La morte dei due ostaggi italiani ha accelerato l’intervento dell’Italia in Libia. I nostri militari sono pronti a tornare a distanza di oltre 70 anni, non più come conquistatori ma alla guida della liberazione del Paese. I numeri dell’operazione non sono ancora chiari, ma in ogni caso si tratterà della più grande operazione militare in Libia dal 1943. Sarebbe però necessario un primo passaggio affinché tutto si concretizzi: le autorità di Tripoli devono chiarire che tipo di intervento vogliono sul loro suolo. Due le ipotesi in campo: la liberazione dalle truppe dell’Isis o la richiesta di un governo di unità nazionale per la sua sicurezza e quella del Paese. L’intervento italiano sarà dunque modulato in base alla richiesta della Libia, con una sola certezza: sarà l’Italia a guidare le operazioni.
L’operazione militare in Libia, se mai ci sarà, sarà comunque di impronta europea, con un esercito composito che oscillerebbe tra le 3mila e le 7mila unità, di cui almeno i 2/3 italiane. Ai nostri uomini spetterebbe anche il comando in loco. La decisione non è ancora stata presa. Il governo ha scelto la strada della massima prudenza, sia per evitare errori tattico-strategici sia per non esasperare un territorio da cui già partono migliaia di persone verso le nostre coste. In ogni caso, se si dovrà scendere in guerra, la parola passerà prima al Parlamento. Nel frattempo, i vertici militari si sono già mossi e hanno messo in campo diverse ipotesi.
I numeri italiani oscillano da poche centinaia di elementi fino 5mila uomini. I primi passi sono già stati fatti: il premier Matteo Renzi ha firmato un decreto che apre le operazioni italiane in Libia. La guida è stata già confermata durante il Consiglio supremo di Difesa tenutosi al Quirinale il 26 febbraio 2016: sarà il comando mobile della Divisione Aqui a coordinare tutto, dai bunker sotterranei dell’aeroporto militare “Francesco Baracca” di Centocelle, a Roma, da dove già sono coordinate tutte le operazioni militari estere.
Altra certezza riguarda il ruolo dell’Italia che sarà alla guida di un contingente europeo, formato da truppe francesi, britanniche e di altre nazioni UE, con l’appoggio operativo degli Stati Uniti che ha chiesto e sostenuto la presenza italiana in Libia.
La vicinanza della Libia alle coste italiane e il legame a doppio filo tra i due Paesi, rendono l’Italia doppiamente coinvolta nella caotica questione libica. Come questo debba avvenire non è ancora chiaro.
Nell’ipotesi che le autorità di Tripoli chiedano l’appoggio per la formazione di un governo di unità nazionale e la sicurezza delle infrastrutture, si parla dell’invio di 5mila uomini o di un numero più basso (non meno di 3mila) per la formazione di un contingente europeo di almeno 7mila unità, di cui le truppe italiane sarebbero la maggior parte.
Agli uomini si aggiunge l’uso delle basi italiane, come quella di Sigonella dove, spiega Repubblica, da mesi sono pronti i Predator statunitensi e italiani. Non solo. Anche la Marina militare sarà chiamata in causa. Sempre Repubblica, cita almeno la presenze della portaelicotteri tipo San Giorgio, per trasportare un battaglione di marò del San Marco con i blindati anfibi, da usare come rinforzo per le truppe di terra. Unità di scorta e viveri saranno a bordo di altre navi, mentre a Trapani sono già pronti i cacciabombardieri Amx, tra i migiori per i raid aerei. Qui entrerà in gioco anche la base di Pantelleria, scalo fondamentale per il ponte aereo con le coste libiche.
Se dalla Libia arrivasse la richiesta di un aiuto solo per combattere l’Isis, il contingente potrebbe essere molto ridotto, con un massimo di 3mila unità e almeno 200 membri dei reparti speciali. C’è anche un’altra ipotesi al vaglio, riportata da La Stampa: se l’obiettivo fosse la guerra ai terroristi l’Italia potrebbe mandare solo reparti speciali, con un contingente molto ridotto a livello numerico ma formato dall’élite delle forze armate italiane, come il Comsubin della Marina, il Col Moschin dell’Esercito, il Gis dei Carabinieri e il 17° stormo dell’Aeronautica. Lo scopo sarebbe quello di formare le truppe libiche e portare avanti azioni di guerriglia nello stile dell’Isis, rispondendo volta per volta agli attacchi sul territorio. Forze speciali americane e francesi sono già presenti in Libia e i nostri reparti sono stati autorizzati a partire il 10 febbraio.