atlete di altre discipline hanno iniziato a parlare, mostrando uno scenario molto simile praticamente quasi ovunque. A quanto pare questo è un problema radicato più o meno in tutti gli sport, in tutto il Paese (ma probabilmente anche all’estero). E in quanto tale sarà sicuramente più difficile da sradicare, ma difficile non significa impossibile e le atlete lo sanno bene.
La principale indagata per questi maltrattamenti resta sempre lei: Emanuela Maccarani, la direttrice tecnica della Nazionale di ginnastica ritmica. Insieme a lei, la sua assistente Olga Tishina. Entrambe oggi sono state deferite dalla Federazione, ma pare che soprattutto la prima non riesca proprio ad accettarlo e ad ammettere la sua colpevolezza.
A dimostrarlo sono le sue ultime dichiarazioni rilasciate alla stampa, arrivate dopo la sua richiesta alla Procura di Monza per un incidente probatorio sui cellulari sequestrati, tra cui il suo ovviamente.
Una premessa su di lei va fatta: per quanto riguarda le sue sorti, tutto sarà stabilità oggi alle 14, nella Sala Giunta del Coni a Roma dal Consiglio direttivo della Federginnastica – presieduto Gherardo Tecchi – che si riunirà proprio per capire cosa accadrà a lei e alla sua assistente. Verosimilmente gli scenari che potrebbero aprirsi davanti ai suoi occhi sono tre.
Potrebbe continuare a ricoprire entrambi i ruoli assegnatele in precedenza, cioè quello di d.t. e di allenatrice della nazionale, però ovviamente solo in attesa di sviluppi giudiziari. Ad oggi, infatti è al centro di due indagini, una della giustizia ordinaria e una di quella sportiva. In alternativa, potrebbe essere sollevata da entrambi gli incarichi, ma questo significherebbe cercare una sua degna sostituta in tempi record siccome manca solo un anno e mezzo alle Olimpiadi di Parigi (che per gli atleti è pochissimo) e che il pass va ottenuto ai Mondiali di Valencia previsti per fine agosto (quindi tra soli sette mesi). Infine, ci sarebbe una terza opzione, secondo cui la Maccarani potrebbe restare solo allenatrice e dire addio al suo ruolo di direttrice tecnica di Desio.
Detto ciò, a scuotere l’opinione pubblica sono state le parole della diretta interessata. “Passo per la cattiva, mi manderanno via. Ma non ho offeso nessuna ginnasta”: con queste parole la Maccarani ha tentato di discolparsi in un’intervista rilasciata al Corriere. Ma attenzione, perché questo è solo l’inizio della scia di giustificazioni addotte per farsi scivolare di dosso le accuse che le sono state mosse negli ultimi mesi: “Non trovo senso alle accuse, ma capisco che c’è una nuova sensibilità verso body shaming, bullismo, abusi, violenza verbale. E c’è chi ha ritenuto di farci un investimento. Coi social poi viaggia tutto più veloce”.
Se volessimo analizzare parola per parola questa sua dichiarazione ci renderemmo subito conto che quello che voleva intendere è che in questa epoca è facile marciare su concetti caldi come il bodyshaming (quando in realtà questo tema è diventato così caldo oggi proprio perché per troppo tempo è stato insabbiato e troppe persone hanno dovuto sopportare soprusi in silenzio) e che oggi, anche grazie all’avvento dei social, è facile guadagnare da dichiarazioni così forti. Se così fosse sarebbe abbastanza grave, considerando che le protagoniste dei fatti in questione hanno avuto problemi alimentari seri durante e dopo gli allenamenti e che quindi non c’è nulla su cui “guadagnare”, ma vogliamo credere nella sua buona fede, quindi diciamo che non era questo che voleva intendere.
Un’altra dichiarazione però lascia meno spazio alle interpretazioni: “Ho letto frasi identiche nello scandalo della ginnastica in Svizzera e negli Usa: maialino, sei grassa. Frasi che io non ho mai pronunciato. Vedo una regia mediatica, ora tocca alla ritmica. Ed è giustissimo occuparsene, lo stavo già facendo sotto la mia direzione tecnica. (…) Da ginnasta non sono stata vessata in alcun modo. Il mio motto è: fai il contrario di ciò che hai visto fare male. (…) Sono coach, non mamma, ma se qualcuna mi chiede un abbraccio non mi tiro indietro. E prenoto anche la pedicure”.
Ma non finisce qui, perché la Maccarani ha anche parlato di alcune delle atlete che l’hanno accusata, partendo da Anna Basta, una delle primissime a rompere il silenzio. L’ex ginnasta ha detto addio allo sport quasi tre anni fa. A quanto dice la d.t. il suo problema “non erano i chili, era la tecnica”. Stando alle sue dichiarazioni, essendo quello l’anno precedente alle Olimpiadi, si doveva quindi decidere quale delle ragazze sarebbe partita e la basta sarebbe stata la sesta su cinque posti disponibili. A detta della Maccarani, quindi, l’atleta è sparita ed era per questo in cerca di un alibi.
Parlando poi della Galtarossa, la direttrice ha detto che nel 2013 è diventata una sua assistente e che la pesa durante le Olimpiadi di Rio l’ha sempre fatta lei. A questo proposito, proprio lei ha deciso di rispondere in un’intervista rilasciata a Repubblica.
La risposta di Giulia Galtarossa
Giulia Galtarossa, ancora una volta, non ci sta e decide di rispondere a Emanuela Maccarani, che ha messo praticamente in dubbio la veridicità delle sua dichiarazioni sugli abusi subiti. “Le accuse? Arrivano tutte da ginnaste che non hanno fatto le Olimpiadi, guarda caso”, aveva affermato la d.t. e la replica di una delle dirette interessate non ha tardato ad arrivare. “Io sono stata due volte campionessa del mondo. Non ho gareggiato alle Olimpiadi per colpa della sua ossessione sul peso. Mi sono ammalata per questo. Sono stata in cura per anni”.
A quanto pare la Maccarani, dopo aver letto il suo primissimo sfogo a mezzo social, l’avrebbe chiamata chiedendole di non portare avanti la vicenda. Per quanto riguarda il rito del peso – definito dalla direttrice inesistente e inventato, l’ex atleta ha confermato che invece c’è stato e c’è ancora, tanto che sia lei, che Anna Basta che Nina Corradini hanno fornito la stessa versione dei fatti, nonostante si siano allenate in periodi diversi. E a proposito della responsabilità della Maccarini ha detto “Lei scarica tutto sulle sue collaboratrici, ma è sempre stata responsabile”.
Quest’ultima poi ha esplicitamente parlato del periodo in cui hanno lavorato insieme e della pesa che lei avrebbe fatto a Rio. A questo proposito la Galtarossa ha detto: “Avevo espressamente chiesto alla Maccarani di non costringermi a pesare le ginnaste. Perché stavo ancora affrontando la mia malattia del disturbo del comportamento alimentare. Nel corso degli anni, essendo sua assistente, mi ci sono ritrovata. Prima di ogni allenamento mi chiedeva di riferirle i pesi. Ma quando capivo che una ragazza era in difficoltà, scrivevo un peso inferiore sul quaderno perché sapevo che altrimenti la sua giornata sarebbe stata compromessa”.
Insomma a quanto pare a tutto c’è una spiegazione e anche questo caso ne è l’ennesima dimostrazione.