Hotel Rigopiano: ‘E’ stato costruito su un’area formata da detriti’

Avalanche in Abruzzo

Non si smette di cercare all’Hotel Rigopiano, rimasto totalmente sepolto da una slavina di neve: molti dei dispersi sono stati recuperati dai Vigili del Fuoco, altri non ce l’hanno fatta. Nella tempesta informativa di questi giorni è appena emersa una verità sconcertante: l’albergo ai piedi del Gran Sasso è stato costruito in un’area formata da detriti. Risulta da mappe ufficiali della Regione Abruzzo: ‘Si tratta di rischi noti dal 1991, ma ignorati’.

‘L’Hotel Rigopiano è costruito su un’area formata da detriti come mostrano inequivocabilmente due mappe ufficiali della Regione Abruzzo. I rischi erano noti già dal 1991 ma sono stati ignorati’, è quanto emerge dalla denuncia arrivata dal Forum H2O, dove si legge: ‘Per l’area del Rigopiano la prima mappa elaborata dalla Regione Abruzzo che segnalava criticità importanti è del periodo 1989-1991 ed è stata ripresa tale quale e, quindi, confermata dalla Giunta Regionale abruzzese con tanto di delibera il 27/12/2007, la n.1383, con cui è stato adottato il Piano di Assetto Idrogeologico. Le due carte ufficiali mostrano inequivocabilmente che l’hotel Rigopiano è costruito al centro di un’area con colate detritiche, dette conoidi. Sorge, cioè, su un’area rialzata formata proprio dai detriti che arrivano giù dal canalone a monte dell’albergo’.

Augusto DeSanctis del Forum H20, spiega che ‘il fatto che ci fosse una struttura preesistente non vuol dire granché perché i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni. Un po’ come avviene per le piene dei fiumi, ci sono gli eventi che mediamente avvengono ogni 50 anni, quelli più importanti che avvengono ogni 100 anni e poi quelli estremi che possono avvenire ogni 500 anni e che raggiungono aree che sembravano ai non addetti ai lavori tranquille’.

‘Le carte del rischio tengono appunto conto di questa periodicità perimetrando aree sempre più vaste al crescere del tempo di ritorno. I geologi identificano le aree di rischio non solo attraverso gli eventi già noti, riportati nel catasto di frane e valanghe, ma anche e soprattutto basandosi su alcune caratteristiche specifiche del terreno cui ricollegano il tipo di eventi che può verificarsi. E lì questi segnali dovevano essere evidentissimi, tanto che da decenni sono evidenziati sulle mappe ufficiali. D’altro lato, senza conoscere queste carte che oggi divulghiamo, solo interpretando le foto aeree, in questi giorni questo processo lo hanno spiegato benissimo diversi geologi. Ora abbiamo anche le mappe che dicono che gli enti avevano almeno gli elementi conoscitivi. Riportati ufficialmente’.

E’ chiaro quindi, che al momento della ristrutturazione, avvenuta circa dieci anni fa, che oltre ad ampliare la struttura stessa, ha di fatto aumentato i rischi, c’erano tutti gli elementi, sia sul terreno, sia nelle carte, per rendersi conto dei problemi.

De Sanctis aggiunge: ‘Negli atti del procedimento amministrativo della ristrutturazione dell’albergo sarà interessante verificare cosa vi è scritto, visto che il Decreto 11/03/1988 dal titolo evocativo “Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione. Istruzioni per l’applicazione”, obbliga a rilevare anche questi aspetti ed evidenziarne i potenziali effetti’.

E conclude: ‘Purtroppo, però, nel quadro risalta anche la gravissima omissione della regione Abruzzo che si era dotata di una legge sulle valanghe 25 anni fa, la n.47/1992, in cui si prevedeva l’inedificabilità per le aree a rischio potenziale di caduta e la chiusura invernale delle strutture preesistenti in caso di pericolo. La mappa in 25 anni non è stata mai redatta. I documenti sono lì, sul sito web della Regione, disponibili a tutti, li abbiamo trovati in pochi minuti. Basta voler cercare. Volevamo aspettare qualche giorno per rispetto per le vittime e i soccorritori, sperando in ulteriori salvataggi, ma con l’inchiesta della Procura è bene divulgare questa documentazione’.

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