Come si fa a parlare, e a scrivere, in una lingua straniera? Evitare gli errori più comuni, ad esempio in inglese, non è per nulla semplice poichè la prima cosa che non si dovrebbe fare, traducendo, è proprio quella di pensare in italiano. Tradurre letteralmente ciò che vogliamo dire in un altro idioma, infatti, non sempre corrisponde a quello che in realtà vorremmo esprimere, soprattutto in inglese che, non essendo una lingua neolatina, risulta piuttosto diversa dalla nostra e, per quanto possa sembrare il contrario, tutt’altro che semplice.
Ma quali sono gli errori più ricorrenti tra gli italiani che decidono di imparare l’inglese? Guardiamone insieme alcuni, quelli più diffusi e più semplici da correggere.
Iniziamo dalla famosa, quanto famigerata, ‘s‘ finale alla terza persona singolare del verbo: è una regola basilare, semplice da applicare e soprattutto da ricordare, eppure è uno degli errori più comuni dell’inglese.
Altro errore ricorrente riguarda alcuni sostantivi che in italiano hanno singolare e plurale mentre in inglese rimangono invariati – vanno usati perciò sempre con la terza persona singolare – : news (notizie), luggage (bagagli), hair (capelli), information (informazioni), advice (consigli). Allo stesso modo anche alcuni nomi di animali: fish (pesce), sheep (pecora), salmon (salmone), trout (trota).
Per quanto riguarda i verbi, invece, un errore frequente si commette col verbo to go (andare) a causa, anche in questo caso, della (errata) traduzione letterale dall’italiano: ad esempio I went to England (Io vado in Inghilterra) tradotto in italiano spesso diventa I went in England, che è sbagliato; oppure I went in Rome (Io vado a Roma) invece della forma corretta I went to Rome.
E’ importante, inoltre, segnalare la differenza – basilare, in inglese – tra to make e to do, entrambi traducibili in italiano col verbo ‘fare‘. In realtà tra i due verbi c’è una differenza sostanziale poiché il primo comunica l’idea di ‘creare‘, ‘costruire‘, ‘preparare‘ (I make a mistake, ossia: faccio un errore), il secondo si usa per esprimere un’azione che si fa nel senso di svolgere (I do my homework, ossia: faccio i compiti).
Rimanendo ancora in tema di verbi, spesso chi vuole parlare, o scrivere, in inglese, dimentica di usare il Present Pefect Continuous per azioni prolungate nel tempo: per dire, ad esempio, ‘abito qui da due anni’ molti italiani tradurrebbero con I live here from 2 years, che è invece sbagliatissimo. Infatti, siccome si sta descrivendo un’azione prolungata nel tempo, il verbo richiesto è appunto il present perfect continuous. Come si forma? Mettendo soggetto, present perfect di to be e il verbo coniugato con la forma in ing: per cui la forma corretta sarà I’ve been living here for 2 years.
Un altro errore molto frequente commesso dagli italiani alle prese con l’inglese, riguarda il saluto che corrisponde al nostro ‘ci vediamo dopo‘, spesso tradotto letteralmente con un fantastico see you after: con una frase del genere, però, è difficile che in Inghilterra ci comprendano, poiché la forma corretta è ‘see you later‘ ossia ‘ci vediamo più tardi’.
Un famoso termine inglese che crea non poca confusione nei poveri italiani alle prese con la traduzione è people (gente). Traducendolo in italiano, infatti, il termine richiede il verbo al singolare, che spesso viene usato però anche in inglese: è uno degli errori più gravi che si possano commettere, ed è anche il più diffuso, poiché people è la forma plurale di person e richiede perciò anche il verbo al plurale. La forma corretta quindi sarà people are.
Grande confusione anche con la doppia negazione, una forma grammaticale che in italiano risulta assolutamente corretta, mentre in inglese no: ad esempio una frase come ‘non ho visto nessuno‘ – corretta grammaticalmente in italiano – in inglese sarà I didn’t see anyone e non I didn’t see nobody, poiché la negazione è presente sia nel verbo (didn’t) sia nel pronome (nobody).
Un’altra derivazione tutta italiana riguarda la traduzione dell’espressione ‘un po’ di…‘ con l’inglese a little of. Niente di più sbagliato: la forma corretta, infatti, se vogliamo esprimere il quantitativo di qualcosa, richiede l’uso di some. Per cui una frase come ‘voglio un po’ di frutta‘ sarà tradotta I want some fruit.
Concludiamo la nostra breve carrellata degli errori più comuni che si commettono traducendo in inglese con i cosiddetti false friends, ossia quelle parole che in italiano hanno un significato mentre in inglese ne hanno un altro. Ecco qualche esempio:
parents: non parenti ma genitori
comics: non comici ma fumetti
eventually: non eventualmente ma alla fine
stamp: non stampa ma francobollo
incident: non incidente ma evento
library: non libreria ma biblioteca
cold: non caldo ma freddo
sympathy: non simpatia ma compassione