Il 23 febbraio 2016 inizia il processo d’appello a Green Hill, il cosiddetto canile lager denunciato dalla Lav nel 2012. Si trattava di un allevamento di cani beagle destinati alla sperimentazione, animali che oggi hanno trovato ospitalità presso numerose famiglie, che si ritroveranno davanti al Tribunale di Brescia per chiedere la certezza di una condanna che in primo grado ha riconosciuto la colpevolezza degli indagati e i misfatti che accadevano a Green Hill. In caso di ribaltamento della sentenza infatti ‘i beagle potrebbero tornare nella disponibilità dell’azienda, che potrebbe portarli appena fuori dal confine italiano e utilizzarli per prelievo di sangue e plasma, come accadeva prima del sequestro dei cani, secondo quanto emerso in fase processuale‘, ricorda la Lav in un comunicato.
Dopo una battaglia durata tre anni, gli animalisti hanno gridato vittoria per le condanne inflitte dai giudici a tre dei quattro imputati del processo Green Hill in primo grado: le accuse contro gli imputati erano maltrattamento e uccisione di animale, e la prima sezione penale del tribunale di Brescia ha condannato ad un anno e sei mesi Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group, Renzo Graziosi, veterinario, per la medesima pena, e un anno al direttore della struttura Roberto Bravi, mentre è stato assolto l’altro co-gestore Bernard Gotti. L’allevamento è stato definitivamente chiuso a Montichiari nell’estate 2012, quando alcuni dei cani beagle furono liberati con un blitz dagli attivisti: secondo quanto accertato dagli inquirenti, 6023 sono i beagle morti all’interno di Green Hill dal 2008 al 2012, ed altri 98 morti successivamente al sequestro dell’allevamento. Fortunatamente tanti altri sono stati adottati dopo il clamoroso blitz animalista scatenatosi contro quello che è stato ribattezzato il ‘canile lager’.
Cani maltrattati e uccisi
Secondo quanto emerso dal dibattimento e le prove portate a sostegno delle accuse, i beagle ospitati a Green Hill sarebbero stati soppressi con iniezioni di Tanax causando loro indicibili sofferenze, in quanto il medicinale veniva somministrato senza anestesia. Inoltre i cani non sarebbero stati accuratamente curati quando si ammalavano di rogna, poiché ciò avrebbe potuto compromettere una successiva vendita, ed ancora si parla di segatura scadente per le lettiere, causa di numerosi decessi per soffocamento di un centinaio di cuccioli, utilizzo di imbracature per far perdere ai cani la cognizione sensoriale, di animali mandati in un’altra struttura del Regno Unito solita per ammazzare senza pietà i cani in esubero. Molto di quanto descritto è stato documentato al processo, con corredo di immagini e mail compromettenti utilizzate come materiale a carico delle accuse.
La condanna di Green Hill: i commenti
Grande soddisfazione è stata espressa dalla Lav dopo la sentenza di primo grado, che assieme a Leal, Lega nazionale difesa del cane ed Enpa era stata ammessa al processo come parte civile, e per bocca del presidente Gianluca Felicetti afferma: ‘La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d’Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l’indifendibile‘. Il tribunale ha disposto anche un risarcimento di trentamila euro per la Lav e il divieto per i condannati di allevare cani per i prossimi due anni. Secondo i pm all’interno della struttura incriminata ‘non c’era alcun interesse a curare i cani malati. Le cure avrebbero potuto alterare i parametri per la sperimentazione. I cani andavano quindi sacrificati‘.
Gli avvocati difensori di Green Hill, Luigi Frattini e Enzo Bosio, avevano invece chiesto l’assoluzione per gli imputati perché il fatto non sussiste, oltre ad aver procurato la perdita di decine di posti di lavoro: inoltre secondo i legali ‘non ci sono state violazioni e qualora non fossero state rispettate alcune norme, scatterebbe solo una sanzione amministrativa‘. La battaglia non è ancora conclusa, e si attende con ansia il responso del processo d’appello, come afferma ancora la Lav: ‘Abbiamo fiducia nella giustizia: sono numerosi e solidi gli elementi di prova che documentano uccisioni e maltrattamenti senza necessità, così come controlli inadeguati. a temuta ipotesi di restituzione dei beagle a Green Hill è inammissibile e illogica sotto vari aspetti: in considerazione della storica sentenza di condanna di primo grado che ha condannato tre persone per maltrattamenti e uccisioni di animali riconoscendo le necessità etologiche degli animali allevati per tale scopo, come si potrebbe restituire i beagle a coloro che hanno avallato un esorbitante numero di decessi di cani, che avveniva per mancanza di cure idonee? Inoltre i beagle sequestrati sono stati accolti e curati dalle famiglie, con le quali hanno stabilito una relazione di stabilità che ora non può essere annullata‘.
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