Il 25 settembre, dopo una cavalcata a racimolare consensi dai banchi dell’opposizione, Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia hanno vinto le elezioni politiche. È storia, ormai, lo è perché per la prima volta una donna è diventata presidente del Consiglio, lo è perché da allora sono passati più di sei mesi, e di decreti legge (la maggior parte passati con i voti di fiducia in fase di conversione) ne sono stati approvati parecchi, lo è perché anche di problemi e di polemiche, la premier, ne ha dovuti affrontare altrettanti.
E ora è il turno di nuovi. Perché ora che la luna di miele del governo di centrodestra è finita, a perdere più potenziali voti è stato proprio il partito di Meloni, e non tanto rispetto alle percentuali arrivate alle elezioni, quanto quelli conquistati nei primi mesi dell’avventura a Palazzo Chigi. L’ultimo sondaggio di Swg, che abbiamo visto ieri, dava Fratelli d’Italia poco più avanti della settimana prima, ma cristallizzava anche un dato non da poco: il Partito democratico di Elly Schlein si sta avvicinando sempre di più. Gli oltre 15 punti percentuali di prima delle primarie che hanno incoronato la deputato italo americana come leader dei dem, infatti, si sono assottigliati tanto da diventare poco meno della metà esatta. E sì, è un problema.
Lo è perché non c’è più solo la premier come donna al capo di uno schieramento, lo è perché, forse, le risposte che si stanno dando non sono percepite come quelle giuste dagli stessi italiani, o almeno parte di questi, che in precedenza avevano visto nella presidentessa del Consiglio una speranza. La dimostrazione concreta, lo abbiamo già visto, è data dai commenti negativi sotto i video e i post sui social di Meloni, non per ultimo, appunto, quello in cui, un po’ per sottrarsi alle domande dei giornalisti, un po’ per aiutare il loro compito (o per lo meno, questa è la linea passata), ha spiegato le misure che sono state introdotte nel decreto Lavoro, licenziato proprio nel giorno della festa dei lavoratori.
Nonostante questo, e nonostante le critiche per l’abolizione del reddito di cittadinanza, lo strafalcione sul taglio del cuneo fiscale più importante degli ultimi dieci anni, e anche l’aumento del precariato – di cui hanno parlato in tanti -, la strategia di continuare a usare Facebook, Twitter, Instagram e chi per loro per riattirare il popolo dalla sua parte sembra essere quella che la leader del centrodestra, così come il suo entourage, hanno intenzione di attuare.
Certo, passare solo dai social non è l’unico modo che Meloni ha in mente per tornare a crescere nelle percentuali e riavvicinarsi a quel 30% che solo un anno fa sembrava un sogno. Sempre cercando di dribblare le domande, altra pecca ravvisata anche dagli utenti, o meglio dai follower, la premier viaggerà tantissimo – sarà a Praga per una visita bilaterale in un Paese guidato da un governo conservatore, poi sarà il turno di Reykjavik per il Consiglio d’Europa, infine il 17 maggio volerà direttamente a Hiroshima per il summit più importante, il G7 in Giappone -, ma troverà anche il tempo per dedicarsi alla chiusura delle campagne elettorali per le amministrative imminenti così da ristabilire, magari, quel contatto con la gente, con la nazione che forse un po’ si è persa dopo l’arrivo nelle stanze del potere.
Ma c’è anche un altro piano che potrebbe essere utile per riportare dalla sua gli agnellini smarriti, non è direttamente suo, e lo scopo principale non è esattamente quello di fare più proseliti possibili, quanto quello di far capire da che parte si sta andando. E nel mirino ci potrebbe essere quel Concertone del primo maggio da piazza san Giovanni, a Roma, organizzato dai maggiori sindacati italiani, ma pagato con i soldi pubblici.
Al di là dei costi, aumentati nel corso del tempo, e soprattutto da quel 1990 in cui c’è stata la prima edizione, nonostante lo share altissimo registrato anche quest’anno, i rumors di viale Mazzini parlano di un progetto, a cui il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sta lavorando da mesi e in cui potrebbe non rientrare più proprio la manifestazione canora (e non solo) di Cigl, Cisl e Uil.
Le scaramucce tra Guido Crosetto, co fondatore di Fratelli d’Italia assieme alla stessa Meloni e al presidente del Senato, Ignazio La Russa, anche ministro della Difesa dell’esecutivo, e il fisico Carlo Rovelli sulle armi inviate all’Ucraina e sulla guerra in generale, infatti, non sono che l’ultimo tassello di un mosaico che rivede nella piazza romana un coacervo di “sinistroidi”. E quindi il cambiamento, possibile. Possibile come quello ai vertici della Rai, che secondo i ben informati, potrebbe portare il direttore dell’AdnKronos, Gian Marco Chiocchi, al tg della prima rete, ma solo se si supera la fronda interna. Possibile come sostituire la parola paese con nazione, possibile come una cultura da addomesticare, e portare a destra. Possibile?
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