Sul corpo di Giulio Regeni, trovato il 3 febbraio scorso alla periferia del Cairo, erano evidenti i segni di torture e sevizie alle quali, secondo l’esame autoptico, il giovane è stato sottoposto nei giorni successivi alla sua scomparsa, il 25 gennaio, prima di essere ucciso. A oltre sette mesi dell’omicidio, l’autorità giudiziaria egiziana non ha ancora fornito una pista credibile sul caso del ricercatore friulano rapito e assassinato. E a Roma i pm italiani incontrano ancora una volta i magistrati egiziani dopo il fallimentare meeting di aprile. E la madre di Giulio Regeni accusa: “L’hanno usato come una lavagna, è stato il suo corpo, riconoscibile solo dalla punta del naso, a rimandare indietro ogni depistaggio. A stroncare il tentativo di accreditare che fosse drogato o vittima di un incidente stradale”.
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Sul fronte delle indagini sulla morte di Giulio Regeni qualche novità potrebbe arrivare dalle carte spedite a Roma dall’Università di Cambridge. La documentazione è arrivata alla procura di Roma a seguito della rogatoria partita dopo la trasferta, del 6 giugno scorso, del pm Sergio Colaiocco che indaga sul caso. Si tratta di un ampia documentazione sull’attività svolta dal ricercatore friulano presso l’università inglese. Una seconda tranche di materiali arriverà nei prossimi giorni dal College di Girton, altra struttura dell’università britannica nella quale studiava Giulio.
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I due giorni di incontri tra magistrati italiani ed egiziani iniziano oggi 8 settembre e dovrebbero essere decisivi per il futuro dell’indagine sull’omicidio del ricercatore friulano. Il procuratore generale, Nabil Ahmed Sadek, e il team di quattro magistrati egiziani che si occupa del caso incontreranno il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco che coordinano l’inchiesta sulla morte di Giulio. Le riunioni, per motivi organizzativi e di sicurezza, si svogeranno alla Scuola di polizia di via Guido Reni, nella struttura dove si tenne il precedente incontro tra autorità giudiziarie, esattamente 5 mesi fa. Proprio da quell’incontro, che fu fallimentare tanto da spingere la Farnesina a richiamare l’ambasciatore in Egitto.
Sono previste tre sessioni di lavoro, tra giovedì pomeriggio e venerdì: fondamentale sarà lo scambio di atti legato alle richieste arrivate tramite rogatoria che ancora non hanno avuto risposta, a cominciare dai dati sulle celle telefoniche. Il tema era stato motivo di rottura nel precedente incontro, e anche nelle settimane successive alla riunione, dal Cairo si era sottolineata l’impossibilità, per ‘motivi di sicurezza’, di fornire i dati chiesti da Roma e ritenuti indispensabili alle indagini. Nella due giorni ci sarà anche uno scambio di punti di vista sullo stato delle indagini e prospettive sul proseguo.