Gli indigeni brasiliani si sono radunati per protestare contro la legge Marco Temporal, una nuova norma che va contro di loro nuocendo i loro diritti sulle terre che abitano per consegnarle in mano alle lobby. Quest’ultime si occupano principalmente di deforestazione, miniere e coltivazioni e sono anche quelle che influenzano maggiormente i partiti di centro e destra che sono la maggioranza al Parlamento.
La legge è stata approvata alla Camera lo scorso 30 maggio, ora si aspetta il voto del Senato. Qualora il Senato si esprimerà a favore della sua approvazione per gli indigeni le uniche chance a disposizione sono che il presidente Lula metta il veto sul voto o che il Congresso ribalti il voto espresso dal Senato.
Centinaia di manifestanti si sono radunati all’esterno della sede del Parlamento e della Corte Suprema nella città di Brasilia, capitale del Brasile.
Non sono manifestanti qualunque ma sono indigeni del continente che manifestano contro il Marco Temporal per rivendicare i loro diritti.
Queste persone rappresentano circa un milione di persone e quasi 240 gruppi etnici diversi che negli anni della colonizzazione sono stati sterminati, mandati via dalle loro terre e che ancora oggi rappresentano, purtroppo, una minoranza oppressa nel Paese.
Minoranza che ogni giorno deve far fronte a decine di ostacoli diversi tra cui la minaccia della deforestazione, lo sfruttamento minerario e le malattie.
Fuori dalla sede del Parlamento e della Corte Suprema si sono radunati in modo pacifico e cantano, ballano e innalzano cartelli contro il Marco Temporal.
Il Marco Temporal è il nuovo disegno di legge che minaccia i loro territori ancestrali e la loro vita in quelle terre. La normativa è stata approvata dalla Camera lo scorso 30 maggio 2023 e qualora avesse l’approvazione del Senato dovrebbe entrare in vigore.
Anche se l’ultima parola aspetta sia al Presidente Lula che può sempre esercitare il suo potere di veto sulla norma che al Congresso che ha il potere per cambiare il voto espresso dal Senato.
Questo disegno di legge viene contestato perché limita l’assegnazione delle terre indigene a quelle che erano già occupate dai nativi prima della realizzazione della Costituzione avvenuta nel 1988.
Gli indigeni dovranno perciò dimostrare che le terre in cui vivono oggi erano già vissute dal loro in modo stabile già prima del 1988, e che queste stesse terre erano adibite anche ad attività produttive.
Per molti popoli nomadi è però difficile poter dimostrarlo ma soprattutto per loro diventa un ostacolo che non possono superare.
Questo stesso decreto poi autorizza anche alla coltivazione transgeniche all’interno delle terre indigene, pone il divieto di ampliare le aree già delimitate, inoltre limita i processi di assegnazione non ancora conclusi e quelli che non sono in linea con la nuova norma.
È per la comunità indigena un duro colpo ma non solo, lo è anche per il governo di Lula che più volte si era espresso a favore della tutela dei diritti dei nativi.
Questa nuova legge va sicuramente a rappresentare una nota positiva per chi nella zona ha business legati alla coltivazione, per chi esegue deforestazioni e per chi lavora nel settore delle miniere.
A trarne beneficio sono perciò le lobby che influenzano moltissimo i partiti del centro e della destra che all’interno del Parlamento rappresentano la maggioranza.
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