Centinaia di civili ucraini sono bloccati nella fabbrica Azot, a Severodonetsk, e l’Onu lancia l’allarme per la scarsità di cibo e acqua all’interno dello stabilimento.
La situazione in Ucraina, dopo più di 3 mesi, si fa sempre più critica. In queste ore, oltre 1200 persone sono bloccate all’interno di uno stabilimento chiamato Azot, a Severodonetsk città assediata dai russi, senza molte scorte di cibo e acqua.
Questo è l’allarme che arriva dall’ONU che, in queste ore, cerca di capire come poter aiutare gli ostaggi bloccati lì, per evitare un’altra enorme tragedia umana.
La situazione per migliaia di civili in Ucraina diventa sempre più drammatica, almeno più di 1000 persone sono bloccate nello stabilimento di Azot, nella chiave della città orientale di Severodonetsk. Attaccata dai russi, tutte le vie di fuga sono state distrutte e molti civili si sono rifugiati nella fabbrica.
Ma la situazione è ancora più urgente di quello che sembra: all’interno dello stabilimenti scarseggiano cibo e acqua, risorse indispensabili per la sopravvivenze di quelle persone, tra cui ci sono anche bambini. È un portavoce dell’ONU ad avvisare il mondo intero della situazione, che degenera di ora in ora.
Al momento, come aggiunge lo stesso portavoce, le Nazioni Unite non sono in grado di aiutare con gli aiuti necessari a quei poveri civili, a causa dei continui bombardamenti che si susseguono a qualunque ora del giorno.
Proprio ieri sera, la Russia ha lanciato un ultimatum alle truppe rifugiate insieme ai civili nella fabbrica Azot: infatti, le truppe di Putin hanno intimato di deporre le armi, fermando cos’ la resistenza, definita insensata dal nemico.
Di contro, le autorità ucraine avevano richiesto che i civili, oltre 500 all’interno della fabbrica, venissero evacuati dal territorio con corridoio umanitari, promessi da Mosca ma ancora invisibili.
Intanto, anche Papa Francesco ha lanciato l’ennesimo appello contro questa drammatica situazione: “Per favore non dimentichiamo il popolo martoriato dell’Ucraina in guerra, non abituiamoci a vivere come se la guerra fosse una cosa lontana. Il nostro ricordo, il nostro affetto, la nostra preghiera, il nostro aiuto vada sempre vicino a questo popolo che soffre tanto e che sta portando avanti un vero martirio”.
Saranno le prossime ore a stabilire cosa succederà nella zona del Lugansk, dove al momento non si vede uno spiraglio di luce per la fine della battaglia.
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