Elly Schlein ha vinto le primarie del Partito democratico e no, non è una novità, piuttosto è una sorpresa, un ribaltone, un successo che nessuno, forse solo lei e chi la supportava, si aspettava. I motivi della vittoria di una donna, giovane, contro un uomo, non vecchio, ma sicuramente più vicino all’identikit del segretario dei dem sono tanti, e uno su tutti è proprio quello che la deputata è una figura nuova, che può dare un nuovo corso ai dem, riportando a votare chi prima non si sentiva rappresentato.
D’altronde, l’ha detto lei stessa che questa vittoria, arrivata contro il suo ex numero uno, Stefano Bonaccini, è come se fosse una rivoluzione. Lo è per la politica, che adesso avrà due donne a guidare i massimi schieramenti, lo è soprattutto per il Nazareno, che più che cambiare nome e simbolo, ha chiesto ai suoi elettori di scegliere da che parte andare. Vediamoli insieme, allora, questi cinque motivi per cui alle primarie ha stravinto Schlein, l’underdog.
È inutile negarlo, il fatto che Elly Schlein, la nuova segretaria del Partito democratico, sia una donna conta per forza più del resto. Innanzitutto perché è la prima a guidare lo schieramento del Nazareno, da sempre progressista e femminista, ma mai a tal punto da avere come numero uno, appunto, una figura femminile, ma anche perché crea una perfetta contrapposizione con Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia e soprattutto la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana.
In effetti, molto spesso si è parlato del fatto che sia stato il centrodestra ad aver messo a Palazzo Chigi una donna, e anche se ci vorranno degli anni (quattro o nove, o chissà) potrebbero riuscirci anche i dem, con una persona che non avrebbe paura a fare declinare la sua carica al femminile, rompendo non solo pragmaticamente, ma anche simbolicamente il concetto che la politica è un terreno per soli uomini.
La contrapposizione, ancora, si giocherà oltre che sui binari delle proposte e delle idee, sacrosante e fondamentali, e del linguaggio, anche sui binari di una lotta per le altre, compagne o meno che siano, che con la premier appare quasi un’utopia.
Ma il genere non è tutto, e non è l’unico motivo per cui gli elettori del Pd hanno deciso di premiare la deputata, che fino a qualche mese fa neanche aveva la tessera del partito (l’aveva prima, ma per divergenze sullo Jobs Act e con Matteo Renzi, aveva deciso di abbandonare lo schieramento), in luogo di una persona che, invece, nelle fila dei dem c’è da molto più tempo come Stefano Bonaccini, che forse rappresenta in tutto e per tutto il segretario tipo.
E quindi sì, conta anche l’età – Schlein ha 37 anni, ed è anche la più giovane numero uno del Partito democratico di sempre -, ma conta anche e soprattutto che, in un momento del genere, un momento in cui si è valutato anche se cambiare nome e simbolo, lei è una ventata di cambiamento di cui si aveva bisogno, o meglio di cui avevano bisogno gli elettori.
Gli ultimi dati sull’affluenza alle urne, dunque quelli delle regionali nel Lazio e in Lombardia, ci hanno restituito una distanza tra politica e società, tra parlamentari, consiglieri e chi più ne ha più ne metta e persone comuni, che forse lei potrebbe essere in grado di colmare. Nel suo discorso dopo la vittoria, così come nel suo programma, c’è stata molta attenzione per gli “ultimi”. Dal salario minimo e anche l’abolizione dei contratti di lavoro a tempo determinato alla sanità pubblica, passando per la scuola e per l’università e arrivando ai temi ecologisti e all’immigrazione, quello che vuole la segretaria è un manifesto di quello che dovrebbe volere chi si schiera a sinistra. Ed è questa voglia di conciliarsi con quella parte dell’elettorato, troppo spesso smarrito, a segnare un altro punto fondamentale nell’ascesa di Schlein.
