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“Gli uomini che fanno piangere”, come riconoscere un narcisista patologico e dirgli addio

Di recente è uscito Gli uomini che fanno piangere (La Nave di Teseo), l’ultimo libro di Lucrezia Lerro, scrittrice e psicologa, che offre una lente d’ingrandimento su una realtà di cui si parla spesso ma che non tutti riescono a comprendere davvero a fondo: quella delle relazioni tossiche con un narcisista patologico. A tantissime donne è capitato almeno una volta nella vita di incontrarne uno, ma non tutte sono riuscite a riconoscerlo (oppure quantomeno non tutte sono riuscite a farlo in poco tempo). Questo libro offre in pratica una chiave di lettura molto specifica e approfondita: attraverso gli occhi della protagonista, Ornella, è possibile indagare anche sui motivi che conducono una donna realizzata nel suo lavoro, apparentemente indipendente quindi, a essere in realtà così emotivamente dipendente.

Relazione tossica – Nanopress.it

Quod me nutrit me destruit, disse qualcuno giusto “un po’” di tempo fa. In effetti questo è ciò che accade a tantissime donne, che non si rendono neanche conto di vivere una relazione tossica e di condividere la propria vita con un narcisista patologico, ma è sbagliatissimo. Spesso il problema è alla base in questi casi e bisognerebbe indagare la causa e cercare di mettere in ordine quello che è fuori posto: l’unica cosa che conta davvero è riuscire ad amare sé stessi, perché solo così si potranno costruire relazioni solide, sane, mature, non basate su una necessità, ma solo su un sentimenti profondi. Di questo parla Gli uomini che fanno piangere, l’ultimo libro di Lucrezia Lerro (pubblicato per La Nave di Teseo), che indaga l’animo umano nella sua profondità e che mira ad analizzare approfonditamente alcuni “temi delicati e complessi che coinvolgono le relazioni umane e sentimentali”. Il risultato è in pratica “un lavoro di scavo e devozione”.

La genesi delle relazioni tossiche con un narcisista patologico

Si chiama Lucrezia Lerro, è scrittrice e anche psicologa e da pochissimo ha pubblicato la sua ultima opera letteraria, Gli uomini che fanno piangere (per La Nave di Teseo), che potremmo definire in realtà un’azione di servizio pubblico oppure una seduta di psicoterapia a prezzo ridotto, se consideriamo che in effetti quello che fa è sviscerare un problema che, molte donne, si sono dovute trovare ad affrontare almeno una volta nella vita: l’amore tossico con un narcisista patologico e l’incapacità di prendersi cura di sé.

La protagonista del libro si chiama Ornella, è una pittrice di successo, quindi è una donna affermata, una professionista nel suo settore. Apparentemente c’è un luogo comune secondo cui un essere umano di sesso femminile che eccelle nel suo lavoro, ma è single, debba sentirsi necessariamente contenta, appagata pienamente e soddisfatta del suo status. Come se coniugare professione e vita privata fosse talmente complicato da dover rinunciare a brillare in entrambi gli ambiti.

In realtà Ornella è, come ha rivelato la sua “creatrice”, una donna “molto sensibile all’idea di essere amata a qualsiasi costo”. E così, come spesso accade quindi a chi cerca qualcuno più per necessità che per altro, si imbatte sempre in uomini sbagliati. E infatti, non a caso, incontra Amedeo, quello che potremmo definire il tipico narcisista patologico che in realtà fatica ad amare una donna, perché, come tutti gli “uomini vanesi fino all’eccesso”, ha “una scarsa empatia con la complessità del mondo femminile”.

Sia chiaro, Ornella ha questa “fame d’amore” per dei motivi per precisi. Nel suo caso – ma è questa la reale problematica di fondo è proprio questa – affonda le radici nel suo passato. Come spesso accade, cioè, nel suo caso a generare tutto è stato “un passato familiare tribolato” che ha poi dato vita a un vuoto nel suo cuore che ha cercato di colmare dapprima con il cibo, poi con una ricerca quasi spasmodica d’amore.

Come suggerisce la stessa Lerro, in pratica, spesso alla base vi “una deprivazione affettiva nei primi anni di vita” di una persona, da cui poi dipendono le su scelte azzardate (per non dire sbagliate) in campo sentimentale. Alla fine, però, il prezzo da pagare per aver permesso a persone “non giuste” di entrare nella propria vita è sempre altissimo: nel caso di Ornella, infatti, è l’umiliazione “per aver mendicato amore”. Attenzione: come afferma l’autrice, la protagonista del libro non giustifica affatto i comportamenti di Amedeo, sa “di aver intrapreso una strada non lineare, ma è combattuta: da una parte desidera essere amata a ogni costo, dall’altra vorrebbe smettere di concedere il suo
amore a chi non lo merita”.

