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Hassan, il trafficante di Sfax, e il racconto dei viaggi della speranza dalla Tunisia all’Italia

Riportiamo il racconto del 29enne Hassan, che da anni è al vertice di un’organizzazione criminale in Tunisia che gestisce i viaggi illegali vero l’Italia.

Migranti – Nanopress.it

Si tratta di mafiosi che in zona sono molto conosciuti soprattutto in quella di Sfax, dove partono la maggior parte dei migranti, un luogo fatiscente fatto di strade polverose, bar affollati dove risuonano musiche del posto, e in cui i residenti si recano non solo per un caffè ma anche per fare una telefonata verso i cari emigrati in Italia. Hassan viene visto da queste persone come la speranza di cominciare una vita migliore, sebbene sappiano che il viaggio verso il nostro Paese è piano di difficoltà e non tutti ce la faranno ad arrivare a destinazione. Il racconto del giovane, che ha parlato con Repubblica, parte da là, dalla disperazione che si legge negli occhi di chi lo cerca, lo contatta.

Le parole di un trafficante di esseri umani in Tunisia

Hassan è una di quelle persone che lavora nel traffico di esseri umani, l’associazione di cui è al vertice, infatti, organizza passaggi illegali attraverso il Mediterraneo, con mezzi di fortuna che non sempre garantiscono ai passeggeri di arrivare sani e salvi alla meta, ma forse per queste persone anche la sola speranza di una prospettiva di vita migliore è sufficiente rispetto alla certezza di una vita povera e ricca solo di insicurezza a Sfax, dove proprio come i progetti delle persone, anche quelli del territorio sono abbandonati.

Mentre si muovono alla ricerca di un posto sicuro infatti, Hassan e il suo interlocutore attraversano spazi desolati con strade in costruzione lasciate a metà e spiazzi di terra polverosi attraversati da sacchetti di plastica che il vento fa volare.

A prima vista, il 29enne non sembra un criminale mafioso ma un ragazzo di buona famiglia che si concede una domenica di relax. L’aspetto è curato e l’abbigliamento informale, è appena stato dalla sua fidanzata. Il ragazzo, molto educato e disponibile a parlare, è uno dei tanti che gestisce una sorta di agenzia viaggi dell’illegalità. Le persone, che lui chiama clienti, si affidano a lui per intraprendere il viaggio della speranza verso Lampedusa, appunto.

Lontano dall’immagine trasandata dello scafista, Hassan precisa che in realtà lui è un big boss di questo mondo che si occupa della sola gestione, non è lui che parte su quelle barche dismesse. Insomma, quello che gli compete è l’aspetto logistico.

“Sono originario delle isole Kerkennah“, dice. Ha iniziato alcuni anni fa con questa attività e lui stesso ammette di non essere mai stato uno scafista, piuttosto il suo ruolo è quello di accontentare i clienti e di lavoro ce n’é tanto perché la domanda è altissima. Si è fatto pian piano un nome e ha cominciato a vedere i primi soldi, che poi sono aumentati e ora ha un buon gruzzolo da parte. Il ragazzo non dà l’impressione di venire da un luogo di emarginazione, parla infatti in maniera molto educata, anche in francese. Ha frequentato l’università e, come i suoi colleghi, ha una buona copertura che gli consente di continuare i loschi affari.

“Ho una società in regola a mio nome, che occupa in un altro settore”. Non si sbilancia troppo su quale sia questa società ma spesso si tratta di agenzie immobiliari o aziende che lavorano nel settore dell’informatica. “Con questa posso giustificare il mio tenore di vita e riciclare il denaro sporco”, parole pesanti dette da un ragazzo con gli occhi svegli dietro a un paio di discreti occhiali che contribuiscono a costruire la sua immagine da bravo ragazzo. Parla con sincerità al giornalista italiano che lo intervista, sicuro che quelle informazioni rimarranno nell’anonimato, in effetti non sappiamo la sua vera identità ed è stato mantenuto il riserbo sulle sue informazioni sensibili.

Hassan si trova in cima a una piramide e al di sotto ha i coordinatori a diversi livelli, divisi per compiti: c’è chi si occupa di raccogliere i clienti, chi si procura l’imbarcazione e i motori, in fondo ci sono poi gli scafisti. “Queste persone non si conoscono fra di loro, solo io li conosco tutti”. Il 29enne non è uno che si sporca le mani in prima persona, le sue direttive arrivano infatti via telefono. Ha anche dei criteri selettivi, infatti predilige barche in legno perché sono meno pericolose di quelle metalliche, inoltre a bordo possono salire solo cittadini tunisini perché hanno più soldi disponibili.

“Cerco di usare barche che siano il più affidabile possibile perché si rivolgono a me famiglie intere, con bambini, donne, neonati. Non voglio macchiarmi del loro sangue e cerco di limitare i rischi, inoltre un naufragio è un problema anche per me. Di recente un passeur di Sfax è stato rintracciato e condannato proprio perché una delle sue imbarcazione è affondata e ci sono stati 20 morti. Grazie a Dio io non ho mai avuto un naufragio“.

