È attesa in giornata una duplice telefonata del presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, con i suoi omologhi russo ed ucraino, per tentare di avviare un serio percorso diplomatico verso la pace.
Secondo quanto riferito tramite l’agenzia di stampa russa Tass dal portavoce del governo di Mosca Dmitry Peskov, oggi, 30 maggio, il presidente Putin terrà un colloquio telefonico con Erdogan.
Quest’ultimo è impegnato, sin dallo scoppio delle ostilità, in una complessa opera di mediazione e dialogo tra le parti in guerra. Divenuto il rappresentante diplomatico di Europa ed Alleanza Atlantica (Nato), il premier di Istanbul ha posto in essere vari tentativi per raffreddare il contesto ucraino, finora con scarsi successi.
Gli incontri tra le delegazioni dei due paesi slavi in suolo turco e le telefonate di Erdogan ai due leader non hanno determinato la fine dei combattimenti, né tanto meno un temporaneo, ma sperato, cessate il fuoco.
Eppure un nuovo spiraglio filtra dall’orizzonte: in data odierna vi sarà una conversazione telefonica tra Ankara e Cremlino. Scopo principale della discussione sarà portare, dopo oltre tre mesi di spari, bombardamenti e morti, i due presidenti Zelensky e Putin allo stesso tavolo, reale o virtuale che sia.
In tal senso è arrivata anche la risposta, per ora estremamente prudente, della parte ucraina. Il leader di Kiev si dice possibilista verso un incontro telefonico a tre con Erdogan e l’ex KGB russo. Tuttavia, a condizionare l’evento, sarà l’approccio di Putin.
Come detto, tentativi diplomatici ve ne sono stati in questi 90 giorni, eppure la loro infruttuosità sarebbe ricondotta alla poca serietà dimostrata dai russi nel trattare nel merito le questioni sul campo.
Ciò si deve a vari fattori: in primo luogo la poca trasparenza di Mosca sui reali obiettivi della sua offensiva. Se a parole è il Donbass ad interessare la superpotenza nucleare, nella pratica le operazioni militari si sono susseguite andando a restringere progressivamente la portata degli obiettivi. Inizialmente si è tentato di far capitolare il governo Zelensky attraverso un attacco diretto sulla capitale Kiev. Fallito il proposito, si è puntato sulla linea del fiume Dnepr, nell’idea di attestarsi su una linea che andasse da Kharkiv, a nord, fino a Odessa, nel sud-ovest. La controffensiva ucraina, grazie ai foraggiamenti di armi occidentali, ha saputo rovinare anche questo piano, per cui ora si assiste a scontri più localizzati su quello che è propriamente il territorio limitrofo alle due repubbliche separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk.
La diacronia della guerra motiva la scarsa fiducia ucraina su qualsiasi promessa o possibile accordo: chi potrebbe garantire che i russi rispetteranno i patti? Si può ormai escludere una nuova offensiva verso Kiev, magari proprio dopo un allentamento della guardia degli ucraini dovuto ad un cessate il fuoco? In questa incertezza, Zelensky si muove a passo felpato.
Nonostante tutto, il presidente turco oggi tenterà una nuova sortita perché i due leader belligeranti possano finalmente confrontarsi sulle rispettive aspirazioni e punti di caduta: le speranze dell’Occidente sono riposte su Erdogan.
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