E così siamo arrivati a tre motivi per cui l’ex vice governatrice dell’Emilia Romagna ha raggiunto il successo, inaspettatamente. Il quarto è dato dal fatto che il modo di comunicare della deputata è al passo con i tempi, o meglio è più vicino a quello che ha fatto le fortune sia di Fratelli d’Italia, per ultima, sia della Lega e quindi di Matteo Salvini e del MoVimento 5 stelle.
Nei primi due casi, la vicinanza, più che nei toni e negli argomenti, ovviamente, è nella semplicità, nell’immediatezza. I massimi sistemi così come i minimi particolari vengono spiegati a tutti, e per tutti, con uno stile che di retorico, ampolloso ha poco e nulla, e per forza di cose è una strategia vincente.
Lo è perché l’attenzione è crollata, e si ha bisogno di poche parole per arrivare a dama, lo è perché a partire da slogan si può comunque costruire un’alternativa convincente. Proporli in maniera diretta, quindi, non può che essere un vantaggio in uno schieramento che aveva anche delle idee buone (per chi ci credeva), ma che troppo spesso si è perso nel raccontarle.
Ma Schlein ha vinto anche perché, accanto a tutte queste novità, è anche una persona che rimane ancorata a temi importanti, soprattutto nello scacchiere internazionale. Non è un caso che la nuova segretaria appartenga alla borghesia – il nonno materno, Antonio Viviani, è stato senatore per il Partito socialista e anche membro laico del Consiglio superiore della magistratura in quota Forza Italia -, non è un caso che abbia origini ucraine, ebree e statunitensi da parte di padre, in pratica la perfetta sintesi di quello che può essere considerato il mondo dei buoni a cui il Pd tende, e a cui tutta la società, anche quella di destra, strizza l’occhio – e poco importa che lei prima non abbia votato per l’invio di armi al Paese di Volodymyr Zelensky e poi si sia “redenta”. E non è neanche un caso che venga da quella Bologna che è una delle ultime roccheforti della sinistra.
Il motivo principale, forse, e quindi il sesto per cui Schlein è stata votata come segretaria del Partito democratico è dato dal fatto che la sua figura è spendibile anche al di fuori di quello che è l’elettorato più convinto dello schieramento. Se l’obiettivo principale è quello di trovare nuovi proseliti, o di convincere chi è andato via a tornare a mettere una croce sul simbolo del Nazareno, la deputata ha le carte in regola per riuscirci, e a prescindere da qualsiasi alleanza con le opposizioni che potrebbe arrivare.
Nei mesi scorsi, soprattutto dopo la caduta alle elezioni politiche del 25 settembre (che di fatto hanno anche permesso che lei arrivasse a guidare il Pd), si è parlato spesso di riprendere a dialogare con il MoVimento 5 stelle, vista come una forza altrettanto progressista, ma Enrico Letta, esattamente come Giuseppe Conte, non è mai tornato indietro – lo si è fatto solo per la corsa per il Pirellone, con esiti non troppo felice, specie per i pentastellati.
Con l’arrivo della pasionaria di Occupy Pd non è detto che non si arrivi a stare di nuovo insieme, e in tempi brevi, ma potrebbero essere i Cinque stelle a volere fortemente il matrimonio per costruire un campo largo che potrebbe battere la coalizione di centrodestra.
Non solo, però. Al di là del suo orientamento sessuale (è dichiaratamente bisessuale, e ora ha una compagna), come dicevamo prima, Schlein potrebbe mettere in pace quella parte di elettorato che fino a ora non si è sentita rappresentata perché troppo a sinistra, e quindi farebbe prendere quelle percentuali che si sono smarrite. Fuori da quel perimetro, poi, ci sono molti aventi diritto al voto che vengono convinti dalle parole, e lei potrebbe e dovrebbe puntare anche a loro, così come hanno fatto altri prima di lei.
Insomma, il profilo della segretaria può rispondere a tutte le esigenze, e anche se nei circoli hanno preferito Bonaccini, il popolo ha scelto lei con la speranza che il vento cambierà.
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