Haiti sta vivendo, ormai da molto tempo, una crisi sociale ed economica drammatica, che è sfociata in violenza e ribellione contro le istituzioni e, oggi, si sta assumendo alla lotta tra polizia e bande che sta mettendo in pericolo la popolazione locale che è alla fame e senza la possibilità di cure mediche adeguate.
La crisi sta devastando la regione caraibica che è travolta dalla rivoluzione del popolo contro le istituzioni e il sangue scorre di consueto per le strade e la situazione sanitaria preoccupa molto le autorità internazionali anche per la condizione sanitaria estremamente vulnerabile dei bambini.
Le guerriglie degli ultimi giorni sono state violente e hanno provocato molti morti, tra i quali anche poliziotti, che a loro volta si ribellati e la situazione sta degenerando irrimediabilmente. Le istituzioni estere stanno lasciando le loro sedi ad Haiti e questo rivela la gravità della situazione corrente.
La polizia combatte contro bande che sono sanguinarie e che hanno, ormai devastato la nazione e si prospetta un paese senza più servizi garantiti dove mancano generi primari e anche medicinali.
Diverse città si sono svegliate giovedì in un clima di massima tensione dopo che almeno sei agenti di polizia sono stati uccisi a Liancourt da malviventi armati la notte precedente. Sia le forze dell’ordine in servizio regolare che quelle in borghese hanno organizzato proteste e hanno preso d’assalto la residenza ufficiale del primo ministro Ariel Henrym. Chiedono un cambiamento dei vertici e un intervento concreto anche dall’estero.
La polizia di Haiti si è ribellata nella capitale Port-au-Prince e ha protestato contro gli attacchi delle bande alle stazioni di polizia e agli ufficiali in servizio ma soprattutto contro la poca tutela che è riservata alla polizia haitiana.
L’Unione nazionale degli ufficiali di polizia haitiani ha riferito che sono stati uccisi 14 uomini dall’inizio dell’anno in vari attacchi alle stazioni di polizia.
Lionel Lazarre, coordinatore generale dell’unione nazionale degli agenti di polizia haitiani, ha affermato in un’intervista con Haitian Times: “La polizia continua a essere assassinata mentre le più alte autorità governative non fanno nulla per porre fine a tutto ciò. Il 20 gennaio hanno perso la vita almeno 4 poliziotti. Sei giorni dopo, altri sette sono stati assassinati e non è stata intrapresa alcuna azione concreta per evitare che accada di nuovo”.
Centinaia di manifestanti hanno bloccato le strade, sparato in aria e sfondato i cancelli dell’aeroporto della capitale e soprattutto hanno colpito la casa del Primo Ministro. Un’escalation della tensione nel corso della giornata davvero notevole che ha generato dinamiche internazionali Inaspettate.
Le bande di ribelli hanno ucciso almeno 10agentinell’ultimasettimana, secondo i dati riportati da fonti locali, mentre un agente è attualmente disperso e un altro ha gravi ferite da arma da fuoco, secondo quanto ha riferito la polizia nazionale haitiana.
Un video circola sul web e, probabilmente, realizzato dalle bande stesse, mostra i corpi nudi e insanguinati di sei uomini distesi per terra, con le pistole appoggiate sul petto. Un altro video mostra invece due uomini mascherati che fumano sigarette dalle mani e dai piedi smembrati dei morti. La polizia afferma che si tratta della banda che si fa chiamare Gan Grif e spiega inoltre che ha tenuto i corpi delle vittime.
La contromossa delle autorità di polizia è stata quella di protestare contro ciò che non viene impedito. I manifestanti in abiti civili che si sono identificati come poliziotti hanno prima attaccato la residenza ufficiale del primo ministro Ariel Henry, secondo una fonte di Reuters, e poi hanno allagato l’aeroporto mentre Henry stava arrivando da un viaggio in Argentina.
Le Nazioni Unite hanno riferito: “La polizia di Haiti non vincerà una lotta contro le bande criminali senza un maggiore sostegno internazionale, incluso il fondamentale dispiegamento di una forza di azione rapida”.
Nonostante siano trascorsi tre mesi da quando il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha proposto di utilizzare tale forza, sotto esplicita richiesta dal governo di Haiti, i funzionari affermano che la discussione sembra essere bloccata su quale paese assumerebbe la guida.
L’inviata delle Nazioni Unite ad Haiti, Helen Lpa Lime, ha detto ai media di essere “ancora fiduciosa che si possa creare una forza di azione rapida.”.
Ha poi aggiunto anche: “Potremmo agire con maggiore urgenza; penso che la comunità internazionale ne abbia bisogno”.
