La tradizione culinaria coreana si chiama Hansik, le sue ricette sono regionali e stagionali, nonché caratterizzate da tecniche ‘slow’, come quella italiana. Le ricette della cucina coreana si basano su prodotti freschi, locali e di stagione, e sono talmente diverse le une dalle altre da poter soddisfare qualsiasi palato, anche grazie a una molteplicità di ingredienti diversi provenienti da oceani, montagne e campi. Del Kimchi, rinomato contorno di verdure, e del Gochu-jang, famosa pasta di peperoncino rosso, ci ha parlato Roberto Petza, chef stellato e direttore dell’Accademia Casa Puddu, scuola di cucina in Sardegna.
A promuovere la tradizione culinaria e lo sviluppo dell’industria agroalimentare coreana ci pensa la Korean Food Foundation, organizzazione pubblica del ministero dell’Agricoltura in Corea, che durante l’estate ha organizzato un evento di cucina e degustazione aperto a media, influencer, leader dell’industria e consumatori, in cui sono stati presentati alcuni dei più tipici ingredienti coreani. La sempre più stretta ‘collaborazione gastronomica’ tra Italia e Corea è testimoniata anche dall’accordo (Mou – Memorandum of Understanding) firmato recentemente dalla Korean Food Foundation e la Aspal, l’agenzia sarda per le politiche attive del lavoro, della Regione Autonoma Sardegna con l’obiettivo di costruire una partnership duratura attraverso lo sviluppo di scambi e programmi comuni.
“Ci sono molti punti di contatto tra la cucina italiana e coreana – spiega lo chef del ristorante S’Apposentu di Siddi – a partire dalla stagionalità e dai luoghi di produzione”. Il Kimchi, ad esempio è uno dei contorni coreani più tipici, fatto di cavolo fermentato e di una varietà di altri ingredienti. Le ricette del Kimchi, infatti, sono diverse da regione a regione e si declinano in oltre 300 varianti. Nelle regioni settentrionali ha un gusto meno saporito, con più liquido e meno peperoncino, mentre nelle calde regioni meridionali è più salato e speziato grazie a un maggiore uso di sale, pesce salato e peperoncino in polvere per garantirne una più lunga conservazione.
“Siamo molto felici di promuovere il cibo coreano (Hansik) in Italia – dice il Dr. Soo Yon Suh, direttore della Promozione e della Comunicazione della Korean Food Foundation – La risposta ottenuta ad oggi dal pubblico italiano in termini di interesse per i piatti e gli ingredienti tipici di Hansik ci incoraggia nel promuovere sempre più la nostra cultura gastronomica in questo Paese dove vediamo molte potenzialità, nonostante le forti barriere all’ingresso. Sarà sempre più facile, insomma, trovare nei supermercati i prodotti coreani, per inventare, anche a casa una cena dal sapore coreano”.
Altri esempi di ricette ispirate allo slow food sono le salse e le paste ‘Jang’: Doenjang, la pasta di fagioli di soia fermentati che viene usata per aggiungere sapore a zuppe e stufati oltre che per preparare la tradizionale salsa di carne coreana; la Gochujang, una pasta di peperoncino rosso dal gusto piccante che può essere utilizzata come condimento per insaporire sia la pasta sia secondi piatti, ad esempio pollo o carne; e la Ganjang, la salsa di soia utilizzata per condire e insaporire i piatti.
Se la stagionalità dei prodotti che vanno a finire sulla tavola è uno dei punti di contatto tra la cucina italiana e la tradizione culinaria coreana, una delle caratteristiche fondamentali di Hansik, la tradizione culinaria coreana, è l’antica tecnica della fermentazione lenta: un processo naturale degli alimenti che dona ai cibi un sapore intenso e complesso. La tecnica della fermentazione si ritrova anche nelle bevande come il tradizionale Makgeolli (vino di riso), fatto con riso glutinoso, riso normale e orzo cotti a vapore e fermentati prima di essere mescolati con lievito e acqua. Oltre al suo valore nutrizionale – contiene tra le altre cose fibre, vitamina B, vitamina C, lattobacilli – il Makgeolli si presta a diverse ricette per la realizzazione di cocktail e sorbetti.
In collaborazione con AdnKronos