La procura generale ucraina ha dichiarato di aver rinvenuto altri corpi ammassati nelle zone di occupazione russa nella martoriata città di Bucha.
Secondo gli investigatori si tratterebbe di 7 civili torturati e poi uccisi dall’esercito di Putin durante l’occupazione del villaggio a nord-ovest della capitale.
Continua lo stillicidio di orrore e morte tra le valli intorno a Kiev. Dopo la ritirata russa e conseguente riconquista dei territori da parte dell’esercito ucraino, il desolante spettacolo apertosi davanti ai liberatori ha velocemente fatto il giro del mondo indignando i più.
Ora procura e cittadinanza lavorano senza sosta per riportare alla luce innanzitutto i corpi dei caduti, per il riconoscimento e l’onore delle esequie, ed in secondo luogo per apporre un significato a tanto disprezzo ed efferatezza.
L’armata rossa, impossibilitata nell’irrompere su Kiev, si è ritirata da Bucha e villaggi limitrofi il 31 marzo, lasciandosi alla spella una scia di sangue che tutt’oggi emerge a mostrare il volto terribile, perché è un emaciato viso umano, della guerra.
Se la polizia ucraina parla di 12 mila civili uccisi in attesa di identificazione, nella sola Bucha sono 1.200 le persone ritrovate tra fosse comuni e macerie che non possono ancora essere piante e salutate per l’ultima volta dai propri cari.
Purtroppo, d’altronde lo spirito di sopravvivenza porta a scelte disperate, alcune fosse sono state scavate dalla stessa cittadinanza che ha subito l’occupazione. Nei parchi cittadini sono stati effettuati scavi ove seppellire quelli che erano ormai, per le donne e gli uomini scampati al massacro, veri e propri archetipi della paura, della speranza negata, dell’insensatezza di questi mesi di conflitto.
Una forma di rimozione degli obbrobri e dello spavento, un gesto per riparare almeno i corpi inermi da ulteriori barbarie, dal divenire semplice carcassa in putrefazione slegata da ogni legame con la vita e le persone che affollavano luoghi ormai preservati solo nel ricordo di chi resta.
L’ultimo comunicato della Procura Generale di Kiev afferma di aver rinvenuto una fossa popolata da 7 cadaveri nei pressi della foresta che lambisce i dintorni di Myrotske, non lontano dalla città-martire tristemente nota.
Secondo gli inquirenti le salme presentavano ferite da arma da fuoco e chiari segni di prigionia (le mani erano legate dietro la schiena). Si è immediatamente attivata la macchina volta a ridare un nome, e con esso la perduta dignità, ai corpi abbandonati in quei luoghi più di due mesi fa.
In tal senso le autorità invitano chiunque pensa possa ritenere che un suo parente si trovasse in quelle zone nel periodo dell’occupazione a contattare le forze dell’ordine al fine di far pervenire ad esse tracce del proprio DNA. Tramite questo, incrociandolo con quello prelevato dai martiri abbandonati nel sottosuolo, la polizia di Kiev spera di poter identificare i cadaveri.
Si prospettano altri spietati giorni di scavi, confronti e lacrime per dare ai vivi un simulacro eterno su cui rammentare l’immane sacrificio dei propri concittadini.
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