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Il procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Pescara Cristina Tedeschini ha aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio plurimo dopo la slavina che ha distrutto l’Hotel Rigopiano a Farindola. I fronti su cui gli inquirenti indagheranno per istituire il processo sono tre: stato delle comunicazioni (allerte valanghe mancate, richieste di soccorsi ignorate), viabilità di accesso all’albergo (richieste di spazzaneve ignorate, mezzi rotti non utilizzabili, turbine che si fermano per mancanza di gasolio) e rischio valanghe ignorato o sottovalutato (nonostante le diramazioni effettuate a chi di dovere). Intanto il Conapo ha chiesto al ministro dell’Interno di accertare perché la prima notte furono mandati all’albergo solo 25 vigili del fuoco, mentre il Forum dell’Acqua chiarisce che quell’hotel è stato costruito sui detriti di vecchie slavine, ossia in una zona a rischio. Ad ogni modo la posizione del magistrato che si sta occupando delle indagini è cauta.
Occorre quindi ricostruire la catena delle responsabilità.
Le parole del Pm
“Ci sono state interferenze nelle comunicazioni, inefficacia nei flussi comunicativi, ma al momento non tutto appare rilevante ai fini dell’indagine”, sono state le parole del pm. “Che ci siano state disfunzioni e ritardi nel recepire l’importanza di una comunicazione telefonica è un fatto ma che questa sottovalutazione abbia avuto una relazione causale nell’efficacia delle operazioni di soccorso non è così certo” ha sottolineato la Tedeschini: “Considerando tutta la tempistica alla quale abbiamo assistito nell’arrivo dei soccorsi possiamo constatare che l’incidenza del ritardo, torno a dire sul piano causale, non è di particolare rilievo”.
I filoni di indagine sulla tragedia del Rigopiano
Comunicazioni non prese sul serio, viabilità paralizzata, rischio slavina e allerte ignorati, ritardi nei soccorsi. Sono tante le materie di quest’indagine, anche se la Tedeschini ci ha tenuto a precisare che gli effetti causali degli eventuali ritardi, comunque, sono tutti da valutare poiché, anche se accertati, non sarebbero stati determinanti di per sé: “Quando sono arrivati i soccorsi le due persone che si trovavano all’esterno al momento della valanga erano vive. Al massimo si tratta di un’ora. Avete visto quanto tempo ci è voluto per arrivare a quell’albergo. Chi è sopravvissuto è stato recuperato vivo”.
L’indagine sul disastro che ha colpito l’hotel Rigopiano si focalizzerà certamente sul “tema delle comunicazioni telefoniche, via whatsapp e scritte” in entrata e in uscita dall’albergo. Tutta la vicenda della mail inviata dall’hotel Rigopiano è acquisita alle indagini ufficialmente. I contenuti delle telefonate di allerta per richiedere i soccorsi dopo la caduta della slavina saranno analizzate con cura.
Se dalle indagini “dovesse emergere che era stata ordinata l’evacuazione e questo ordine non è stato dato da chi avrebbe dovuto darlo allora si potrebbe parlare di responsabilità penale”, ha detto la Tedeschini. Effettivamente una allerta valanghe era stata emanata da Meteomont (servizio nazionale di prevenzione neve e valanghe) quattro giorni prima della tragedia che ha distrutto il Rigopiano, dunque a livello istituzionale tutti avrebbero dovuto sapere. In merito al fatto che il sindaco di Farindola ha dichiarato di non aver ricevuto alcun bollettino, il procuratore ha aggiunto: ”Meteomont ha sempre funzionato regolarmente, mandando i suoi bollettini a chi doveva mandarli”.
Anche la posizione dell’hotel (un ex rifugio) e quindi la vicenda edilizia e il presunto abusivismo entrerà nell’inchiesta perché è da chiarire se l’hotel aveva tutti i permessi per stare lì, alla fine di un canalone, pare, costruito sui resti di altre slavine. Lo ha denunciato il Forum H20: “In Abruzzo sono decenni che rischi noti vengono ignorati. Per l’area del Rigopiano la prima mappa elaborata dalla Regione Abruzzo che segnalava criticità importanti è del periodo 1989-1991 ed è stata ripresa tal quale e, quindi, confermata dalla Giunta regionale abruzzese con tanto di delibera il 27/12/2007, la n.1383, con cui è stato adottato il Piano di Assetto Idrogeologico. Le due carte ufficiali – sostiene l’associazione ambientalista in una nota – mostrano inequivocabilmente che l’hotel Rigopiano è costruito al centro di un’area con colate detritiche, dette conoidi. Sorge, cioè, su un’area rialzata formata proprio dai detriti che arrivano giù dal canalone a monte dell’albergo. Il fatto che ci fosse una struttura preesistente non vuol dire granché perché i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni”. E al proposito: “Se c’è stata una pratica di ampliamento successiva alla prima io lo saprò. Se questa pratica è stata importante ai fini di quello che è successo io lo saprò”, ha assicurato Cristina Tedeschini.
I soccorsi: vigili lasciati soli per molte ore
Il Conapo, il sindacato autonomo dei vigili del fuoco, denuncia che in un primo momento che i pompieri mandati a soccorrere i dispersi al Rigopiano sono stati lasciati da soli. “I nostri colleghi – scrive il segretario generale Antonio Brizzi – ci hanno telefonato inferociti perché nella nottata tra il 21 e il 22 gennaio sono stati lasciati solo 25 vigili del fuoco ad operare all’Hotel Rigopiano nonostante le 24 persone ancora disperse. E molti di quei pompieri erano all’hotel sin da giovedì 19, il primo giorno, esausti, alcuni hanno dovuto indossare calzature e guanti propri perché quelli in dotazione non erano adatti al gelo”. “Su uno scenario del genere – prosegue Brizzi – mi sarei aspettato che il ministero dell’Interno inviasse almeno 200 vigili del fuoco nelle immediate adiacenze dell’Hotel, per una azione massiccia e fulminea, tenuto conto anche della necessità di dare continui cambi a chi, di volta in volta, si trovi ad essere esausto, altro che lasciarne solo 25 di notte, un numero inadatto e irrisorio, quei colleghi sono degli eroi, i salvataggi sono stati possibili grazie alla loro tenacia. Perciò – annuncia – chiedo direttamente al ministro dell’Interno Minniti e al capo dipartimento dei vigili del fuoco Frattasi un immediato accertamento dei fatti”.
La disperazione di un padre
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Alessio Feniello, padre di Stefano, giovane morto sotto le macerie, ha accusato: “Quelli che sono morti sono stati uccisi (dai ritardi, ndr) e quelli che ancora non sono stati trovati sono stati sequestrati contro la propria volontà, perché volevano ripartire e avevano già fatto le valigie”. Leggi qui i racconti dei sopravvissuti sotto la neve per giorni
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