La “fortuna” di Ornella è proprio questa: riuscire a capire che alcune “determinate richieste assurde non sono mai prove d’amore, ma di totale disprezzo”. Ma qual è il limite tra l’amore per l’altro e il poco amore per sé stessi? Probabilmente è segnato proprio dalla totale accettazione passiva di ogni cosa, anche la più improbabile: quando si arriva a sacrificare la propria dignità per assecondare l’altro, probabilmente a regnare sovrano non è un sentimento forte alla base, ma è una scarsissima autostima che scaturisce poi in un quasi inesistente amor proprio. E, quando la situazione è questa, sarebbe bene forse fermarsi, cercare di capire cosa sta andando storto, cosa non funziona, cosa determina tutto questo e lavorare prima su sé stessi e poi eventualmente sul proprio rapporto di coppia.

Forse proprio qui subentra il celebre “prima di stare con qualcuno bisogna stare bene con sé stessi”: una persona che non è risolta al 100% tenderà verosimilmente ad accontentarsi di chiunque pur di colmare le proprie mancanze, i propri “buchi dell’anima”, anziché scegliere qualcuno perché potrebbe essere potenzialmente un ottimo compagno di vita. E spesso la fretta di trovare necessariamente un compagno spinte da una fortissima esigenza, ci impedisce di conoscere e riconoscere la persona giusta per noi. Saper aspettare spesso è la soluzione ideale e l’attesa, il più delle volte, è ripagata al massimo.

Relazione tossica – Nanopress.it

Ma una domanda sorge spontanea: come riconoscere il comportamento del tipico narcisista patologico e come fare a scappare quando se ne incontra uno?

 

Quando una donna fragile – che magari apparentemente non sembra tale, ma lo è nel profondo – incontra un uomo troppo dedito a nutrire il suo ego, la combo è esplosiva (e non in senso positivo assolutamente). La donna inizia a dipendere dall’uomo, che nutre il suo io in questo mondo e si crea un circolo vizioso senza fine.

Per riconoscere un narcisista patologico, però, come spiega Lucrezia Lerro, bisogna tenere a mente alcune delle sue caratteristiche principali: “Sono uomini insicuri e frustrati che mentono e riversano la propria insoddisfazione sulle donne. Hanno continuo bisogno di conferme, sia sul proprio aspetto fisico che sul proprio talento. Sono egocentrici e superficiali a tal punto da svalutare le donne e soffermarsi solo sull’aspetto fisico, approfittando delle loro fragilità”.

Quello che dovremmo fare però innanzitutto è “imparare a prenderci cura dei nostri pensieri, della nostra salute mentale. Non dobbiamo donare il nostro bene a chi non lo merita. Piuttosto dirottiamolo su noi stesse, accudiamoci e riempiamoci di gesti gentili, anziché proiettare tutto l’amore di cui abbiamo bisogno su qualcun altro che si rivela incapace di apprezzare la nostra generosità”.

C’è però a questo proposito un’ottima notizia: se ormai è troppo tardi e ci troviamo di fronte a uno uomo del genere, possiamo comunque “guarire” e lasciar andare la nostra dipendenza affettiva. Il modo migliore secondo la Lerro è sempre affidarsi a specialisti e intraprendere un percorso di cura: “Le neuroscienze ci insegnano che grazie alla plasticità neuronale, ma anche all’esperienza che lascia sempre una traccia nella vita psichica, si può cambiare”.

Insomma, come sempre il primo passo è ammettere di vivere una relazione tossica con il proprio partner, riconoscerla, identificarla, darle un nome quindi. Il secondo è chiedere aiuto: nessuno si salva da solo, affidarsi a qualcuno che ha gli strumenti per indirizzarci verso la strada della guarigione non è mai sbagliato. Il terzo (che in realtà dovrebbe essere messo in atto prima, oppure in concomitanza con gli altri due) è prendersi cura di sé stesse: siamo noi le persone con cui ci troveremo a convivere per tutta la nostra vita, quindi sarebbe bene imparare a rendere il prima possibile questa convivenza quanto più pacifica possibile.

Del resto, Ornella potrebbe essere chiunque: molte volte quando si è dentro una storia e si è convinte al mille per mille di essere follemente innamorate è difficile ragionare, riflettere e capire che in realtà quel rapporto è totalmente nocivo. Il punto, però, è che amarsi è il primo passo (ma anche il più importante) verso una vita piena di gioia.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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