Stop al gas verso l’Europa. Chiuso l’impianto di compressione di Novopskov, città a confine tra Ungheria e Russia.
Stamattina è arrivata la notizia dall’Ucraina che prevede lo stop alla circolazione del gas russo verso l’Europa.
GTSOU (Gas Transmission System Operator of Ukraine), che si occupa del trasporto di gas dell’Ucraina ha avvisato che per via dell’occupazione del Donbass, da parte dei russi e dei separatisti, il punto di ingresso, situato nella città di Sokhranivka, che fornisce gas a questi paesi europei, Italia, Austria, Romania, Slovacchia e Ungheria, verrà temporaneamente chiuso.
Chiusi gasdotti al confine tra Russia e Ucraina
Verrà chiuso anche l’impianto di compressione CS, situato nella città di Novopskov, primo della GTSOU, nella regione di Luhansk.
Circa un terzo del gas che transita dalla Russia all’Europa (32,6 milioni di metri cubi ogni giorno) passa per la stazione di Novopskov.
Secondo il gestore i flussi potrebbero essere dirottati in Russia, più precisamente a Sudzha, permettendo ai contratti europei di essere rispettati.
Diverse strutture della GTSOU, dopo l’invasione della Russia, si trovano in territori temporaneamente controllanti dalla truppe russe.
Per questo motivo l’azienda non può svolgere il controllo operativo e tecnologico sulla struttura di Novopskov, trovandosi così costretta a chiuderla.
L’azienda russa Gazprom è stata informata dalla compagnia ucraina delle difficoltà del passaggio del gas causate dalle forze di occupazione russa ed è stata richiesta senza successo l’interruzione delle interferenze nel funzionamento degli impianti.
L’Italia non dipenderà più dalle forniture russe
La maggior parte dei paesi europei sta lavorando per potersi distaccare dalla fornitura di gas proveniente dalla Russia.
La strada per l’indipendenza energetica però è ancora lunga.
Il ministro Cingolani è convinto che nel 2024 riusciremo a distaccarci completamente dalle forniture russe.
Secondo il modello predisposto da Palazzo Chigi, l’Algeria aggiungerà alla fornitura di gas 5 miliardi di metri cubi a partire dal mese di giugno; potrebbe superare i 30 miliardi in totale nel 2023.
Invece gli acquisti dall’Egitto saranno limitati ad 1 miliardo di metri cubi.
E’ previsto anche un aumento della produzione nazionale da 3 a 4 miliardi di metri cubi.
Si punta anche al carbone, ma ancor più importanti alle risorse rinnovabili.
Nuove sanzioni per Mosca
La notizia allo stop alle forniture chiude in rialzo le Borse sul prezzo del gas e appesantisce ulteriormente il dibattito sul sesto pacchetto di sanzioni a Mosca.
A questo proposito, la riunione prevista per oggi, che avrebbe dovuto analizzare in primis l’embargo del petrolio, avrà un altro tema.
Soprattutto perché non è stato ancora stipulato un accordo tra i 27 paesi convocati e l’Ungheria.
Il paese richiede diverse retribuzioni in cambio della rinuncia al petrolio russo. Tra le due ipotesi c’è la condivisione con Budapest del petrolio non raffinato dei paesi dell’Unione Europea.
La seconda possibilità prevede lo stanziamento di fondi appositi per l’Ungheria nell’ambito del progetto RePowerEu.
In discussione anche il fondo solidarietà per Kiev. Si pensa ad un finanziamento di 15 miliardi per la ricostruzione del paese, finanziato con un impegno comune tra i paesi dell’Unione Europea.