L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato ha parlato della strage di Ustica, addebitando la colpa alla Francia e pretendendo delle scuse.
L’ex premier è stato intervistato da Repubblica in merito all’incidente aereo del 1980 e ha rilasciato dichiarazioni molto forti accusando la Francia: “Fu un missile francese a provocare l’incidente perché voleva colpire Gheddafi, che però fu avvertito da Craxi e non salì sul Dc9 che poi fu abbattuto portando alla morte di 81 innocenti. Macron chieda scusa e riconosca lo sbaglio del Paese, credo sia doveroso nei confronti dell’Italia e delle famiglie delle vittime che ancora aspettano giustizia”.
L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato ha parlato in queste ore di un argomento molto delicato che costituisce forse l’incidente aereo più noto della storia del nostro Paese. Parliamo della strage di Ustica, che prende il nome dalla zona che l’aereo sorvolava quando è stato abbattuto da quello che secondo Amato, era un missile appartenente alla Francia.
L’incidente che colpì l’aereo della compagnia Itavia avvenne fra le isole italiane di Ponza e Ustica, il 27 giugno del 1980 alle 20.59. Sono state fatte tante ipotesi nel corso degli anni e la vicenda non è ancora completamente risolta nonostante il tempo passato a indagare e chiarire la dinamica che portò allo schianto del volo nel mar Tirreno, con la conseguente morte degli 81 civili a bordo.
Oggi Giuliano Amato, che all’epoca dei fatti era nelle file del PSI accanto a intellettuali vicini ad Antonio Giolitti, è tornato a parlare di nuovo di quel disastro aereo, quarto nella storia italiana per numero di vittime. Intervistato da Repubblica, l’ex premier ha avuto un tono accusatorio verso la Francia: “La strage di Ustica fu causata da un missile sganciato dalla Francia per colpire Gheddafi, che doveva volare su quell’aereo ma fu avvertito per tempo da Bettino Craxi e non vi salì. Così l’attentato fallì ma persero la vita 81 innocenti”.
Il Dc9 della compagnia aerea Itavia si inabissò e secondo Amato non ci sono dubbi: attribuisce con fermezza la responsabilità alla Francia. “Era scattato un piano per colpire l’aereo dove avrebbe viaggiato il leader libico ma la trappola non funzionò. Nulla riporterà indietro quegli innocenti ma quello che chiedo è un passo avanti da parte di Macron, ammettendo le colpe del suo Paese. È un presidente giovane e lontano anagraficamente da quel disastro, motivo per cui può togliere la macchia che pesa sulla Francia e chiedere scusa, credo che i parenti delle vittime ne abbiano il diritto”.
A distanza di 43 anni dalla tragedia, secondo Amato è arrivato il momento di fare chiarezza su un terribile segreto di Stato e non ha risparmiato accuse nemmeno verso la Nato, che a suo dire ha occultato in questi anni tante informazioni.
“Macron deve impegnarsi a fare chiarezza dimostrando l’estraneità di Parigi oppure al contrario, porgendo le scuse all’Italia. Ad ogni modo, chiedo a chi sappia qualcosa, di parlare: avrebbe grandi meriti verso la storia e verso i familiari di quegli innocenti”.
Per quale motivo quell’aereo venne abbattuto? La versione più attendibile secondo l’ex premier è quella proprio in cui la colpa sarebbe dell’aeronautica francese, che insieme a quella americana partecipò a quella guerra nei cieli per “fare la pelle” a Gheddafi. “Il piano prevedeva di simulare un’esercitazione della Nato che avrebbe consentito di far passare per incidente di percorso, il missile sganciato verso il leader della Libia. Questo però fu avvertito tempestivamente e non salì a bordo”.
Amato avrebbe scoperto della soffiata di Craxi solo più tardi, sebbene non ci siano prove di questo dettaglio. “Craxi era amico di Gheddafi e dei palestinesi. Avrebbe tentato di non far emergere il suo coinvolgimento nella faccenda poiché la Nato lo avrebbe accusato di spionaggio”.
Sono state scritte pagine immense sulla strage di Ustica e tante ipotesi si sono intervallate negli anni. Forse quella veritiera è questa, abbastanza semplice, fornita da Amato.
L’incidente aereo del 27 giugno del 1980 avvenne nella parte meridionale del mar Tirreno, appunto fra Ponza e Ustica. Il volo della compagnia Itavia era partito da Bologna in direzione Palermo. L’aereo perse il contatto radio durante il tragitto, non è chiaro cosa sia successo ma l’aeromobile venne recuperato nel mar Tirreno in due grandi spezzoni. Nell’impatto morirono tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio.
Altre ipotesi meno accreditate parlano di un attentato di natura terroristica, infatti si ipotizzava della presenza di una bomba a bordo. Tuttavia alcune successive verifiche mostrarono che alcune parti della fusoliera erano rimaste intatte, dettaglio incompatibile con un’esplosione interna.
Nel 2007 Cossiga fornì un’altra motivazione. All’epoca dei fatti era presidente del Consiglio e a ricoprire la carica di ministro dell’Interno era proprio Giuliano Amato. In sostanza le versioni dei due politici sono le stesse e questa tesi è alla base della decisione della Cassazione per la condanna civile e per il risarcimento alle famiglie di chi quel giorno perse la vita. La ricostruzione dei fatti di Cossiga è la stessa che oggi ha confermato Giuliano Amato.
Prima dell’incidente, l’Itavia era già piena di debiti ma questo fu l’ennesimo duro colpo e infatti, cessò l’attività pochi mesi dopo. Nel 2018 è arrivata la condanna per i ministeri delle Infrastrutture e della Difesa, a risarcire gli eredi del titolare di Itavia (Aldo Davanzali) per la crisi finanziare che la compagnia affrontò dopo la strage di Ustica. I ministeri furono riconosciuti colpevoli di non aver controllato la situazione di rischio nei cieli, dove aerei militari che non avevano le dovute autorizzazioni e non erano stati identificati, riuscirono a incrociare la rotta di quel volo senza problemi.
Dopo ore dalla perdita dei contatti radar e grazie alle ricerche congiunte con elicotteri, aerei e navi, affiorarono i primi detriti a 110 chilometri a nord di Ustica. Poi del carburante e in seguito i cadaveri dei passeggeri. Dalle perizie, è emerso che il velivolo precipitò nel Tirreno dopo essersi spezzato, in un’area dove la profondità dell’acqua arriva a oltre 3.000 metri.
Proprio Giuliano Amato stanziò i fondi per il recupero del relitto, che si trovava a 3.700 metri di profondità. Venne ricomposto in un hangar dell’aeroporto di Pratica di Mare e rimase a disposizione della magistratura per le indagini. Dal 2006 si trova nel Museo della Memoria a Bologna.
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