L’ultimo naufragio catastrofico di migranti, in Grecia – Nanopress.it

Non si capisce da questo passaggio se il ragazzo abbia più paura del carcere oppure di confrontarsi con la propria coscienza, poi precisa che anche chi decide di affrontare il viaggio deve assumersi le proprie responsabilità perché sa che in quel momento sta facendo un passo importante e pericoloso.

Parlando del rischio di arresto, dichiara con calma e sicurezza che con i soldi che ha messo da parte può pagare profumatamente qualcuno che presto lo faccia tornare in libertà. Calmo e sicuro di sé, il giovane afferma però ad un certo punto della conversazione di avere paura anche solo a sbottonarsi così con uno sconosciuto. Non ha nessun interesse a raccontare i fatti suoi ma probabilmente ha concesso l’intervista per una sfida a sé stesso, uno sfizio senza messaggi particolari da comunicare. Il fedele racconto della sua vita e delle sue “giornate lavorative”.

L’aspetto politico e quello economico

A un cero punto, dal luogo desolato di Sfax in cui i due stanno colloquiando, Hassan sposta la conversazione sull’aspetto politico della vicenda, dicendo che il presidente Kais Saied deve lasciar lavorare lui e i suoi colleghi in pace senza ostacolarli. Così il cronista di Repubblica prende la palla al balzo e chiede cosa ne pensa del fatto che gli arrivi a Lampedusa sono diminuiti nell’ultimo mese, forse perché le autorità italiane stanno lavorando in collaborazione con quelle tunisine.

“Non illudetevi, i viaggi ricominceranno, è solo uno stallo momentaneo perché le condizioni meteorologiche non sono buone e c’è forte vento”. Non ha dubbi neanche quando vengono menzionati gli accordi che Meloni e l’Ue stanno negoziando con la Tunisia, principale Paese da cui partono i migranti. L’ultima proposta riguarda una somma di denaro da dare in cambio di un blocco dei migranti nel Mediterraneo, ma Hassan dice che nulla e nessuno potrà bloccare l’harka, questo il nome dell’emigrazione clandestina. Il suo ruolo di passeur viene chiamato harak in lingua locale.

“Non finirà perché le persone qui sono come soffocate dalla situazione e impedirgli di partire equivale a ucciderli subito. Qui siamo a un punto di non ritorno, nessuno vuole più rimanere in queste condizioni di povertà. Però, ho consultato gli esperti e dicono che il clima resterà avverso anche a luglio, però per il mese di agosto ho già pronti 30 viaggi completi. Meloni si deve rassegnare”.

Migranti nel centro di accoglienza di Lampedusa – Nanopress.it

Guardando poi al lato economico dell’attività, Hassan ci aiuta a capire di quanti soldi parliamo, anche se precisa che non c’è un prezzo standard che i clienti pagano ma dipende dal servizio fornito. Sono circa 880 euro per un viaggio in barca di legno con più di 50 persone a bordo, chi invece è disposto a pagare una cifra più esosa, circa 8.000 euro, viaggerà su un’imbarcazione analoga ma a bordo ci saranno una trentina di persone e un doppio motore anziché singolo.

Alcuni riescono addirittura a partire senza pagare nulla, però queste persone devono procurare almeno 5 clienti e non è un’impresa così difficile in questi luoghi disperati.

Spesso Hassan organizza una barca con un centinaio di persone. In questo caso, dice, l’organizzazione deve investire 240.000 dinari, compreso l’acquisto della barca. Ne incasserà 450.000 e il 20% è il guadagno per lui, parliamo di circa 12mila euro. La rimanente parte viene divisa fra i coordinatori, in genere sono 5 persone che lavorano per organizzare il viaggio.

Il ritmo delle partenze però è così elevato che a volte il passeur non ha i soldi disponibili e così chiede aiuto a uomini d’affari locali, che investono nella tratta molto frequentemente. Infatti ricevono un buon compenso per il loro contributo.

“Uno dei problemi maggiori è procurarsi la barca. Prima convincevamo i pescatori a cedere le loro pagandole il doppio del valore. Procedevano con la denuncia di furto ed era tutto risolto, invece attualmente ci sono sempre più controlli della polizia e i pescatori hanno paura di essere incriminati. Così dobbiamo provvedere a costruirle qui a Sfax, ci vuole circa una settimana perché le componenti sono pronte ed è sufficiente assemblarle però ci vogliono molti soldi”.

Parlando degli altri passeur dice che il lavoro è talmente tanto che non c’è concorrenza, anzi c’è grande aiuto e scambio di informazioni, ad esempio si collabora per capire quali uomini delle forze dell’ordine sono corruttibili“.

Siamo al termine dell’intervista e Hassan deve andare via perché gli affari chiamano. Prima però ci tiene a precisare che questo non è il suo sogno e vorrebbe fare altro nella vita.

“Mi sono dato un obiettivo, devo raggiungere una cifra per realizzare un progetto personale, legale”. Detto questo, sale sul suo pick up con un’aria un po’ meno grintosa, quasi come se invece che un’intervista, quella appena rilasciata fosse una confessione che lo ha alleggerito e rassicurato.

Claudia Marcotulli

Diplomata in grafica pubblicitaria, amo l'arte, la natura, gli animali, la grafica, la fotografia e la scrittura.

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