Due generazioni a confronto: la “paranza dei bambini“, come vengono chiamati i ras in erba di Napoli, e i “vecchi”, i luogotenenti promossi boss per la lunga permanenza in carcere dei padrini degli storici clan di camorra. I primi hanno arroganza da vendere, modi spicci, capacità di mediazione tendente allo zero, facilità nell’uso delle armi; i secondi hanno imparato l’“arte” del compromesso pur di arrivare allo scopo e sanno che c’è un limite alle vessazioni delle vittime, alle minacce e all’utilizzo della forza se non “necessario”.
L’oggetto del contendere di questa nuova guerra di camorra è il controllo dei traffici di droga, il principale e unico business della criminalità organizzata 2.0. Le estorsioni infatti fruttano sempre meno, complice la crisi economica degli anni scorsi e il coraggio sempre più diffuso tra i commercianti e imprenditori riuniti nelle associazioni antiracket.
La guerra all’interno della camorra partenopea rischia di esplodere da un momento all’altro: è palese in alcuni quartieri e labile in altri, così da costringere a strategie diversificate i vertici delle forze dell’ordine.
Si, perché investigatori e inquirenti hanno due tipi di problemi da affrontare: la sicurezza in strada e le investigazioni in senso stretto, tecnico. Ecco perché la sinergia tra polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia municipale, spesso oggetto in passato anche di ironia perché era soltanto di facciata, sta assumendo un’importanza sempre più rilevante a Napoli.
Il neo questore Antonio De Iesu, catapultato nella sua città d’origine dopo la breve ma intensa esperienza a Milano, ha più volte sottolineato come siano due i quartieri su cui c’è maggiore allarme: il rione Sanità, ricco di storia e cultura ma purtroppo ad alta densità camorristica, e il Mercato, una vasta zona di confine tra il centro e la periferia.
“Abbiamo saturato la Sanità con un turnover continuo tra le forze dell’ordine per presidiare il territorio 24 ore su 24, ma poi inevitabilmente questa sorta di assedio finirà”, ha ripetuto più volte il numero uno della Questura partenopea.
Va da sé che poi associazioni culturali e cittadini dovranno favorire in maniera più concreta il controllo di legalità.
La guerra tra le due anime della camorra, entrambe nere sia ben chiaro, è esploso la prima volta nel 2013 a Forcella, luogo storico di malavita nell’immaginario collettivo pur essendo la maggior parte degli abitanti senza precedenti penali.
Un nucleo radicato familiare, i Giuliano, ha dettato legge dagli anni novanta fino agli inizi duemila. Ma il pentimento dei boss del clan ha dato spazio a un’altra cosca, i Mazzarella originari di San Giovanni a Teduccio, contro cui si sono scagliati i componenti la “paranza dei bambini“: giovani e giovanissimi della seconda generazione dei Giuliano.
Il contrasto ai baby-camorristi, tutti o quasi rigorosamente con le lunghe barbe alla moda anche per sembrare più grandi, ha richiesto tempo e pazienza. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali i nuovi ras e i loro stretti collaboratori, compreso il gruppo di fuoco, sono finiti dietro le sbarre.
Ma poi è successo qualcosa che nemmeno i più pessimisti tra gli investigatori si aspettavano: le file del clan si sono rimpinguate rapidamente, tornando a renderlo pericoloso.
E allora che fare? Per il futuro la strategia anticamorra migliore sembra essere sempre più quella che si basa sulla lotta ai patrimoni. Più che colpire la forza militare, con arresti di affiliati e sequestri di armi, gli inquirenti puntano a ridurre al minimo la potenza economica delle famiglie camorristiche.
Com’è accaduto per i Contini del Vasto-Arenaccia, altro quartiere del centro storico di Napoli, il cui attacco degli organi dello Stato sul piano finanziario non ha precedenti in Campania. Anche se la maggior parte dei beni si trovavano a Roma e nel Lazio, tra immobili e aziende specializzate nel riciclaggio di denaro sporco, il cuore dell’organizzazione è stato colpito a Napoli. Una strada tracciata che sarà seguita per altri gruppi malavitosi.
Schematicamente, nel rione Sanità si fronteggiano attualmente due clan: i Sequino e i Vastarella; al Mercato, i Mazzarella, i Rinaldi e i Giuliano-Sibillo. Mentre nelle altre zone di Napoli la pax, o sarebbe meglio usare la parola tregua, sembra reggere. Ma i nuovi equilibri restano fragili e basta un nonnulla per modificarli.
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