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La notizia di un gorilla ucciso purtroppo risulta essere una triste consuetudine nelle pagine di cronache, tanto che quasi non fa più scalpore nell’opinione pubblica: tuttavia quanto accaduto recentemente negli Usa è una vicenda decisamente amara e paradossale, visto che l’uccisione dell’animale è avvenuta presso lo zoo di Cincinnati, e il motivo è stato quello di salvare la vita di un bimbo di 4 anni caduto accidentalmente nel fossato dentro la sua gabbia: le autorità del parco hanno deciso così di sopprimere immediatamente il gorilla, senza riuscire a trovare soluzioni alternative. Il video del gorilla con il bambino prima dell’uccisione ha fatto il giro del mondo attraverso il web, destando molte perplessità circa l’azione di soppressione effettuata, e ponendo ancora una volta seri dubbi sul modo in cui noi uomini conviviamo con gli altri esseri viventi.
Innanzitutto ci chiediamo come sia possibile che un bambino o qualsiasi altra persona possa avvicinarsi ad una gabbia scavalcando le recinzioni: o le protezioni sono largamente insufficienti oppure i controlli sono scarsi, di sicuro non dovrebbe succedere quanto accaduto. E poi naturalmente c’è la scelta di uccidere Harambe, questo il nome del gorilla di 17 anni, nato allo zoo Gladys Porter di Brownsville, in Texas, e successivamente trasferito allo zoo di Cincinnati nel 2014: davvero non era possibile fare altro? Secondo il direttore dello zoo, Thane Maynard, ‘il bambino non era sotto attacco, ma era certamente in pericolo‘, e sparargli un sedativo sarebbe stato ulteriormente pericoloso per il bambino, che è stato trasportato in ospedale a seguito delle lievi ferite riportate. Eppure nelle immagini si vede il gorilla fermo mentre guarda il bimbo, e non sembra avere alcuna intenzione di aggredirlo. Anzi, lo gira con delicatezza, afferrandolo per i pantaloncini. Certo il rischio c’era, inutile negarlo, considerando gli oltre 180 chili di peso di Harambe, ma siamo davvero sicuri che abbatterlo fosse l’unica scelta possibile, o i guardiani dello zoo hanno optato per la soluzione più sbrigativa? Sotto accusa, oltre ai responsabili della struttura, finiscono i genitori del piccoli, con commenti al vetriolo da parte di molti utenti della Rete.
Quello di ricorrere agli ‘estremi rimedi’ è purtroppo un’abitudine consolidata, anche quando si cerca la via della narcosi, come ci insegna il caso dell’orsa Daniza avvenuta in Italia qualche anno fa. A seguito di questa ultima vicenda, urge una severa riflessione sull’interazione tra uomo e animale, poiché anche quando avviene con le migliori intenzioni provoca disastri: abbiamo ancora negli occhi e nelle orecchie l’incredibile vicenda del cucciolo di bisonte nel Parco statunitense, rifiutato dalla madre dopo che una famiglia in gita lo aveva portato con sé pensando di aiutarlo, e condannandolo invece a morte. Troppa superficialità, disattenzione e pressappochismo caratterizzano il nostro rapporto con gli esemplari della fauna, e questo soltanto nei casi migliori, quando invece non si uccide per divertimento o si distrugge il loro habitat per biechi motivi di interesse economico. Il povero Harambe è solo l’ultima vittima della stupidità umana: nemmeno quando gli animali vivono tutta la loro vita dietro una gabbia sono al sicuro dagli uomini.