A dispetto di quanto detto dal ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ieri all’Aria che tira, nell’ultimo periodo non si è registrato davvero un calo degli sbarchi dei migranti (il 3 gennaio, per esempio, ne arrivati quasi 1200), specialmente se si confrontano i dati con quegli degli anni scorsi. Non solo, perché dal giorno dell’insediamento del governo di Giorgia Meloni, gli aumenti negli arrivi sono stati del 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
È vero, i numeri, in questo caso, valgono poco specie perché non spiegano che questi aumenti, probabilmente, sono dovuti alle condizioni meteo più favorevoli ma anche, e soprattutto, all’instabilità politica dell’area da cui arrivano i migranti, ma fotografano comunque una situazione in cui, per mettere davvero un freno, servirebbe altro che accanirsi contro le navi delle ong.
La presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, per i più attenti, oggi è caduta in fallo affermando che, sul taglio delle accise, il suo partito, Fratelli d’Italia, quindi lei, non si erano fatte promesse nella campagna elettorale che poi l’ha portata a essere la prima inquilina donna di Palazzo Chigi. Del governo di centrodestra, però, non è l’unica a raccontare e spiegare dei dati diversi rispetto a quelli reali.
Per esempio, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto di Matteo Salvini, nel 2019, al Viminale, ieri, in un’intervista al programma di La7, L’aria che tira, ha sostenuto che gli sbarchi dei migranti, nell’ultimo periodo, sono in calo rispetto all’anno scorso.
Niente di più sbagliato, perché di fatto basta entrare sul sito del (suo) ministero per rendersi conto che sia nel 2022, sia nel 2021 la situazione era piuttosto diversa. Da inizio anno (e fino al 10 gennaio), sono arrivati in Italia 3709 migranti, contro i 378 dell’anno passato e i 287 dell’anno prima ancora. In pratica, dieci volte tanto se si considera solo il 2022 e addirittura 13 volte di più se si prende in considerazione l’anno precedente: un’enormità.
Il trend in aumento, però, non riguarda solo questi primi dieci giorni del 2023, ma va avanti, con dei picchi più o meno alti (e qualcuno anche in basso), da quando l’esecutivo della premier ha giurato nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E quindi no, “I primi due mesi di azione di questo governo hanno fatto segnare una flessione della curva di crescita degli sbarchi rispetto all’anno precedente“, come ha detto il ministro, non è vero.
Dal 22 ottobre a oggi, gli sbarchi sono aumentati di poco meno del 50% rispetto alla stesso periodo dell’anno scorso: i nuovi arrivi “meloniani” sono stati 31.128 (sempre dai dati forniti dal governo), mentre quelli avvenuti durante l’esperienza di Mario Draghi si sono fermati (si fa per dire) a 15.730. Il dato è ancora più impietoso se si considerano gli sbarchi del 2021, che sono stati un quarto di quelli che si stanno vedendo ora.
Il motivo per cui Piantedosi ha, di fatto, detto qualcosa di non vero, essendo sbugiardato dai dati presenti nel sito del ministero a cui fa capo, rispondono probabilmente all’esigenza di far credere che la strategia che il governo Meloni sta attuando è quella corretta, per lo meno quella finora messa in atto.
Nell’agenda politica, come più volte detto dalla leader di Fratelli d’Italia, c’è una nuova gestione dei flussi migratori che parte da un ritorno al piano Mattei, ovvero il fondatore dell’Eni, che aveva proposto una collaborazione con i Paesi africani per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi.
Al momento, però, le decisioni prese si sono tradotte solo in un decreto che continua a ingaggiare una lotta con le navi delle ong, un braccio di ferro con l’Unione europea affinché tutti i Paesi che ne fanno parte si prendano in carico chi viene salvato nella speranza di arrivare sulle nostre coste e anche un incidente diplomatico con la Francia. Qualcosa di meglio, si augurano, potrebbe arrivare nella riunione straordinaria del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio.
Intanto, appunto, le persone continuano ad arrivare e ciò che non dicono i dati è che quest’aumento degli arrivi dal Nord Africa è dovuto principalmente a due fattori: un clima e, soprattutto, delle condizioni meteo decisamente più favorevoli per affrontare l’attraversata in mare, e anche una maggiore instabilità politica della zona che porta molte più persone a scappare in cerca di una vita migliore di quella che non si vivrebbe rimanendo nel proprio Paese d’origine. In una parola: la disperazione, e quindi non necessariamente perché al Viminale siede Piantedosi, o Luciana Lamorgese, o anche Salvini.
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