Gomorra è cambiata e non ha più il primato a Napoli del volume d’affari per i traffici di droga. Una novità clamorosa emersa nelle ultime mappe sulla camorra partenopea, aggiornate continuamente. Il quartiere Scampia viene ancora immaginato come una enorme piazza di spaccio all’aperto o al chiuso e terra di scontro tra clan, come raccontato nel famoso libro di Roberto Saviano e nella fiction televisiva prossima alla terza edizione, ma la realtà è diversa. Gli ultimi anni hanno visto una dura reazione delle forze dello Stato, al punto che il business della droga, grazie al quale si sono arricchiti boss e luogotenent, ha perso forza e inizia ad arrancare. Purtroppo l’offensiva di inquirenti e investigatori in quell’area ha favorito, involontariamente, la rinascita in altri luoghi storicamente utilizzati per vendere stupefacenti, in particolare, il rione Traiano. Il problema dunque è la coperta corta, non la strategia.
Gomorra è un fenomeno malavitoso ma al tempo stesso sociale. Chi lo analizza non può che partire da questo, anche solo pensando a come le mafie penetrino in profondità nel tessuto sociale da sempre. Lo stesso Giovanni Falcone, magistrato simbolo nella lotta alla criminalità organizzata e ai colletti bianchi che la supportavano e la supportano tuttora, invitava a non fermarsi a una valutazione tipo “i buoni contro i cattivi”.
Se è vero che i confini devono essere sempre netti, senza alcun margine di ambiguità, è altrettanto vero che bisogna chiedersi perché la zona grigia è stata tanto vasta a Scampia e Secondigliano, tanto da restare nei due quartieri per anni, registrando il record di ben tre faide di camorra in 12 anni Bisogna dunque anche chiedersi come ha fatto lo Stato, sostanzialmente nel silenzio, a riconquistare spazi e territori, andando a ridurre l’area del favoreggiamento ai clan.
Nella terra di Gomorra a Napoli le cosche hanno potuto proliferare grazie al silenzio compiacente, spesso forzato dalle minacce ma in molti casi volontario, di coloro che vedevano, sapevano e non dicevano. Il refrain della paura regge però fino a un certo punto: esistono mille modi, senza esporsi se si preferisce, per fare il proprio dovere di cittadini.
In realtà è accaduto che, proprio come i boss dell’era rurale della mafia, gli uomini di vertice del clan Di Lauro e degli “scissionisti” capirono che per fare affari in maniera più sicura dovevano puntare al consenso sociale. Così casalinghe insospettabili sono diventate custodi di droga ben pagate, incensurati hanno avuto occhi e orecchie per conto terzi, colletti bianchi si sono trasformati in colletti neri. Per la serie, ogni essere umano ha un prezzo e la corruzione dilaga.
Quando sembrava tutto perduto, ecco il colpo di scena. Senza squilli di tromba, in contemporanea alle indagini sui fatti di sangue delle faide e sui traffici di droga, oltre che sui pochi casi di estorsione, le forze dell’ordine hanno impiantato servizi di controllo del territorio con la presenza massiccia di uomini sul campo.
Ventiquattro ore su ventiquattro poliziotti e carabinieri in divisa pattugliano le strade, ma soprattutto stazionano nei punti caldi come le Vele, scantinati compresi, l’Oasi del buon pastore, la zona dello chalet “Babù”, il Rione dei Fiori, le Case Celesti e quelle dei Puffi. Tale è il numero di uomini e donne impiegate che sono stati ridotti notevolmente gli spazi di agibilità dei trafficanti.
Piano piano i cittadini onesti hanno preso forza e coraggio e sono più rare le scene lette o viste sulla fabbrica dello spaccio nei condomini e nelle famigerate Vele. Oggi il quartiere Scampia non è più la mecca dei consumatori di sostanze stupefacenti da tutta la Campania, soppiantato dall’area flegrea di Napoli e in particolare dal rione Traiano. Un cambiamento purtroppo, poco capito e analizzato dai mass-media, ma su cui prima o poi bisognerà riflettere.
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