Le proteste hanno inizio 31 marzo 2019 contro il disegno di legge sull’estradizione di latitanti verso paesi dove non vi sono accordi di estradizione. Infatti, il dissenso nasce per il timore che tale legislazione avrebbe violato la linea di demarcazione tra i sistemi giuridici tra Hong Kong e la Cina continentale, sottoponendo i residenti di Hong Kong alla giurisdizione de facto dei tribunali controllati dal Partito Comunista Cinese. Ricordiamo, dunque, che Hong Kong è una regione amministrativa speciale della Cina, che, in base al principio di un paese due sistemi, è pressoché indipendente. Di fatto, la proposta di legge mina questa speciale amministrazione della regione, così da suscitare le proteste collettive.
Da quando il disegno di legge è stato presentato fino da oggi, ci sono state numerose marce di protesta, che non accennano ad attenuarsi. Anzi, dalla mobilitazione di massa del 12 giugno fuori al quartier generale del governo, quando la legge fu presentata per una seconda lettura, i partecipanti alle manifestazioni sono accorsi sempre più numerosi, a dimostrazione di una sempre più veemente disapprovazione popolare.
La cosa che preoccupa al momento è come le forze dell’ordine di Hong Kong hanno gestito il malcontento generale da quando sono iniziate le proteste nel Febbraio scorso. Infatti, è alto il numero delle vittime a causa dell’eccessiva violenza usata dalla polizia per sedare le rivolte, ottenendo il risultato opposto. Ma gli scontri avvenuti sono da rilevare anche entro il reticolo sociale stesso, non solo tra manifestanti e forze dell’ordine, ma anche tra gli attivisti e i sostenitori del governo cinese. Pertanto la situazione degenera nel caos più totale, trascinando Hong Kong in uno scenario di guerriglia urbana.
La situazione diventa sempre più drammatica con il passare del tempo, infatti le proteste hanno acquisito un connotato ancor più violento negli ultimi giorni. Le forze dell’ordine confermano i 287 arresti solo nella giornata di ieri, di età compresa tra i 12 e gli 82 anni, gli agenti hanno lanciato 255 raffiche di gas lacrimogeni e usato 204 proiettili di gomma e 96 granate a spugna. Da Pechino la risposta: “Il ripristino dell’ordine nostra priorità”. L’escalation delle violenze “hanno spinto la nostra società sul punto di rottura”, ha commentato il sovrintendente di polizia Kong Wing-cheung, i dati riportati dalle forze dell’ordine parla di atti di vandalismo che hanno colpito oltre cinquanta aree della città e provocato danni ad almeno 160 semafori, oltre a danni alla circolazione del trasporto ferroviario, che anche oggi è in parte rimasto fermo.
A tutto questo si aggiungono le preoccupazioni del governo cinese per le interferenze esterne, Stati Uniti e Gran Bretagna, in merito alla questione. Infatti, il portavoce del ministero degli Ester, Geng Shuang ha dichiarato: “Se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna chiedono davvero moderazione e si oppongono alla violenza, perché non condannano simili attacchi ai civili?”, opponendosi fermamente all’intromissione di alti attori sulla scena.
In conclusione, la situazione sprofonda in uno scenario di Burn out totale, incrementata da una spirale di violenza che genera altra violenza. Il governo cinese sembra allo sbando, esercitando una rigida politica di repressione, si macchia di crimini inumani e riceve il risultato opposto, cioè fomentare ancor di più il sentimento di protesta.
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