Stati Uniti, Canada e Messico hanno discusso della delicata situazione in occasione di un vertice dei leader a Città del Messico all’inizio di questo mese. Prima del vertice, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan ha sottolineato che è essenziale identificare un paese che assuma la guida e ha precisato che il Canada ha espresso interesse per tale ruolo.
Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha affermato al vertice che il Canada sta lavorando con alleati, inclusi gli Stati Uniti, per prepararsi a “opzioni” se la situazione ad Haiti si deteriora.
Una forza multinazionale non verrebbe schierata come missione delle Nazioni Unite, ma probabilmente riceverebbe il sostegno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno detto che puntano a trovare una soluzione del consiglio, ma i diplomatici hanno affermato che ciò accadrà solo una volta presa una decisione concreta.
Le bande haitiane hanno ampliato il loro territorio e il loro operato l’assassinio del presidente Jovenel Moise nel 2021. La violenza che ne è derivata ha lasciato gran parte del paese off-limits per il governo e ha portato a scontri a fuoco quotidiano con la polizia.
A settembre, le bande haitiane hanno creato una crisi umanitaria bloccando un terminal di rifornimento per quasi sei settimane, interrompendo la maggior parte delle attività economiche. Le associazioni umanitarie sono preoccupatissime anche a causa dell’epidemia di colera che a causa della scarsità di acqua potabile e di cure sta dilagando.
L’ondata di feriocia che ha portato alle uccisioni di poliziotti è solo l’ultima dimostrazione dell’escalation della violenza nel Paese caraibico, che è stato colpito da guerre tra bande e caos politico.
Il suo successore non eletto alla guida del governo, il primo ministro Ariel Henry, ha chiesto alle Nazioni Unite di attuare un intervento militare, ma nessun paese è stato disposto a prendere effettive misure per intervenire.
Le morti hanno fatto infuriare i membri del Fantom 509, un gruppo armato di attuali ed ex poliziotti che chiede con prepotenza migliori condizioni per gli agenti.
Sostenitori del movimento hanno attraversato la città giovedì, indossando cappucci insieme a uniformi della polizia, giubbotti antiproiettile, fucili e armi automatiche. Hanno sequestrato autobus per effettuare blocchi stradali e dato fuoco a pneumatici in tutta la città, lasciando che il fumo precipitasse per le strade.
Molti hanno chiesto repressioni più severe contro le bande e hanno chiesto la conclusione dell’amministrazione di Henry, che molti haitiani considerano fuori legge. I manifestanti hanno sfondato uno dei cancelli fuori dalla casa di Henry e una barriera all’aeroporto di Port-au-Prince, dove era in programma un’apparizione.
“Abbiamo bisogno di una rivoluzione“, ha urlato un manifestante vestito con giubbotto antiproiettile, elmetto e maschera antigas. “Siamo in piazza a combattere, per i nostri fratelli e sorelle vittime dei banditi. Dobbiamo scendere in piazza ogni giorno per ottenere ciò che vogliamo”.
Un video registrato dai media locali haitiani mostra strade vuote e attività commerciali chiuse su una strada chiave di Port-au-Prince dove è passato il gruppo ribelle riducendo tutto alla devastazione più totale.
La scorsa settimana un certo numero di agenti sono stati uccisi in uno scontro a fuoco con bande in un quartiere che, un tempo, era considerato relativamente sicuro. Quindi la sicurezza è diventata un vero e proprio problema che necessita di un immediato intervento di ripristino.
Stando a un rapporto di giovedì del gruppo haitiano per i diritti umani, Rete nazionale per la difesa dei diritti umani sono stati uccisi 78 haitiani Innocenti.
La polizia nazionale haitiana ha espresso le sue condoglianze alle famiglie e agli ufficiali uccisi e ha detto che “sta chiedendo la pace e invita gli agenti di polizia a riunirsi per portare avanti una risposta istituzionale alle diverse organizzazioni criminali che terrorizzano il popolo haitiano”.
Anche l’ambasciata americana ad Haiti ha twittato giovedì pomeriggio chiedendo calma.
Le Nazioni Unite hanno affermato che il 60% di Port-au-Prince sia ormai sotto il pieno controllo dalle bande. Per le strade della capitale, gli haitiani dicono che è più simile al 100% e la situazione non permette una vita normale.
Questa settimana, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per Haiti ha esortato il governo americano e quello canadese a guidare una forza armata internazionale per aiutare Haiti a combattere le bande. La polizia haitiana, nel frattempo, chiede maggiori risorse e sostegno e soprattutto protezione
“Il movimento continuerà, non possiamo lasciare che la polizia venga uccisa in questo modo”, ha detto un uomo mascherato in uniforme della polizia con una pistola che non voleva essere identificato. “Possiamo fare il lavoro se ci danno le munizioni.”
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