I numeri riguardanti i crimini ambientali sul territorio italiano sono stati recentemente snocciolati dal rapporto di Legambiente Green Corruption, che evidenzia il risultato delle inchieste in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale nel settore dei reati ambientali. Una sorta di Tangentopoli verde che coinvolge smaltimento dei rifiuti, rinnovabili, enogastronomia, appalti pubblici di opere importanti come il Mose di Venezia, alcuni cantieri dell’Alta Velocità, le ricostruzioni post-terremoto e i Grandi Eventi, e che si presenta non meno imponente del giro d’affari ecomafie. Il quadro desolante che emerge dal rapporto è che la corruzione è una costante del sistema italiano, che non risparmia nemmeno settori cruciali come la tutela del territorio e lo sviluppo di energia pulita.
Già nel rapporto Ecomafia 2015 Legambiente aveva sottolineato il business da capogiro delle ecomafie, 22 miliardi di euro l’anno: nell’ambito più vasto che comprende tutti i crimini ambientali scopriamo che nel 2014 vi sono state 233 inchieste portate avanti dalle procure italiane, che hanno portato all’arresto di 2.529 persone e alla denuncia di altre 2.016 per reati riguardanti la corruzione. In testa alla regioni la Lombardia con 31 indagini, 325 arresti e 126 denunce, seguita dalla Sicilia e dalla Campania. A ingolosire particolarmente è il settore degli appalti pubblici, ma sorprende in negativo scoprire il pesante fardello che la green corruption rappresenta per l’economia più innovativa e sostenibile, come ad esempio il settore del riciclo dei rifiuti o delle energie rinnovabili.
La direttrice nazionale di Legambiente Rossella Muroni ha sottolineato a margine di un intervento pubblico l’importanza di combattere ‘anche quella zona grigia, dove impera la corruzione che è diventata il principale nemico dell’ambiente a causa delle troppe amministrazioni colluse, degli appalti pilotati, degli amministratori disonesti e della gestione delle emergenze che consentono di aggirare regole e appalti trasparenti. La corruzione può servire per ottenere un determinato provvedimento o più semplicemente per far voltare dall’altra parte l’occhio vigile del funzionario, l’ultimo e traballante anello di una lunga catena di legalità‘. Non basta dunque la sola applicazione della legge sugli ecoreati, finalmente approvata pochi mesi fa dopo decenni di vuoto normativo, ma è evidentemente necessario un cambio di visione e di prospettiva, ‘verso un paradigma economico più giusto e in grado di sollecitare nuova fiducia, partecipazione e trasparenza, perché non ci si rassegni a pensare al malaffare come a un male senza rimedi‘.
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