Tony Blair chiede scusa per la guerra in Iraq. Per la prima volta, a 12 anni dal conflitto che causò mezzo milione di morti (stima prudente, dice l’ultimo studio del 2013 firmato da un team internazionale di esperti), l’ex premier britannico ammette gli errori che hanno portato il Regno Unito in guerra a fianco degli Stati Uniti di George W. Bush. In un’intervista rilasciata alla Cnn, Blair chiede tre volte scusa: per la questione delle armi di distruzione di massa, mai trovate, a carico di Saddam Hussein, per la pianificazione della guerra e per non aver compreso le conseguenze del conflitto. Un’ammissione di colpa a metà, perché l’ex leader laburista non si scusa per aver rimosso il dittatore iracheno.
Per anni, Blair ha sostenuto la bontà dell’intervento militare in Iraq, almeno fino al 2007, quando le pressioni interne l’hanno costretto a dimettersi: le famose armi di Saddam che, secondo l’intelligence inglese, esistevano davvero (come sostenevano gli Stati Uniti) e che il governo usò per entrare in guerra, non vennero mai trovate semplicement perché non c’erano. Nonostante tutto, (compreso il fallimento dei labour che, dopo Gordon Brown, hanno lasciato libero campo ai conservatori di David Cameron) l’ex inquilino di Downing Street ha continuato a occuparsi di Medio Oriente come inviato di pace su mandato di Onu, UE, USA e Russia: non ha concluso nulla, la situazione è peggiorata di anno in anno, eppure ha mantenuto l’incarico fino a maggio 2015.
Blair con Bush nel 2003, due giorni dopo l’inizio dell’Operation Iraqi Freedom
Ora, arrivano le scuse: tardive, a metà, ma pur sempre clamorose. Per la prima volta, l’ex premier inglese chiarisce le sue responsabilità per il conflitto in Iraq, ammette gli errori gravissimi di Regno Unito e Stati Uniti, e stabilisce una mezza connessione tra l’attacco al regime di Saddam e la nascita di nuove forme terroristiche, Isis su tutte.
Alla precisa domanda del giornalista americano sull’inesistenza delle armi di distruzione di massa irachene, Blair non può più mentire. “Mi scuso perché il rapporto dei servizi segreti era sbagliato”, ammette e prosegue. “Mi scuso anche per alcuni errori nella pianificazione dell’intervento militare e soprattutto chiedo scusa per la sottovalutazione di quelle che sarebbero potute essere le conseguenze una volta rimosso il regime”.
Rifiuta di farsi definire un “criminale di guerra”, anche perché sulla questione Saddam non ha cambiato opinione. “Faccio fatica a scusarmi per averlo rimosso”, dice. “Non si può dire che chi ha rimosso Saddam nel 2003 sia responsabile della situazione del 2015”, prosegue, ma una prima, decisiva presa di coscienza c’è. Il disastroso intervento in Iraq ha cambiato lo scenario mediorientale e ha aperto la strada al terrorismo dell’Isis, acuendo i conflitti regionali. “Penso ci siano elementi di verità in una simile visione”, ammette.
Molte cose sono cambiate dal 2003, anno della guerra in Iraq, ma anche dal 2007, quando lo stesso Blair non volle chiedere scusa. Oggi, le immagini della violenza jihadista sono all’ordine del giorno, i miliziani dell’autoproclamato califfo hanno varcato i confini mediorientali e hanno colpito anche l’Inghilterra. Oggi, è davvero impossibile non chiedere scusa: meglio tardi che mai.
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