Romano è affetto da una grave forma di Parkinson che gli ha paralizzato gli arti. Per questo ha richiesto il suicidio assistito.
Romano è affetto da una grave forma di Parkinson che gli ha paralizzato gli arti. Sofferenze atroci per l’uomo che, a breve, non riuscirà nemmeno a mangiare e, pertanto, dovrà sottoporsi ad alimentazione indotta. Una fine che l’uomo rifiuta categoricamente e che intende evitare mediante il suicidio assistito in Svizzera. Pertanto, ha chiesto aiuto a Marco Cappato, il quale ha sottolineato che devono terminare le “disparità tra persone malate“.
Suicidio assistito, la richiesta di Romano affetto da grave forma di Parkinson
Una forma di Parkinson molto aggressiva ha colpito gli arti di Romano, paralizzandoli completamente. L’uomo, dunque, ha richiesto di essere sottoposto alla procedura di suicidio assistito in Svizzera. Una pratica, che – in Italia – non può essere attuata.
Per tale motivo, hanno chiesto aiuto a Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni, il quale ha raccolto l’appello dell’uomo, supportato dalla moglie, la quale ha riferito che il marito non intende soffrire oltre.
Cappato, dunque, ha accompagnato i coniugi in Svizzera, sostenendo che è importante affrontare tale problema sociale ed etico, in quanto bisognerebbe abbattere le discriminazioni che esistono attualmente tra le persone malate.
Consapevole della sua scelta
La moglie di Romano ha sottolineato il fatto che suo marito ha scelto consapevolmente di percorrere la strada del suicidio assistito, in quanto intende “interrompere questa lunga sofferenza” che lo dilania da diverso tempo.
Si sono rivolti a Marco Cappato, inoltre, per “evitare problemi legali“, in quanto nel nostro paese il fine vita non ha un quadro legislativo che lo regoli come, invece, accade in Svizzera.
Romano, dunque, ha intrapreso un faticoso viaggio per recarsi a visita dal dottore in Svizzera. Se l’uomo confermerà al medico di voler porre fine alla sua vita, il medico procederà a fornire l’autorizzazione per sottoporlo al percorso di suicidio assistito.
Marco Cappato, in tal senso, parla di “disobbedienza civile“, visto che la persona che ha accompagnato non è tenuta i vita dal sostegno vitale.
L’obiettivo di Cappato, dunque, è quello di eliminare le discriminazioni tra persone malate e garantire a tutti di poter agire sulla propria vita, scegliendo il suicidio assistito qualora le proprie condizioni di salute siano tali da spingere a terminare la propria vita per le sofferenze subite a causa di malattie degenerative e che infliggono gravi disabilità al corpo e ripercussioni psicologiche.